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Investitori istituzionali, la parola d'ordine è cautela

5/10/2023 | Redazione Advisor

Questo è quanto emerge dalla ricerca di State Street in collaborazione con l'International Forum of Sovereign Wealth Funds


State Street, in collaborazione con l'International Forum of Sovereign Wealth Funds, rivela che la cautela persiste tra gli investitori istituzionali più grandi, nonostante segnali sempre più concreti da parte dei mercati di un calo dell'inflazione.

State Street Corporation (NYSE: STT) e l’International Forum of Sovereign Wealth Funds (IFSWF), un network globale di fondi sovrani di cui fanno parte quasi quasi 40 Paesi, hanno pubblicato una nuova ricerca che rivela quali sono state le decisioni degli investitori istituzionali e dei fondi sovrani in termini di riallocazione dei flussi di capitale e dei portafogli nell'ultimo anno e quali sono i temi emergenti sui quali si basano le strategie di investimento per il 2023 e per il futuro. SSSSSSSSSSSSSSS Il report, dal titolo Post-Inflation Realities: Evidence from institutional investor and sovereign wealth fund activity, analizza l’attività aggregata degli investitori istituzionali di lungo periodo, che rappresentano gli oltre 36.700 miliardi di dollari in termini di asset in custodia e amministrazione di State Street. Comprende anche le rilevazioni delle interviste condotte con alcuni dei principali fondi sovrani in Asia centrale, Asia orientale, Asia occidentale, Australasia e Nord America.

Nuove narrative che impattano i mercati

Il 2022 è stato un anno dominato da forti e diffuse pressioni inflazionistiche sui mercati globali, mentre molti paesi hanno registrato livelli di inflazione che non si vedevano da decenni. In effetti, i dati raccolti da State Street PriceStats sull'inflazione dei prezzi online mostra che l'aumento dell'inflazione nel 2022 aveva affondato le proprie radici già negli anni della pandemia, nel periodo 2020-2021. Fortunatamente, stanno emergendo alcuni segnali secondo cui le pressioni inflazionistiche globali potrebbero aver raggiunto il picco, indicando una loro iniziale diminuzione.

Tutti i membri dell’IFSWF che hanno preso parte a questo ricerca ritengono che l'inflazione abbia raggiunto il picco negli Stati Uniti: tuttavia, una parte del consenso ritiene che l'inflazione rimarrà ostinatamente elevata (e alcuni la ritengono potenzialmente volatile). Si tratta di uno dei rischi più significativi che, a loro avviso, potrebbero intaccare i loro portafogli. Gli intervistati hanno anche sottolineato l'effetto che il persistere dell’inflazione potrebbe avere sulla crescita economica globale, con recessione o bassa crescita che rappresentano un fattore di rischio correlato. Sono emerse anche preoccupazioni per l’impatto delle azioni che le banche centrali potrebbero intraprendere per far fronte a una nuova era di inflazione più elevata, sottolineando che un nuovo regime di politica monetaria più restrittiva, in particolare nei mercati sviluppati, rappresenta un rischio significativo che prendono in considerazione quando valutano le loro necessità in termini di liquidità.

Tuttavia, diversi membri dell’IFSWF ritengono che l'aumento dell'inflazione sarebbe meno problematico per gli Stati Uniti rispetto all’Unione Europea e che il Regno Unito si troverebbe “nella situazione peggiore tra le economie sviluppate”. Un intervistato ritiene che, tra i mercati emergenti, “l'Asia sembra essere in vantaggio nel percorso per portare l'inflazione verso il target". Un altro ha riferito che “l'Asia continuerà certamente a operare in un contesto di bassa inflazione”.

Secondo i membri dell’IFSWF, questa previsione dipende dal fatto che l'Europa continuerà ad essere influenzata dagli alti prezzi dell'energia e dal fatto che la Banca Centrale Europea non sembra "disposta a proseguire il ciclo di inasprimento monetario quanto gli Stati Uniti". Tuttavia, altri intervistati hanno rilevato problemi strutturali in Europa: "Struttura demografica più debole, transizione energetica e la ridistribuzione della quota di reddito dal capitale al lavoro sono elementi che possono contribuire a una maggiore inflazione strutturale".

Le loro previsioni sull’inflazione sono state influenzate da un altro rischio significativo: la spinosa questione geopolitica. Sebbene il conflitto in Ucraina sia stato ovviamente menzionato, l'impatto del disgelo o dell'irrigidimento delle relazioni di Stati Uniti ed Europa con Cina e Russia è risultato più rilevante, in quanto continuerà a influenzare i mercati dell'energia e le catene di approvvigionamento.

