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11/16/2022 | Redazione Advisor
L'inflazione in calo negli Stati Uniti sembra anticipare una svolta sui mercati. Il dollaro segnalerà il ritorno del favore al debito emergente. Vale la pena tornare a guardare al reddito fisso nell’ultima parte di un anno che per l’asset class è stato il peggiore degli ultimi decenni. Così spiega Carlo Benetti, market specialist di GAM (Italia) SGR, che analizza lo scenario economico attuale.
L’inflazione di ottobre negli Stati Uniti ha registrato l’incremento di 7,7%, il quarto calo consecutivo e la rilevazione più bassa degli ultimi dodici mesi, molto al di sotto della rilevazione di settembre (8,2%) e delle attese (8%). Si corrobora il convincimento che ci si allontani dal picco di 9,1% toccato in giugno. Anche il dato dell’inflazione “core” ha sorpreso positivamente, l’aumento dei prezzi, al netto di alimentari ed energia, è aumentato del 6,3% su base annua, sotto le attese di 6,5% e del 6,6% del mese precedente. I mercati hanno reagito immediatamente, l’indice S&P 500 è cresciuto del 5,5%, il Nasdaq Composite ha chiuso a 7,4%, la miglior giornata negli ultimi due anni e mezzo. Stessa storia nelle obbligazioni, il Treasury a due anni è sceso di 25 punti base a 4,3%, il titolo decennale è sceso di 27 punti base a 3,8%, il calo più netto dal marzo 2020.
I mercati sembrano cancellare i rischi dell’inflazione al rialzo ma una rilevazione non basta per annunciare il “liberi tutti”. È altrettanto vero che nei mercati “cova la voglia di ripartenza” e il ritracciamento dell’inflazione è la precondizione per tutto il resto. Ancora poche settimane fa il mercato era nel bel mezzo del sell-off globale, tra marzo e settembre i rendimenti del decennale sono cresciuti del 2,2%, violenta reazione del mercato allo scenario di alti prezzi dell’energia, alta inflazione, tassi in aumento e rallentamento economico.
L’esperienza del crollo e del rapido recupero dei listini nelle drammatiche settimane tra febbraio e marzo 2020 dovrebbe aver insegnato che quando si verificano ampi e bruschi movimenti di mercato in periodi di tempo brevi, qualcosa prima o poi si rompe e il paradigma cambia. Il rischio maggiore è quello dell’entusiasmo, di scommettere troppo e troppo presto sull’ipotesi della sostenibilità della svolta, è l’errore commesso a luglio.
"Se guardiamo al “momentum” dell’inflazione piuttosto che al dato anno su anno, - spiega Benetti - come ha invitato a fare lo stesso Powell, smussiamo volatilità e stagionalità: la metrica del “momentum” mostra che il livello obiettivo del 2% è ancora lontano (nessuna sorpresa ovviamente) ma il rallentamento è fuori dubbio. Se guardiamo al “momentum” dell’inflazione piuttosto che al dato anno su anno, come ha invitato a fare lo stesso Powell, smussiamo volatilità e stagionalità: la metrica del “momentum” mostra che il livello obiettivo del 2% è ancora lontano (nessuna sorpresa ovviamente) ma il rallentamento è fuori dubbio".
"Vale la pena tornare a guardare al reddito fisso nell’ultima parte di un anno che per l’asset class è stato il peggiore degli ultimi decenni. Nei mesi scorsi il massiccio deflusso dei capitali si è orientato verso il rischio azionario e la liquidità. Le pessime performance delle obbligazioni e la delusione degli investitori sono la parte sgradevole di un anno complesso, ma queste stesse obbligazioni si presentano ora con la promessa dei rendimenti più interessanti degli ultimi anni. Il dollaro è il canarino nella miniera che segnalerà il ritorno del favore anche al debito emergente. La forza del biglietto verde e l’aumento dei tassi sono stati tra i maggiori ostacoli a una classe di attivo che offre rendimenti reali elevati e valutazioni a buon mercato, un luogo dell’investimento in cui varrà la pena posizionarsi", conclude Benetti.
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