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Credito, privilegiare strumenti di qualità più elevata

7/3/2023 | Redazione Advisor

Matt Nest di State Street Global Advisors dà “la preferenza all’investment grade rispetto all’high yield”


“Negli ultimi due anni le obbligazioni hanno accumulato valore. Il momento giusto per fare il grande passo e acquistare obbligazioni dipende spesso da un cambiamento del sentiment”. Matt Nest, cfa, head of active global fixediIncome di State Street Global Advisor, rileva che “con gli eventi che hanno caratterizzato gli Stati Uniti nei primi mesi del 2023, tra cui le turbolenze del settore bancario, le preoccupazioni per il tetto del debito e le relative controversie politiche, il momentum dei tassi d’interesse si è chiaramente spostato, fattore che implica che i tassi più bassi persisteranno”.
 

“Inoltre - prosegue l’esperto - l’inasprimento degli standard di credito dovrebbe accelerare il rallentamento della crescita e dell’inflazione, che aveva già iniziato a manifestarsi, e ad anticipare i tempi per un taglio dei tassi dei federal funds. Nei prossimi sei-dodici mesi, i principali trend ciclici che gli investitori dovrebbero osservare sono: tassi più contenuti, curve più ripide e spread più ampi. Il resto del mondo sta recuperando il ritardo, quindi preferiamo un’esposizione negli Stati Uniti rispetto all’Europa o al Giappone. Complessivamente, riteniamo che il reddito fisso offra maggiori opportunità rispetto a diversi trimestri fa. Aumentare la duration ha senso e ci concentriamo sulle maturity intermedie, dato che la traiettoria e le tempistiche della politica monetaria della Federal Reserve sono ancora molto incerte e le obbligazioni a lunga scadenza non offrono altrettanto valore”.

Il gestore mantiene “un atteggiamento prudente nei confronti del credito, privilegiando gli strumenti di qualità più elevata e con un beta più basso, e dando la preferenza all’investment grade rispetto all’high yield. Anche se gli spread del credito sono più ampi rispetto all’inizio del 2021, la possibilità di un hard landing e le preoccupazioni per l’inasprimento delle condizioni di credito derivanti dal rialzo dei tassi e dai recenti eventi nel settore bancario statunitense, potrebbero avere implicazioni significative per le società con rating più basso che cercano di reperire capitale (sembra probabile una ripresa dei default). Se questo dovesse accadere, cercheremmo di puntare sulle valutazioni più convenienti, in quanto il settore apparirebbe più interessante dal punto di vista del rischio/rendimento”.

Sull’azionario il manager si dice “cautamente ottimista, con una preferenza per l’Europa: “I titoli azionari hanno registrato un trend sostanzialmente positivo nel 2023, nonostante la crisi del settore bancario che ha messo sotto pressione i mercati a marzo. La performance delle azioni è stata sostenuta dal calo dei tassi di mercato, fattore che ha parzialmente controbilanciato l’indebolimento degli utili corporate. Tuttavia, non riteniamo che il rally delle azioni sia in grado di continuare per tutto il resto del 2023. Il rialzo del mercato azionario statunitense è stato guidato da un ristretto gruppo di titoli large cap che hanno beneficiato del calo dei tassi e degli utili che hanno superato le attese riviste al ribasso. Per la restante parte dell’anno prevediamo un ulteriore indebolimento degli utili. Temiamo il peggioramento dei fondamentali, l’indebolimento della domanda a causa dell’inasprimento delle condizioni finanziarie e le elevate pressioni sui margini dovute a livelli di inflazione ancora elevati. La nostra view è più costruttiva sui titoli azionari europei, dove privilegiamo un’allocazione overweight. Le aspettative relative agli utili e alle vendite in Europa continuano a sorprendere al rialzo e i mercati dell’area offrono uno sconto significativo rispetto alle azioni statunitensi. A nostro avviso, inoltre, un contesto inflazionistico modesto è vantaggioso per gli asset value, e l’Europa presenta una percentuale relativamente più elevata di questi ultimi all’interno degli indici di mercato”.

L’economista prevede “una certa volatilità tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, quando l’economia dovrà affrontare l’inasprimento delle condizioni di accesso al credito, la crescita debole e le tensioni geopolitiche. Con valutazioni ancora elevate, a nostro avviso c’è meno spazio per una sostenuta rivalutazione dei titoli azionari. Riteniamo infatti che la performance delle azioni sarà superiore quando gli investitori avranno fiducia nel fatto che la crescita economica tornerà ai livelli tendenziali, con un anticipo di sei-nove mesi rispetto al trend. Tuttavia, grazie al momentum positivo e al posizionamento moderato degli investitori, abbiamo investito in azioni in modo tattico e le nostre allocation riflettono questo posizionamento di breve termine. Continueremo a monitorare con attenzione le allocazioni, tenendo sotto controllo i fattori macroeconomici: il ritmo della disinflazione, la risposta delle banche centrali e l’entità del rallentamento economico”.

Anche se le valutazioni dei mercati emergenti (EM) “rimangono interessanti e i fattori di qualità sono attualmente positivi, riteniamo che il debole momentum dei prezzi e il calo del sentiment possano influire negativamente sull’outlook in generale. Il previsto calo del dollaro dai massimi del 2022 si è rivelato più lento del previsto e le aspettative sugli utili sono inferiori rispetto a quelle di Stati Uniti ed Europa, per cui manteniamo un atteggiamento prudente. Ci sono ragioni per essere ottimisti sulla Cina. La riapertura di Pechino e l’impegno della People’s Bank of China e del governo cinese a ricorrere alla politica monetaria e fiscale per raggiungere un tasso di crescita del 5% rappresentano una contropartita all’outlook contrastante per gli altri paesi dell’universo emergente”.  

“Tuttavia - conclude Nest - preferiamo rimanere in posizione defilata fino a quando non avremo maggiore fiducia nei target di crescita cinesi, pur tenendo d’occhio le delicate relazioni tra Stati Uniti e Cina”.

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