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6/9/2022 | Daniele Riosa
Tutto secondo copione. La BCE ha ufficializzato la fine del Quantitative easing, ha lasciato i tassi invariati, ma ha aperto la strada ad una serie di rialzi a partire dal 21 luglio (data del prossimo meeting) in poi. Vediamo come i gestori commentano le decisioni prese dall’istituto guidato da Christine Lagarde.
Dave Chappell, fixed income senior portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments, sottolinea che "la decisione di politica monetaria di oggi conferma la fine degli acquisti di obbligazioni e l'inizio del tanto atteso percorso verso tassi positivi, a partire da luglio. Nelle ultime settimane si erano create aspettative sulla possibilità di un rialzo di mezzo punto percentuale per dare il via al ciclo, ma con la dichiarazione di oggi il Consiglio si impegna a un aggiustamento iniziale di 25 punti base. Tuttavia, la prossima mossa a settembre comporterà quasi certamente un raddoppio a 50 punti base, a meno che le prospettive di inflazione a medio termine non migliorino nelle prossime settimane, il che sembra altamente improbabile. Dopo settembre, la previsione è quella di un percorso graduale ma sostenuto di aumento dei tassi".
Wolfgang Bauer, gestore del Team Public Fixed Income di M&G Investments, spiega che "se, da un lato, i commenti della BCE sui futuri rialzi dei tassi dominano i titoli dei giornali di oggi, dall’altro non bisogna sottovalutare l'importanza dell'imminente fine degli acquisti di asset. Negli ultimi anni, questi programmi sono stati lo strumento principale con cui la BCE ha sostenuto il sentiment dei mercati e quindi ripristinato la loro stabilità nei momenti di crisi. Senza gli acquisti, i mercati operano senza rete di sicurezza, il che potrebbe portare a periodi di maggiore volatilità in futuro. La BCE ha lasciato aperta la porta alla possibilità di riprendere gli acquisti nell'ambito del programma di emergenza per far fronte alla pandemia (PEPP) in caso di nuove ripercussioni sui mercati legate proprio allo sviluppo della pandemia. Considerando il contesto inflazionistico, ritengo che non sia più possibile fare marcia indietro rispetto all'uscita dal programma di acquisto di asset. A mio avviso, occorrerebbe un grave deterioramento dei fondamentali economici e una decisa correzione del mercato per rimettere in agenda gli acquisti. Quindi, in un certo senso, l’opzione put della banca centrale non conviene affatto".
Second Giorgio Broggi, quantitative analyst di Moneyfarm, "da una parte, ci si può aspettare che le paure di una recessione e il noto livello di debito di alcuni principali Paesi membri possano rallentare il percorso di rialzo dei tassi. In tal senso, si potrebbe scommettere su un passo indietro della BCE prima della fine dell’anno e aumentare la duration dei propri portafogli di investimento. D’altra parte, tuttavia, nel contesto inflattivo corrente non è improbabile che la Banca Centrale sia costretta a tenere il mirino sull’aumento dei prezzi, anche a costo di una recessione. Ciò spiegherebbe il rialzo dei tassi e degli spread rispetto ai Paesi con rating peggiori a cui abbiamo assistito durante la conferenza. Per il momento, continuiamo a mantenere una duration relativamente bassa”.
Per Hutchings, head of rates di Aviva Investors, "dal meeting odierno è emersa una posizione restrittiva da parte dell’istituto centrale rispetto alla politica monetaria. Con un'inflazione sempre elevata e superiore al consenso, la BCE si riserva la possibilità di decidere fino a che punto e con quale velocità agire. È stato preannunciato un rialzo dei tassi dello 0,25% per luglio, benché in seguito si potrebbe assistere ad aumenti dello 0,50%. L'euro dovrebbe trarne beneficio, ma i titoli di Stato dovrebbero continuare a faticare. Tuttavia, dato che i mercati stanno già valutando un grado significativo di normalizzazione dei tassi, riteniamo che per essi le prospettive da qui in avanti siano più equilibrate".
