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8/30/2014 | Fabrizio Fornezza - GfK Eurisko
Gli italiani non stanno “virtualizzando” completamente i loro acquisti, restano ben radicati su un mix di comportamenti tecnologici-virtuali e fisici. Ma gli italiani sembrano, invece, virtualizzare lo scambio socio-politico. Ad un’offerta politica recente che ha messo sul mercato una grande quantità di promesse e annunci, anche molto seri e importanti, sembra corrispondere un Paese che sta comprando le promesse stesse con una moneta altrettanto virtuale: l’ottimismo e la ripresa dei sentimenti. Effettivamente dall’insediamento del Governo Renzi, portatore di una visione innovativa del rapporto fra paese e politica, abbiamo registrato un quasi continuo aumento del sentiment e delle speranze delle famiglie (nonostante lo stop registrato dall’Istat in estate, l’indice del clima di fiducia dei consumatori rimane sopra quota 100 punti, ndr).
Purtroppo, però, questo scambio promesse-ottimismo non è seguito da uno scambio economico. L’ottimismo non si trasforma in consumi e investimenti e non incide sull’andamento dell’economia reale che non appare minimamente toccata da questo piano virtuale. Il mood concreto dei consumi resta depresso (anche più di prima in alcuni comparti). L’unico segnale di vita? La ripresa del risparmio che per l’industria finanziaria è anche una buona notizia, ma non si traduce in un segnale positivo per il sistema Paese.
Insomma, come predetto da molte ricerche, gli 80 euro non sembrano aver prodotto, al momento, risultati tangibili e, con buona probabilità, da soli non risolleveranno il quadro economico nazionale nei prossimi mesi. Attenzione, però, non è tutta colpa del governo. Se volessimo scardinare il doppio legame, scambio virtuale positivo-scambio economico negativo, dovremmo osare di più come sistema Italia.
Alcuni, nel mondo del marketing, hanno sostituito le classiche strategie promozionali, che alla lunga stordivano il consumatore, con una logica di stabilità nel tempo: every day low prices (ogni giorno prezzi bassi). Una prima ipotesi per la ripartenza dei consumi raccoglie questo spunto: sostituire una politica di annunci positivi e straordinari con un piano Italia che delinei gli obiettivi dei prossimi 5, 10, 20 anni. Per questo potremmo riprendere, provocatoriamente, lo slogan e trasformarlo in every day low taxes (ma non solo tasse, anche regole, riferimenti e via dicendo). Di riforme si può anche morire, lo dicono nei seminari riservati diversi capi azienda, stanchi di rincorrere un quadro legislativo che continua a cambiare, a modificare gli obblighi, a cambiare i processi di attuazione.
Uno slogan che dovrebbe, però, tradursi in soluzioni pratiche, concrete. È giunto il momento di fare atterrare promesse, consenso e ottimismo su un piano più pratico e non basato su annunci promozionali, bensì su un piano che potremmo chiamare, senza grande fantasia: Italia 2020. Opzione che al momento fatica a entrare nell’agenda politica ma che ci sentiamo di consigliare caldamente al posto della politica degli annunci sinceri di singole iniziative “promozionali” (riforma di questo o quel sistema).
Ad esempio, se guardiamo alle future campagne di privatizzazione, e all’esito della vicenda Fincantieri, è evidente che serva al paese un progetto in grado di alimentare con narrazioni di medio periodo il processo di privatizzazioni delle proprietà dello stato. Soprattutto se si vogliono coinvolgere i risparmi delle famiglie italiane. Un progetto che non può e non deve essere solo finanziario ma deve essere un progetto paese in grado di motivare gli stessi risparmiatori a partecipare alla rinascita dell’economia reale. Al momento manca questo tipo di progetto, manca l’idea che una nuova campagna di coinvolgimento del risparmio italiano per salvare lo stato possa passare da strade diverse da quelle finora battute.
Serve al paese, agli italiani e all’economia reale, un “cronoprogramma” che vada ben oltre la prossima scadenza elettorale. Questa “riforma del tempo” forse dovrebbe essere la prima da adottare per portare lo scambio virtuale (promesse-ottimismo) su un piano più concreto di liberazione delle risorse economiche del paese (consumi e investimenti).
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