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Il Data Journalism è morto. Viva il Data Journalism

5/11/2024 | Francesco D'Arco

Assoreti e Assogestioni mostrano un approccio differente sulla gestione dei dati. Le reti sono pronte a condividere nuovi dettagli. Le SGR scelgono la via della chiusura.


Quando si parla di dati e giornalismo le posizioni di giornalisti, responsabili della comunicazione, vertici aziendali si dividono. Da un lato c’è chi si oppone a quella che viene definita la “dittatura dei dati”, espressione che lascia intendere la convinzione che i dati debbano essere commentati da chi ne ha le competenze e per questo non si possono lasciare a disposizione di chiunque, perché se raccontati nel modo errato dipingono una finta verità.

Dall’altra ci sono i sostenitori di quello che ormai è noto a tutti come il “data journalism”, ovvero la capacità di realizzare inchieste/raccontare la realtà attraverso un’attenta ricerca, selezione e analisi di dati.

Personalmente appartengo al secondo insieme. Credo da sempre nel valore dei numeri. E la continua evoluzione della tecnologia ha permesso di rendere il “data journalism” ancora più efficace. Attenzione credo che, come afferma lo stesso Ordine dei Giornalisti della Lombardia, il data journalism non sia uno strumento, né tanto meno un insieme di strumenti. Il “data journalism” è un “concetto che presuppone la capacità di utilizzare un nuovo metodo di lavoro nel racconto della realtà, una questione non solo tecnica ma anche culturale”.

Detto diversamente: i dati sono una fondamentale fonte di informazione, meno distorta e parziale di qualunque virgolettato, sia esso di un manager e/o di un analista che quei dati li ha raccolti.

Con questo non voglio dire che i virgolettati non siano importanti, ma quando vengono rese note delle cifre i commenti di chi li diffonde sono centrali tanto quanto la possibilità, da parte del giornalista, di analizzare liberamente anche i numeri più nascosti.

Tutto questo diventa ancora più importante se consideriamo il settore oggetto della nostra testata: l’economia e, in particolare, il mondo del risparmio gestito e della consulenza finanziaria. Il compito di una testata come ADVISOR è quello di raccontare la realtà analizzando ed elaborando i numeri, a prescindere dall’interpretazione fornita da chi li diffonde.

Nel nostro settore (e non solo) il data journalism ha delle potenzialità enormi, noi giornalisti siamo chiamati a cogliere queste potenzialità, ma anche le stesse società di cui parliamo devono essere in grado di cogliere queste opportunità. Solo la libertà di leggere e interpretare i dati ci permette di realizzare articoli capaci di individuare tendenze, limiti, evoluzioni dell’industria e/o di una società, che magari possono anche sfuggire a chi quei dati li ha forniti. Solo la libertà di leggere e analizzare i dati permette alla stampa di verificare la veridicità di alcune dichiarazioni. E potrei continuare con altri esempi.

Tutto questo richiede da parte dei giornalisti competenze nuove e nuove responsabilità (i numeri devi saperli maneggiare e usarli per raccontare la realtà, non la “tua” verità). Ma richiede, da parte di società e istituzioni, disponibilità a fornire i dati.

Disponibilità che sembra crescere tra le banche/reti associate ad Assoreti che hanno, a marzo di quest’anno, inviato una nuova versione della tradizionale mappa mensile diffusa dall’associazione che, come ha dichiarato il suo segretario generale Marco Tofanelli, ha deciso di condividere “nuovi dettagli informativi con gli operatori che osservano, analizzano e commentano i dati del nostro settore”.

Disponibilità che, invece, si è ridotta notevolmente tra le società di gestione associate ad Assogestioni che, a partire dalla mappa mensile relativa ad aprile 2024, si limiterà a fornire i dati di sintesi dell’industria del risparmio gestito e dei soli fondi aperti. Senza informazioni sulle singole realtà né su altri dettagli.

Personalmente fatico a condividere la decisione di Assogestioni di ridurre la fornitura di dati alla stampa perché, nell’epoca del data journalism (e in particolare in ambito economico), si rischia di trasmettere l’idea che vi sia qualcosa da celare o da controllare. Per quanto disponibili a capire ogni tipo di ragione, come ADVISOR, ci impegneremo a fare quello che abbiamo sempre fatto, ovvero raccogliere tutti quei dati pubblici utili a descrivere l’industria della consulenza finanziaria. Ma sempre con un unico obiettivo: raccontare la realtà ai lettori. Senza dati non ci può essere giornalismo, soprattutto nel mondo dell’economia e del risparmio gestito.

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