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Calano le quotazioni e cresce il private equity

7/25/2023 | Redazione Advisor

Sempre meno aziende decidono di quotarsi. Duncan Lamont, CFA, head of strategic research di Schroders ne analizza le implicazione per gli investitori


Le aziende stanno abbandonando i listini. Nel 1996 erano oltre 2.700 le società quotate sul mercato principale della Borsa di Londra. Alla fine del 2022 questo numero è sceso a 1.100: una riduzione del 60% evidenzia Duncan Lamont, CFA, head of strategic research, Schroders.

 

La situazione è ancora più allarmante se si allunga l’orizzonte temporale.”Dagli anni '60 il numero di società quotate in borsa nel Regno Unito è diminuito di quasi il 75%”. Indubbiamente come sottolinea l’esperto si tratta di una tendenza globale. “I singoli paesi tendono a rimproverarsi per le proprie mancanze su questo fronte, ma la realtà è che si tratta di un trend globale. La crisi europea è iniziata più tardi, ma la Germania ha perso più del 40% delle sue società pubbliche dal 2007. Anche gli Stati Uniti, spesso ammirati da lontano, hanno registrato un calo del 40% dal 1996. E questo anche se si tiene conto del boom delle offerte pubbliche iniziali (IPO) negli Stati Uniti nel 2021”.

 

Ma quali le motivazioni? Secondo l’esperto di Schroders “le spiegazioni principali sono due. In primo luogo, sono aumentati i costi e le difficoltà di essere una public company. L'altra ragione importante per cui le aziende hanno rinunciato alla quotazione in Borsa è che è diventata più disponibile un'altra fonte di finanziamento, che non presenta molti di questi svantaggi percepiti: il private equity”. Il private equity è passato da essere un settore da 500-600 miliardi di dollari all'inizio degli anni 2000 a un valore di oltre 7.500 miliardi di dollari nel 2022. Con questa crescita, la dimensione dei finanziamenti che il settore può emettere è aumentata. Ora è in grado di finanziare le aziende in una fase molto più avanzata del loro sviluppo rispetto al passato.

 

Ma questa riduzione delle aziende in che modo può influenzare il mercato azionario? “Con le aziende che scelgono di rimanere private più a lungo, gli investitori concentrati sul mercato azionario restano fuori da una parte sempre più ampia dell'economia globale. Molte di queste aziende operano in settori dirompenti e in forte crescita. Se le aziende di alta qualità trovano pochi motivi per quotarsi in Borsa, il rischio è che col tempo la qualità dei mercati pubblici si deteriori. Se ciò dovesse accadere, i rendimenti dei mercati azionari pubblici in aggregato potrebbero diminuire strutturalmente rispetto ai mercati privati.

 

Laddove possibile, gli investitori dovranno ampliare il loro raggio d'azione e abbracciare gli asset privati per evitare di perdere terreno. Finora, però, per i normali risparmiatori non è stato facile farlo. Sono specialmente loro a subire le conseguenze di questi sviluppi” continua Lamont. Nel Regno Unito e in Europa, le autorità di regolamentazione e gli asset manager hanno risposto creando nuovi veicoli di investimento noti come ELTIF (European Long-term Investment Fund) e, per gli investitori britannici, LTAF (Long-Term Asset Fund). Entrambi mirano a dare agli investitori retail l'accesso a una gamma più ampia di investimenti, compresi i mercati privati. “Se da un lato ciò va accolto con favore, dall'altro non dobbiamo perdere di vista l'altra area su cui è necessario concentrarsi: migliorare l'attrattività del quotarsi in Borsa rispetto alla proprietà privata” conclude l’esperto di Schroders.

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