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Mercati: aspettative vs realtà

6/26/2023 | Redazione Advisor

Tra le aspettative degli investitori per l’economia americana, riflesse nei mercati, e le conclusioni che si possono trarre dai dati macroeconomici la differenza è significativa. L’analisi di NS Partners


Tra le aspettative degli investitori per l’economia americana, riflesse nei mercati, e le conclusioni che si possono trarre dai dati macroeconomici c’è una significativa divergenza. È la view di Giacomo Calef, country manager di NS Partners, secondo cui “i mercati spererebbero in una recessione moderata nel 2023, seguita da una ripresa economica nel 2024”. La recessione potrebbe ridurre l’inflazione fino al 3% entro la fine dell’anno, con un conseguente taglio dei tassi d’interesse dell’1,5% nel 2024. “Essenzialmente – sintetizza Calef – le aspettative sono di un ritorno allo scenario goldilocks, il contesto ideale per i mercati finanziari, caratterizzato da un’inflazione tra il 2 e il 4% e da tassi d’interesse tra il 2 e il 3%”.

 

“Ad ogni modo – prosegue Calef – il contesto macroeconomico può far trarre conclusioni differenti. Innanzitutto, certi economisti ritengono che l’inflazione core, ovvero quella che esclude i prezzi volatili di alimenti ed energia, si stabilizzerà intorno al 4% per un lungo periodo, diventando la nuova normalità”. La previsione è basata sulla tesi che per ridurre l’inflazione al target del 2%, la Fed dovrebbe alzare i tassi in maniera talmente elevata da causare una seria recessione. “L’inflazione strutturale era già in aumento prima del Covid, e potrebbe essere troppo resistente per ridursi senza gravi conseguenze per l’economia. L’aumento dei prezzi è determinato da vari fattori, come la politica fiscale ultra-espansiva del governo e la de-globalizzazione che causa il rincaro delle materie prime. Inoltre, il maggiore potere contrattuale dato ai lavoratori dai leader politici causa un aumento dei salari”.

 

Secondo Calef “la tesi dei mercati che sostiene una recessione negli Stati Uniti può essere smentita dai dati macroeconomici. In primo luogo, i livelli di occupazione rimangono particolarmente elevati, con un’aggiunta di 339,000 posti di lavoro a maggio contro i 190,000 previsti. Inoltre, il mercato immobiliare si sta stabilizzando, essendo più dipendente dai tassi a lungo termine rispetto che dai tassi rialzati dalla Fed. Infine, la crisi delle banche regionali rende difficile un’ulteriore stretta monetaria, che sarebbe la causa maggiore di recessione”.

 

Calef chiarisce che la solidità dell’economia non si limita agli Stati Uniti. “Infatti, una recessione globale è ancora meno probabile, supportando un’inflazione a lungo termine. La transizione energetica e dei trasporti richiede livelli elevati di capitale. Inoltre, l’allontanamento dalla Cina a causa dei rischi geopolitici, e verso i mercati emergenti, necessiterà grandi investimenti nelle infrastrutture di questi ultimi. Nel breve termine, l’inflazione sostenuta potrebbe causare una diminuzione dei prezzi degli asset. A lungo termine – conclude Calef – ci potrebbe essere un movimento di capitale verso i mercati emergenti, dalle aziende di software-tech a quelle di tech per l’energia e i trasporti, e dai titoli growth a quelli ciclici quando si accantoneranno i timori di recessione”.

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