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3/9/2023 | Redazione Advisor
“A causa del rapido aumento dei tassi d'interesse su entrambe le sponde dell'Atlantico, le valutazioni dei titoli growth, per i quali si prevede un’elevata crescita potenziale futura, sono state messe sotto pressione. Per contro, spiega Jan Viebig, global co-cio e head of multi-asset range di ODDO BHF AM, “la domanda si è indirizzata sui titoli value, con utili stabili. Nel frattempo, il calo dei prezzi dell'energia e l'aumento dei tassi di interesse hanno contribuito ad alleggerire la situazione sul fronte dell'inflazione”.
Il gestore prevede che “l'inflazione nell'area dell'euro rimarrà elevata in media nel corso dell'anno, ma potrebbe scendere al 3-4% entro la fine del 2023. Questo vorrebbe dire che l'inflazione ha toccato il picco nel mese di ottobre, con un tasso compreso tra il 10 e il 6%. Dopo lo shock inflazionistico dello scorso anno, il 2023 potrebbe diventare l'anno della disinflazione, con tassi di inflazione ancora elevati ma in calo”.
Che impatto avrebbe questa tendenza sugli investimenti? Quali asset class e settori potrebbero trarre vantaggio e quali no? “In linea di principio - risponde il manager - rispetto a un contesto di inflazione crescente un contesto disinflazionistico è più favorevole per i titoli di qualità, che noi privilegiamo. I titoli legati a petrolio e materie prime traggono vantaggio da un contesto inflazionistico così come, grazie all'aumento dei tassi d'interesse, i finanziari. Si tratta di settori caratterizzati da società che hanno meno probabilità di essere selezionate in un portafoglio sulla base della loro qualità. I portafogli incentrati sui titoli di qualità scontano quindi un ritardo nelle fasi inflazionistiche, anche se le prospettive a lungo termine di queste società rimangono stabili.Il fatto che i tassi di interesse debbano aumentare per contrastare l'inflazione mette sotto pressione anche le valutazioni azionarie. Ciò pesa soprattutto sui titoli growth, valutati sulla base di utili futuri. In misura minore, tuttavia, anche i titoli di qualità ne risentono, mentre i titoli value ne beneficiano”.
“Un contesto disinflazionistico - constata l’analista - sosterrebbe quindi le valutazioni dei titoli di qualità. Molte aziende sono in grado di trasferire l'aumento dei costi dei fattori produttivi e persino di aumentare i propri margini di profitto nonostante l'inflazione. Ciò è avvenuto anche nel 2021 e nel 2022, quando i margini degli indici europei e statunitensi sono saliti a nuovi massimi. Ne hanno beneficiato soprattutto i settori ciclici come il petrolio/le materie prime, il settore automobilistico e gli industriali. Quando i margini diminuiscono a causa della disinflazione, questi settori subiscono maggiori pressioni, mentre i margini dei titoli di qualità tendono a rimanere più stabili”.
L’esperto rileva che “secondo la nostra analisi, ciò li rende più interessanti nel confronto. Poiché l'aumento dei tassi di interesse di riferimento rallenta la crescita, la disinflazione è solitamente associata a una crescita economica più debole e a una maggiore probabilità di recessione. Per ora questo fenomeno è solo agli inizi, soprattutto negli Stati Uniti, ma potrebbe diventare un problema nel corso dell'anno. Anche in caso di recessione, riteniamo che i titoli di qualità siano meglio posizionati, poiché l'esperienza ha dimostrato che gli utili di queste società sono più stabili e mostrano una certa resistenza anche nelle fasi di contrazione”.
“Nei portafogli dei fondi multi-asset ODDO BHF Polaris - conclude Viebig - confermiamo la strategia di diversificazione settoriale e regionale avviata lo scorso anno. L'attenzione rimane focalizzata su fattori di qualità quali un maggiore ritorno del capitale proprio, margini Ebit più elevati, un indebitamento inferiore e una crescita degli utili più stabile, con un focus su società appartenenti a settori come sanità, software e beni di consumo, potenzialmente favoriti da un'eventuale tendenza alla disinflazione”.
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