In questo contesto, stanno emergendo nuove narrazioni che hanno il potenziale di avere un impatto sui mercati finanziari. Utilizzando la Narrative Map di State Street MediaStats, sviluppata per determinare i temi rilevanti per i mercati finanziari, riteniamo che i temi ciclicamente sensibili dei mercati del lavoro, del finanziamento e della redditività delle imprese e della liquidità dei mercati finanziari siano fattori chiave che influenzano i mercati per via della loro elevata copertura a livello media. Al contrario, la crescita economica degli Stati Uniti e della Cina e la Brexit sono stati individuati come i temi meno trattati dai media, che presentano anche una minore importanza per i mercati. I temi legati a Federal Reserve e tassi d'interesse sono ampiamente coperti dalla stampa, ma attualmente la loro capacità di influenzare i mercati è relativamente più neutrale rispetto al 2022.

Anche la narrativa dei conflitti internazionali è ancora nel radar dei mercati. 

Ciò che colpisce delle risposte ricevute dai membri dell'IFSWF è la loro capacità di guardare oltre i temi di breve termine trattati dai media: nessuno di loro ha indicato la redditività delle imprese o di finanziamento come dei rischi, e solo uno degli intervistati ha menzionato il mercato del lavoro, anche se in un contesto relativo all'aumento dell'inflazione. Nel nostro primo report del 2020 era emerso che, nonostante le improvvise turbolenze dei mercati finanziari a marzo, quando i governi avevano imposto lockdown in tutto il mondo, i fondi sovrani non avevano modificato le proprie strategie. Nelle risposte raccolte nel 2022, abbiamo riscontrato una reazione simile. Nessuno dei fondi ha ribilanciato i propri portafogli in risposta alle turbolente condizioni di mercato del 2022 ma, al contrario, hanno lasciato invariati i propri benchmark e, in molti casi, anche la strategia pluriennale volta a incrementare l'allocation agli alternativi (mercati privati e liquidi) e le strategie di asset allocation dinamica.

La propensione al rischio degli investitori istituzionali: ritorno alla neutralità

Dopo aver espresso cautela nei primi tre trimestri dell'anno scorso, la fine del 2022 è stata caratterizzata da un certo ottimismo, in quanto gli investitori si sono mostrati propensi al rischio nell'ultimo trimestre. In effetti, i punteggi della Behavioural Risk Scorecard Multi-Asset Flow & Holdings di State Street – una misura aggregata della propensione al rischio derivata dai flussi di capitale e dalle partecipazioni degli investitori istituzionali in diverse asset class e fattori – hanno raggiunto il livello più alto dal 2022 a fine novembre. Da allora, tuttavia, la propensione al rischio degli investitori istituzionali si è ridotta a livelli relativamente più neutrali, se non leggermente avversi al rischio.

Tuttavia, la lettura complessivamente neutra della propensione al rischio degli investitori multi-asset fa emergere una divergenza nel sentiment tra le varie asset class, che risulta evidente dall’ asset allocation degli investitori globali. Osserviamo un aumento delle allocazioni nell’azionario, alimentato da una diminuzione degli asset a reddito fisso, mentre si mantengono le riserve di liquidità precedentemente accumulate, dato che i tassi di interesse a breve termine aumentano in scia ai tassi di policy delle banche centrali.

Inoltre, nell'ultimo anno gli investitori hanno invertito le loro preferenze in ambito azionario. A partire da giugno 2022 abbiamo assistito ad acquisti netti di azioni dei mercati emergenti e a vendite nette di azioni dei mercati sviluppati. Sebbene la maggior parte dei membri dell'IFSWF intervistati si sia attenuta ai propri benchmark azionari, i quattro più attivi hanno aumentato le proprie allocation nell’azionario emergente.

È interessante notare che i fondi sovrani che hanno contribuito a questo studio sembrano più pessimisti rispetto al mercato. Più della metà degli intervistati ha dichiarato di aver "aumentato la protezione ai rischi di downside" o di aver implementato "programmi di hedging più attivi rispetto agli anni precedenti". Solo due dei nove membri dell'IFSWF che hanno partecipato a questo studio hanno dichiarato di non avere attualmente "alcun piano in merito".

