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3/13/2023 | Daniele Riosa
Il crack di Silicon Valley Bank ha sconvolto i mercati che hanno subito perdite notevoli. Vediamo quali possibili ricadute prevedono i gestori sulle piazze finanziarie nei prossimi giorni e sugli istituti di credito in generale.
Filippo Alloatti, head of financials (credit) di Federated Hermes, sottolinea che “la Silicon Valley Bank (SVB) ha avuto problemi che si sono concentrati sul fronte Silicon Valley piuttosto che su quello della banca. I problemi affrontati da SVB erano più legati ai suoi clienti e ai settori con cui si interfacciava (della tecnologia e del venture capital all’interno della Silicon Valley) che non alle sue operazioni bancarie di base”.
“La base di depositi della banca - ricorda il gestore - era fortemente concentrata in questi settori e la performance finanziaria della banca era influenzata dalle condizioni economiche di questi settori. Con 140 miliardi di dollari investiti in Treasury a lunga scadenza prima dell'attuale ciclo di restringimento, che hanno portato ad un prelievo di capitale di 2,25 miliardi di dollari e a un piano di aumento di capitale non riuscito. SVB è stata esentata dagli stringenti coefficienti di liquidità di Basilea 3 e ha invece solo un report trimestrale di liquidità”.
“Le piccole banche come SVB - sottolinea - possono evitare di incorporare il mark-to-market negativo sulle obbligazioni in portafoglio al loro CET1 (Common Equity Tier 1), rafforzando artificialmente il proprio capitale di solvibilità. Tuttavia, quando gli asset devono essere venduti per motivi di liquidità, la perdita va direttamente al CET1, determinando una significativa perdita di capitale di solvibilità. Sono state adottate misure di emergenza per proteggere i depositanti di SVB e Signature Bank New York (SBNY) invocando l'eccezione per il rischio sistemico, che consente alle autorità di regolamentazione di garantire i depositi non assicurati”.
“È stato annunciato il Bank Term Funding Program (BTFP) della Fed, che offre prestiti fino a un anno, accettando garanzie qualificate alla pari per consentire alle banche di creare liquidità dai loro portafogli obbligazionari senza riconoscere perdite non realizzate. Non esistono banche europee quotate in Borsa con un modello di business simile. Le banche centrali hanno ampi strumenti per sostenere le istituzioni con liquidità, compresi interi sistemi bancari”, conclude Alloatti.
Emiliano Carchen, partner Oliver Wyman per i financial service, si concentra sui possibili impatti sul sistema bancario europeo: “SVB non rappresenta un campanello d'allarme per il sistema bancario europeo. La banca californiana aveva delle caratteristiche uniche, come la taglia dei depositi (che li rendeva pressochè esclusi dalle garanzie e più esposti al bank-run), la concentrazione / tipologia dei depositanti (non solo clienti corporate, ma quasi solo tech player della valley) e dei requisiti prudenziali meno stringenti rispetto a quelli europei. Questo ha reso la profittabilità di SVB ‘liability-driven’ al contrario delle banche universali e diversificate che sono strutturalmente ‘asset-driven’ e beneficiano dell'espansione della forbice di tassi (beta attivi > beta passività)”.
SVB, invece, “è cresciuta e ha prosperato durante il periodo di tassi negativi. Tuttavia, il fallimento di SVB ci può aiutare a comprendere l’entità del cambiamento che lo scenario macroeconomico sta inducendo sul sistema bancario e sottolinea l'importanza che le dinamiche finanziarie ed i modelli di poste a vista, IRRBB, ALM, funding strategy etc. avranno nei prossimi anni per preservare l’eccellente profittabilità del 2022”.
Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, rileva che “le decisioni della Fed/Treasury/FDIC hanno prontamente arrestato il potenziale rischio di fuga dei depositi da banche non sistemiche a sistemiche, il che avrebbe posto il rischio di grosse difficoltà per l'intero mondo delle banche non sistemiche, ossia quelle con attivo totale sotto i 250 miliardi di dollari. Dopo lo scampato pericolo è verosimile ipotizzare che le banche regionali e non solo restringeranno ancora di più l'ammontare di credito ed i criteri con cui lo concedono in chiave difensiva, fenomeno già in atto da diversi mesi che rappresenta uno dei fattori che sotto traccia i bond considerano nel definire la pendenza di curva. Queste considerazioni aumentano considerevolmente la probabilità di recessione non mite dell'economia US nel secondo semestre se non già nel corso del secondo trimestre”.
Gli analisti di Ebury rilevano che "i mercati azionari sono scesi per tutta la giornata di venerdì fino alla chiusura delle contrattazioni e le tradizionali valute rifugio, in particolare il franco svizzero e lo yen giapponese, sono state in cima alle classifiche. L'euro è rimasto stabile e la sterlina ha registrato un piccolo rialzo, segno che i mercati vedono i problemi circoscritti ai soli mercati statunitensi. Il crollo di SVP, insieme al report contrastante sui salari USA di venerdì, ha portato a un violento riprezzamento delle aspettative sui tassi USA negli ultimi giorni, che ha ulteriormente condizionato il dollaro. Un rialzo di 50 pb da parte della Fed a marzo, che sembrava essere stato preannunciato dal presidente del FOMC Powell martedì, sembra ora decisamente fuori discussione".
"Dopo la chiusura di venerdì - rimarca il team di Ebury - le autorità bancarie statunitensi sono intervenute con forza per arginare eventuali corse agli sportelli, mentre HSBC è intervenuta per acquistare il ramo britannico della Silicon Valley Bank. Riteniamo che l'intervento sarà sufficiente a riportare la calma tra i correntisti delle banche regionali statunitensi e che i mercati valutari torneranno a concentrarsi sui dati dell'inflazione e sulle politiche monetarie delle banche centrali".
