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3/8/2023
Il 2023 sarà l’anno della riscossa del reddito fisso, come sostengono numerosi analisti e asset manager? Insieme a Gabriel Doz, portfolio specialist di PGIM Fixed Income, abbiamo analizzato le prospettive del segmento obbligazionario.
“Lo scorso anno i rendimenti sono saliti in maniera consistente, e per il reddito fisso è stato un anno terribile” osserva Doz. “In generale la sottoperformance nel 2022 è stata guidata prevalentemente dai movimenti dei tassi, non tanto dagli spread sul credito, con molta volatilità nel corso dell’anno. Ora però i punti di ingresso sono molto attraenti: i tassi sono saliti molto, sul decennale USA i rendimenti sono quasi al 4%, qualcosa che non si vedeva da molti anni, mentre su segmenti come gli High Yield o i mercati emergenti i rendimenti sono anche superiori all’8%”.
Doz illustra lo scenario in cui potremmo trovarci nei prossimi mesi a livello macro. “Lo scorso anno è stato caratterizzato da grande incertezza, e questo spiega in parte l’elevato livello di volatilità a cui abbiamo assistito nei diversi segmenti del mercato. Abbiamo sperato che la volatilità si sarebbe ridotta nel 2023, questo non è avvenuto, ma è cambiato il contesto dei tassi, che si sono stabilizzati”. Secondo Doz questa stabilizzazione è riconducibile essenzialmente al fatto che il mercato inizia ad avere un outlook più positivo riguardo all’inflazione, che era stato il principale driver di sottoperformance l’anno scorso e la principale causa del sell off sui tassi. La percezione è infatti che, con modalità diverse tra le varie regioni, l’inflazione abbia finalmente raggiunto il suo picco nella seconda parte dello scorso anno, e che si stia quindi avviando su un percorso di ribasso, il che rappresenta sicuramente una buona notizia.
Date tali premesse, seppure permanga ancora l’incertezza, Doz prevede che per l’economia degli Stati Uniti lo scenario più probabile sia quello di un soft landing, con la Fed che riuscirà a disinnescare la bomba inflazione evitando una frenata brusca. Per quanto riguarda l’Europa invece il quadro è più sfidante, e la ragione principale è legata alle cause dell’inflazione europea. “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stato il fattore chiave che ha fatto schizzare al rialzo i prezzi delle materie prime. L’Europa, diversamente dagli Stati Uniti, non è indipendente dal punto energetico, e questo rende molto più difficile evitare una recessione”. Doz prevede quindi che lo scenario più probabile per l’Europa sia quello di una stagflazione, con una BCE falco che continuerà la sua politica restrittiva, che metterà in difficoltà le aziende e porterà l’economia europea in recessione, senza peraltro riuscire a far scendere l’inflazione.
Nonostante il contesto complesso per l’economia europea, le prospettive per l’Italia sono tutto sommato abbastanza positive: "Sebbene il preesistente elevato debito pubblico italiano implichi che i rischi permangono, riteniamo che questa volta sia davvero diverso per l'Italia” evidenzia Doz. “L'Italia è uscita con vigore dalla pandemia e ora beneficia di considerevoli misure di sostegno dell'UE e della BCE che non erano in vigore prima della pandemia. Inoltre, la sostenibilità del debito è ora meno sensibile ai tassi di interesse o all'aumento del deficit di bilancio rispetto agli anni precedenti. Salvo ulteriori gravi shock negativi, siamo costruttivi sulle prospettive a medio termine per il Paese e le sue obbligazioni”.
In termini di implicazioni per gli investimenti, Doz spiega che per gli investitori potrebbe essere il momento di iniziare a riposizionarsi sull'asset class obbligazionaria, ma in maniera graduale, perché ci sono ancora diversi fattori di incertezza e diversi scenari possibili. “In generale è comunque abbastanza improbabile - conclude Doz - che nel 2023 gli investitori ottengano performance negative dal reddito fisso come è accaduto nel 2022”.
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