Antonella Manganelli, a.d. e responsabile investimenti di Payden&Rygel Italia, rileva che la "riunione ha sicuramente sorpreso sul lato rialzista. I punti principali coperti sono stati tre: la revisione delle previsioni sui dati macroeconomici; le indicazioni sulla politica monetaria a breve termine; e il commento sulla frammentazione del continente, ovvero la differente situazione tra Europa periferica e centrale. Sui dati macroeconomici, la BCE ha svelato nuove previsioni, con revisioni al rialzo per l’inflazione e al ribasso per la crescita, quindi un quadro macroeconomico sicuramente meno rassicurante. Da qui, il commento sulla politica monetaria, che ha confermato il termine del programma di acquisto di titoli sul mercato secondario a giugno, ma che soprattutto ha confermato un rialzo dei tassi di 25 punti base a luglio e che, addirittura, non ne ha escluso un secondo da ben 50 punti base a settembre. A preoccupare il mercato è stata poi la mancata rassicurazione sulla sostenibilità del debito per i Paesi dell’Europa periferica, rispetto alla quale il problema inflazione è sembrato essere prominente per la Banca Centrale. Il mercato ha reagito con un notevole incremento dei rendimenti a scadenza dei governativi europei, e un allargamento degli spread, ovvero dei differenziali tra governativi periferici e area centrale dell’Europa”.
Silvia Dall’Angelo, senior economist di Federated Hermes, mette in luce che "sebbene oggi la BCE non abbia intrapreso alcuna azione, l'esito della riunione odierna ha avuto un tono decisamente da falco. Il Consiglio direttivo ha ritenuto che le condizioni necessarie per avviare un ciclo di rialzi si siano verificate e ha aggiornato la propria forward guidance per definire la normalizzazione della politica nei prossimi mesi. Gli acquisti netti di asset termineranno all'inizio di luglio, aprendo la strada al rialzo dei tassi nel corso del mese. In primo piano le preoccupazioni per l'inflazione. Pur avendo preannunciato la portata del rialzo di luglio (0,25%), la BCE ha lasciato aperta la porta a un aumento dei tassi più consistente a settembre se le prospettive di inflazione a medio termine non dovessero migliorare".
Konstantin Veit, senior portfolio manager european rates di PIMCO, evidenzia che “la BCE non ha fornito indicazioni sulla possibile destinazione della traiettoria dei tassi d'interesse, né sul tasso d'interesse neutrale, e prevede di aumentare i tassi fino a quando l'inflazione a medio termine non si stabilizzerà intorno all’obiettivo. La BCE si è impegnata a combattere la frammentazione, se necessario, ma nella riunione odierna non sono stati forniti dettagli e, di conseguenza, gli spread periferici si sono ampliati. Rimaniamo scettici sul fatto che la BCE annuncerà un back-stop credibile ex ante. Sebbene sia possibile prevedere che la BCE alla fine effettui un numero di rialzi dei tassi inferiore a quello attualmente previsto dal mercato, nel resto dell'anno l'inflazione dell'Eurozona rimarrà probabilmente molto elevata e la pressione sulla BCE per un intervento a breve e medio termine sarà elevate”.
Che dire della frammentazione? Che farebbe la BCE se gli spreads si allargassero molto? Se lo chiede Pasquale Diana, head of macro research di AcomeA SGR, in quale risponde che “la percezione è che la BCE non voglia (non possa?) parlare di un nuovo strumento anti-frammentazione perché sarebbe fonte di divisione in un momento in cui c’è unità di intenti nel Consiglio direttivo. La BCE ha semplicemente ripetuto che intende usare i reinvestimenti del PEPP in maniera flessibile, tra i vari paesi e le varie asset class. La Lagarde aggiunge che la BCE sa come 'disegnare e implementare' nuovi strumenti, se necessario. Bisogna ammettere peraltro che non è facile disegnare uno strumento che assomigli a un programma di acquisti per contenere gli spreads in un momento in cui la BCE sta alzando i tassi. Quale aumento degli spreads verrebbe visto come ingiustificato? Ci sarebbe condizionalità per beneficiare di questo strumento, e di che tipo? Cosa farebbe la BCE con la liquidità creata dallo strumento? Sono tutte domande su cui trovare un compromesso non sarebbe facile. Ecco perché è ragionevole ipotizzare che questo strumento verrebbe creato solo in seguito a tensioni molto marcate sul debito nella periferia dell’eurozona. Non ci siamo ancora vicini”.
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