Nei mercati del reddito fisso, gli investitori hanno continuato a preferire il debito sovrano dei mercati sviluppati, mantenendo posizioni sovrappesate negli Stati Uniti e nell'Eurozona e continuando ad acquistare e ad essere sottopesati su Gilt del Regno Unito, titoli di Stato giapponesi e bund tedeschi. Per quanto riguarda i mercati valutari, invece, gli investitori hanno mostrato una preferenza per il dollaro statunitense e canadese, mentre sono sottopesati o hanno una posizione selling su sterlina, dollaro neozelandese ed euro.

Tendenze nei mercati privati

Dopo una forte attività di raccolta fondi da parte dei general partner (GP) sui mercati privati nel 2021, nel 2022 la raccolta ha registrato un notevole rallentamento su questo segmento. Dai dati del Private Equity Index di State Street si evince che nei primi tre trimestri del 2022 i fondi di Buyout e Venture Capital hanno raccolto rispettivamente 211 e 78 miliardi di dollari, mentre i fondi di Private Debt hanno raccolto 43 miliardi di dollari, indicando un forte rallentamento in tutte le strategie. A livello regionale, nei primi tre trimestri del 2022, i fondi statunitensi e quelli del resto del mondo hanno raccolto rispettivamente 229 e 93 miliardi di dollari, mentre i fondi europei hanno registrato un significativo rallentamento, con una dimensione totale di 11 miliardi di dollari. PPPPPPPPPPPPPP Diversi membri dell'IFSWF hanno evidenziato un rallentamento del fundraising, mentre altri ritengono che sia rimasta costante. Un fondo sovrano ha riferito che l'aumento dei tassi di interesse ha fatto sì che "l'uso della leva finanziaria diventasse più costoso, rallentando in modo sostanziale la crescita complessiva". In un contesto di recessione attesa e di calo dello slancio economico, gli investitori istituzionali sono diventati cauti e più prudenti nell'assumere nuovi impegni, soprattutto quando valutano nuovi nomi di GP o fondi di Private Equity". Lo stesso fondo ha anche aggiunto che, dopo anni di allocation crescenti, gli investitori hanno iniziato "ad aspettarsi maggiori attività di realizzazione e di ricevere un ritorno degli investimenti nei fondi vintage".

In termini di attività del flusso di cassa, dopo un forte calo nel 1° trimestre del 2022 e una flessione marginale nel 3° trimestre del 2022, il rapporto trimestrale tra capitale versato e capitale impegnato (PICC - Paid-in Capital over Committed Capital) è rimasto costante nel 4° trimestre del 2022. Allo stesso modo, dopo un andamento simile nei primi tre trimestri del 2022, anche la distribuzione trimestrale sul capitale impegnato (DCC - Distribution over Committed Capital) è rimasta stabile nel 4° trimestre del 2022. Nel corso dell'anno, il PICC è rimasto molto più alto del DCC, con conseguenti flussi di cassa netti significativamente negativi per tutte e tre le principali strategie di PE.

Conclusioni

Dopo un anno di livelli inflazionistici record registrati in molte regioni, nel 2023 stanno emergendo solidi segnali che indicano che l'inflazione globale potrebbe aver raggiunto il suo picco e sta iniziando a diminuire. Tuttavia, i timori per un'inflazione elevata e prolungata, per i suoi effetti sulla crescita economica e per i potenziali interventi errati di politica monetaria da parte delle banche centrali, in particolare nelle economie sviluppate, continuano a pesare sul comportamento degli operatori dei mercati finanziari. Per alleviare queste preoccupazioni, i fondi sovrani hanno segnalato la loro intenzione di aumentare la protezione dai ribassi e i programmi di hedging attivo, pur rimanendo saldamente legati alle loro strategie e mantenendo i loro benchmark.

Nel frattempo, gli investitori istituzionali hanno dimostrato di voler abbandonare i mercati del reddito fisso, sensibili ai tassi d'interesse, per passare all’azionario dei mercati emergenti, aumentando le proprie riserve di liquidità e incrementando l'esposizione in valuta estera verso le valute nordamericane a più alto rendimento, come il dollaro statunitense e canadese. Nei mercati privati, la raccolta di fondi ha subito un rallentamento, una tendenza riscontrata nei dati dei depositi e osservata dalla comunità dei fondi sovrani. Nel complesso, i segnali di cautela sono evidenti, ma se c'è una lezione da trarre dagli anni della pandemia è che sia gli investitori istituzionali che i fondi sovrani hanno la capacità di resistenza e le competenze necessarie per affrontare le nuove sfide che si profilano all'orizzonte

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