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10/31/2016 | Davide Mosca
“Se si guarda alla finanza globale, c’è da aver paura.” Anthony Doyle, investment director del team retail fixed interest di M&G Investments, prende spunto dalla più spaventosa delle feste per un esercizio di stile che fa luce sugli aspetti più tetri dei mercati finanziari.
Il “freak show” dei titoli di Stato
10mila miliardi di dollari statunitensi di titoli di Stato a rendimento negativo. Questa la materia di cui è composto il più imponente “freak”, scherzo della natura, che incombe oggi sui mercati finanziari. La sua mole è stata creata da otto anni di politica monetaria ultra-espanisiva portata avanti dalle banche centrali dei Paesi sviluppati per supportare “le loro economie malandate e pesantemente indebitate” dopo la grande crisi dei mutui subprime del 2008. Sono le stesse banche centrali a tenere in catene “il mostro da 10 trilioni” che potrebbe però rivoltarsi contro le istituzioni che lo hanno sfamato fino a oggi nel momento in cui inflazione e tassi torneranno a muoversi verso l’alto. “Le pressioni nel sistema finanziario stanno montando e non è chiaro come tali problemi verranno risolti” e con una duration arrivata a sette anni per avere rendimenti positivi, nessuno può prevedere quanto danno potrà fare il “mostro” una volta spezzate le catene.
Il pericolo viene da lontano
Ciò che è distante e ignoto genera sempre timori. I mercati emergenti stanno vivendo un momento di ripresa degli investimenti, ma le paure non sono azzerate. “Molti titoli di Stato dei mercati emergenti – fa notare Doyle - sono stati declassati nel corso dell’ultimo anno, con le agenzie di rating che evidenziano l’incertezza politica come un fattore cruciale nelle loro decisioni.” Rafforzamento del dollaro e ulteriori declassamenti, con perdita del rating investment grade e conseguenti sell-off, sono i principali pericoli che accomunano gli emergenti in questo momento. Un esempio su tutti è rappresentato dal Messico che subisce gli effetti negativi della campagna per le presidenziali statunitensi.
Da Oriente arriva un ulteriore elemento di pericolo. Il dragone potrebbe infatti tornare a minacciare la tranquillità degli investitori sotto forma di crisi di debito. “Il gap tra credito e PIL cinese - afferma l’investment director del team retail fixed interest di M&G Investments - è al 30,1%, il più alto per la nazione dal 1995, e questo suggerisce che il sistema bancario potrebbe già essere sotto pressione.” La somma di debito e economia in rallentamento non è per nulla rassicurante. Se la miscela arriva poi da una delle economie maggiormente in grado di influenzare l’andamento globale dei mercati, ce n’è abbastanza per fare fatica a prendere sonno.
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