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4/5/2017 | Davide Mosca
Finalmente i fondamentali, inflazione e crescita su tutti, sembrano muoversi nella direzione sperata per molto tempo dai policymakers. Siamo ad un punto di svolta?
Questo momento è davvero molto sfidante per tutto l’universo del reddito fisso perché, anche se i fondamentali sono in miglioramento, molto di quello che sta accadendo deriva da speranze sugli effetti del “Trump Trade”, ovvero sul complesso delle conseguenze interne ed esterne delle misure che si presume saranno varate dall’amministrazione statunitense. Spesa infrastrutturale e riforma fiscale sono solo alcune delle promesse elettorali a cui il mercato guarda con favore e probabilmente con un’eccessiva fiducia in una loro realizzazione nei tempi e modi delineati nel corso della campagna per le presidenziali. È sufficiente guardare a quanto accaduto con il tentativo di intervento su ObamaCare (su cui il neo-presidente ha dovuto cedere sul progetto di abolizione non avendo la certezza di ottenere la maggioranza alla Camera ndr) per capire che il percorso delle riforme volute da Trump non sarà così privo di ostacoli. Tempi e modi di realizzazione del processo di riforme negli Stati Uniti possono determinare effetti non completamente prevedibili sui mercati.
Ad esempio?
Prendiamo l’inflazione. Non c’è alcun dubbio che ci troviamo di fronte ad un ritorno dell’inflazione. La domanda è ora: quanta inflazione possiamo aspettarci e come sarà distribuita in termini geografici? I TIPS (Treasury Inflation Protected Bond) statunitensi ad esempio hanno rappresentato un buonissimo investimento nei mesi passati, ma ora dal un nostro punto di vista non sono più così attraenti. Diverso è il caso del Giappone che rappresenta il modo più sicuro per approfittare del Trump Trade guardandolo da un punto di vista di inflazione attesa.
Come muoversi, dunque, nei vari comparti del reddito fisso?
Penso che la maggiore sfida sugli investment grade sia oggi la gestione della duration. Se guardiamo all’Europa con questa ottica e consideriamo inoltre il dato relativo all’inflazione in crescita, il panorama non appare particolarmente attraente. Per quanto riguarda l’high yield europeo vediamo invece una certa stabilità dovuta al fatto che non ci troviamo ancora al termine del ciclo economico. Al contrario degli Stati Uniti in cui il ciclo è ormai vicinissimo alla sua naturale conclusione, spostata artificialmente in avanti dall’elezione di Trump alla Casa Bianca. In questa situazione diventa ancora più importante applicare, oltre al quadro top-down di riferimento, una stretta valutazione bottom-up di ogni società e questo è esattamente ciò che facciamo per arrivare alla definizione dell’asset allocation dei nostri fondi Janus Global Investment Grade, Janus Global Multi-Sector e Janus Global High Yield strategies. Elaboriamo ovviamente un quadro macro così come un'analisi top-down, ma la parte successiva del processo, assolutamente centrale in questo momento, consiste in un’analisi puntuale dei parametri economici delle compagnie per individuare i migliori investimenti possibili in termini di fondamentali societari.
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