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2/2/2017 | Davide Mosca
"Un tasso di crescita pari ad almeno il 3,5 % o addirittura il 4%." Questa la promessa di Donald Trump per l'economia statunitense. L'ambizione del nuovo inquilino della Casa Bianca non è però supportata in modo realistico dai fondamentali. Questa la convizione di John Greenwood, capo economista di Invesco, secondo cui gli USA continueranno sì a crescere, ma con una prospezione di rialzo del PIL compresa tra il 2,4% e il 2,6%.
Le misure deregolamentazione e impulso alla produzione domestica che l'amministrazione Trump metterà in campo per perseguire gli obiettivi di crescita avranno, infatti, un costo. "I deficit fiscali - afferma Greenwood - oltre a beneficiare dei risparmi di costi diretti, possono essere finanziati unicamente mediante tre fonti: tassazione, indebitamento o creazione di nuova moneta e credito." Dal momento che prima e terza opzione sono da escludere per, rispettivamente, contarietà politica e mancanza di appoggio ad una simile misura da parte della Fed, il debito rimane l'unica strada disponibile, portando conseguentemente all'apprezzamento dei rendimenti obbligazionari.
Il tema della politica estera è, inoltre, centrale. La volontà del nuovo presidente USA di rinforzare e in alcuni casi addirittura ripristinare la produzione nei settori manifatturiero, minerario, forestale, siderurgico, dell'alluminio e, in generale, dell'industria pesante, con tutta probabilità passerà attraverso un modello di commercio regolato in maniera fondamentalmente protezionistica. Il sostanziale impedimento dell'importazione di prodotti a costo vantaggioso è vista come un male necessario per ottenere l'aumento dei posti di lavoro. "Se questo genere di managed trade orientato ai posti di lavoro viene applicato su ampia scala, senza le suddette modifiche fiscali - fa notare il capo economista di Invesco - l'amministrazione è destinata a finire rapidamente coinvolta in una pletora di operazioni specifiche per singole società, con benefici economici complessivi estremamente dubbi."
Numerose, forse troppe, sono dunque le tessere del puzzle da incastrare per puntare ad un risultato ambizioso come quello del 4% di rialzo del PIL. "Il programma di Trump - conclude Greenwood - punta a ricostruire i punti di forza fondamentali dell'economia americana conferendo un forte slancio a famiglie e imprese statunitensi. Tuttavia, esiste anche il rischio che il suo genere di micro-gestione “caudillo capitalista” o intervento nelle decisioni di singole società possa controbilanciare i potenziali guadagni macroeconomici, quali minori imposte, spese in infrastrutture, minore regolamentazione e crescita più elevata."
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