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1/21/2017 | Nunzia Melaccio
Illiquidi, complessi, alternativi, mobiliari, immobiliari, chiusi, aperti, armonizzati, europei, italiani, etc: in un solo acronimo Oicr (organismi di investimento collettivo del risparmio, vale a dire, principalmente fondi di investimento e sicav), ma con svariate sfaccettature. Una circostanza affatto marginale e che impone l’attenzione dei distributori rispetto all’applicazione di regole diversificate, non sempre facilmente coordinabili tra loro. Il tema distributivo è ormai ciclicamente destinatario di novità regolamentari e di richiami delle autorità al puntuale rispetto dei principi fondanti del nostro ordinamento regolamentare.
Trasparenza, correttezza e azioni nell’interesse del cliente: principi assolutamente condivisibili se si riflette sulla necessità che il legislatore tuteli un interesse pubblico quale quello del risparmio e dei risparmiatori. Tuttavia, anche in ambito distributivo, soprattutto per gli operatori che si rivolgono a clientela “retail”, è frequente affrontare, senza un adeguato supporto interpretativo, le difficoltà derivanti da un impianto di regole vasto ed articolato dove spesso manca la percezione di un azione unitaria e coordinata.
Volendo spostare la riflessione su un piano concreto, si pensi, ad esempio, agli obblighi imposti al collocatore in sede di distribuzione di un fondo di investimento alternativo che, si ricorda, può comunque, anche ove riservato, essere sottoscritto da clientela al dettaglio. Oltre a dover ottemperare a tutti gli obblighi informativi pre - contrattuali e contrattuali imposti dall’applicazione della disciplina Mifid, il collocatore deve adottare ed attenersi a puntuali procedure di valutazione nel momento in cui, distribuendo un fondo che Consob ha qualificato come a “complessità molto elevata” e che potrebbe essere altresì illiquido, determina la possibilità per un investitore di sottoscriverlo.
È pertanto tenuto a valutarne attentamente le caratteristiche rispetto al target di clientela a cui si rivolge, profilare il cliente attraverso tecniche indirette (semplificando, richiedendo informazioni sulle sue caratteristiche di investitore non solo offrendo risposte preconfezionate, ma anche richiedendo il rilascio di risposte libere), prestare particolare attenzione ai costi connessi, all’esistenza di conflitti di interesse e all’esistenza di rischi. Una simile attività, governata in ogni suo aspetto da norme specifiche (e, dunque, passibile di sanzioni per il loro mancato rispetto), impone altresì la formazione di personale specializzato, in grado di trasferire la propria conoscenza e consapevolezza del prodotto al proprio interlocutore, tenuto conto delle relative caratteristiche. Un contesto che, com’è facilmente intuibile, responsabilizza notevolmente il distributore a fronte di un’enunciazione di regole spesso (e necessariamente) generali.
L’offerta di Oicr, ovviamente ove accompagnata dalla volontà di aderire al dettato normativo, diventa dunque un vero rompicapo per il distributore che, se non vuole rinunciare a consentire alla propria clientela l’accesso a prodotti diversi dagli Oicr c.d. plain vanilla, deve dotarsi di organizzazione, procedure e personale adeguati. Emerge, pertanto, la necessità che l’impianto normativo, soprattutto in vista dell’entrata in vigore delle regole c.d. Mifid II, si accompagni all’emanazione di linee guida operative in grado di chiarire le condotte che gli intermediari devono porre in essere per potersi considerare conformi. Si intravede, inoltre, l’esigenza che si torni a discutere sul concetto di strumenti finanziari illiquidi e complessi, in quest’ultimo caso, valutando la possibilità di contenere le generalizzazioni. Ciò anche in relazione al ruolo che attualmente il legislatore riconduce agli intermediari quali elemento cardine per promuovere anche nei confronti di clienti al dettaglio strumenti finanziari - proprio nella forma di Oicr - a supporto dell’economia reale (si pensi, ad esempio, agli ELTIF). Un ruolo a cui i distributori potrebbero dover rinunciare per contenere al massimo l’esposizione a (ulteriori) rischi di impresa.
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