Anche per Carlo Benetti, market specialist di GAM (Italia) SGR, "il rischio del contagio sistemico, per quanto si possa presumere con le informazioni disponibili, non sembra probabile. Dal 2008 il sistema di regole, gli standard regolamentari e la robustezza patrimoniale del sistema finanziario sono molto migliori. Lo spread FRA-OIS a tre mesi (Forward Rate Agreement-Overnight Index Swap, affidabile indicatore delle tensioni sui finanziamenti interbancari) si è ampliato venerdì ma non segnala una situazione anomala. La Silicon Valley Bank si è trovata al crocevia di tre diverse alterazioni di stato: le svalutazioni del portafoglio obbligazionario che ha innestato la corsa agli sportelli, le difficoltà delle aziende tecnologiche, le criptovalute".
I mercati "hanno reagito al dato sul lavoro e alla vicenda della banca californiana con vistosi cali, gli operatori hanno rivalutato l’intensità della stretta monetaria, le difficoltà del sistema bancario potrebbero incrinare la determinazione della Fed, intrappolata tra due obiettivi divergenti, la tutela della stabilità finanziaria e la lotta all’inflazione. Per gli investitori le dinamiche dei tassi restano la bussola delle scelte allocative, se non scenderanno l’attrazione relativa delle attività rischiose resterà indietro rispetto alle obbligazioni".
"Le carte sul tavolo - chiosa Benetti - sono scompaginate, al netto della vicenda SVB restano cruciali l’andamento del mercato del lavoro e dell’inflazione, sulla quale le previsioni sono sempre azzardate".
Il team strategie di credito globale di Algebris Investments rileva che "i mercati hanno considerato l’evento come potenzialmente sistemico per il settore bancario statunitense e globale. Non condividiamo tale interpretazione degli eventi. Il susseguirsi di avvenimenti per la SVB è stato determinato dalla composizione dei depositi e da una cattiva gestione della liquidità, resa possibile dal trattamento contabile favorevole dei titoli di cui godono le banche più piccole negli Stati Uniti".
"Le grandi banche statunitensi - proseguono - non presentano nessuna di queste caratteristiche. Dispongono infatti di una base di depositi più diversificata e stabile, di bilanci di liquidità di qualità superiore e di un portafoglio di titoli valutati al valore equo su base continuativa. Di conseguenza, il read-across è sbagliato e qualsiasi debolezza generale è un’opportunità per acquistare i nomi di alta qualità del settore".
Quali conseguenze sul settore bancario statunitense? Per Filippo Diodovich, senior market dtrategist di IG Italia, ci sarà "una stretta di regolamentazione indubbiamente. Dopo le scelte dell’amministrazione Trump di agevolare il settore finanziario con un ammorbidimento della regolamentazione e della vigilanza ci sarà un netto cambio di rotta che avrà conseguenze negative sulle performance di lungo periodo".
Quali conseguenze sulle decisioni della Federal Reserve? "La Federal Reserve oltre al dilemma dell’inflazione avrà anche quello dell’instabilità finanziaria. Dopo un lungo processo di azioni restrittive qualcosa ha cominciato a rompersi all’interno del sistema. La nostra convinzione è che nel prossimo meeting di marzo si escluderà del tutto un rialzo di 50 basis points e si discuterà se fare una pausa nel processo di rialzo dei tassi. Indubbiamente gli sviluppi di un possibile contagio della crisi delle banche regionali sarà sotto stretto monitoraggio da parte della FED oltre al dato sull’inflazione di febbraio che sarà pubblicato il 14 marzo. Manteniamo le nostre aspettative su un rialzo di 25 basis points da parte della FED ma potrebbe essere l’ultimo della serie".
Rohan Reddy, research analyst di Global X, prevede che "a livello di mercato l’impatto potrebbe essere isolato al settore finanziario, con alcune banche potenzialmente scambiate a sconto nel prossimo futuro. Tuttavia, come abbiamo già detto, non sembrano esserci grosse crepe nell'economia. Le società non redditizie e in fase di pre-redditività sono già state oggetto di scrutinio da parte del mercato negli ultimi due anni, ed è probabile che un evento come questo dia credito alla teoria secondo cui le società di migliore qualità se la caveranno meglio. I grandi istituti bancari diversificati, come JP Morgan e Bank of America, potrebbero risultare vincenti in scenari come questo, se le banche più piccole, più concentrate o regionali vedessero allontanarsi opportunità di business. Nel complesso, però, è improbabile che gli eventi degli ultimi giorni portino a un rischio macro o a un 'cigno nero'".
Il caso SVB ha fatto sorgere in molti il dubbio, può accadere qualcosa del genere ad una banca più grande? Per Raffaele Prencipe, fund manager fixed income di DPAM, "la risposta è no; nessuna grande banca ha una gestione del rischio così carente. Una banca viene considerata 'non in regola' se il suo patrimonio netto perde più del 15% del suo capitale Tier 1 negli stress test basati su scenari (ad esempio uno spostamento parallelo di 200 punti base dei rendimenti) stabiliti dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. SVB probabilmente era ben al di sopra di questa soglia. Il problema della Silicon Valley Bank si è verificato perché le banche americane con asset inferiori a 250 miliardi di dollari ricevono un controllo più leggero e non sono sottoposte annualmente all'analisi e alla revisione completa del capitale della Federal Reserve (CCAR)".
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