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BCE verso un approccio più cauto. Le previsioni dei gestori

3/8/2022 | Daniele Riosa

L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia complica ancora di più le decisioni che i responsabili politici della Banca centrale europea dovranno prendere giovedì prossimo


“Nel momento in cui la Banca Centrale Europea si stava orientando verso una normalizzazione delle proprie politiche, la crisi ucraina in corso e le sanzioni alla Russia potrebbero invece contribuire a rafforzare un approccio più cauto della Bce”. Pietro Baffico, european economist di abrdn, prevede che “il consiglio direttivo dovrà valutare il trade-off tra un'inflazione alta e crescente e le implicazioni economiche negative del conflitto”.

“La riunione di marzo - constata l’esperto - è importante per i mercati anche in vista delle previsioni macroeconomiche trimestrali, che rivelano le prospettive di inflazione a medio termine della Bce. Data l'elevata incertezza, gli investitori possono quindi aspettarsi che la Bce eviti di impegnarsi in anticipo sui futuri aumenti dei tassi al fine mantenere una certa flessibilità. Sarà altrettanto importante vedere se il Consiglio direttivo prenderà in considerazione eventuali cambiamenti nella pianificazione delle sue politiche, o qualsiasi impegno per assicurare la trasmissione regolare della politica monetaria, per salvaguardare i premi per il rischio di credito nella zona euro dai rischi di frammentazione”.

Konstantin Veit, portfolio manager european rates di PIMCO, si aspetta che “la Bce mantenga l'apertura a una fine anticipata degli acquisti netti di asset rispetto al piano delineato a dicembre, una volta che la crisi attuale si sarà ridimensionata, ma non ci aspettiamo che la Bce annunci formalmente una data di fine definitiva o cambiamenti materiali all’APP alla riunione di marzo. Sulla linea del recupero dell'opzionalità della politica, la Bce potrebbe decidere di rimuovere la parola ‘a breve’ dalla forward guidance dell’APP, per rompere il legame temporale quasi automatico tra i due strumenti”.

“L'opzionalità – argomenta l’esperto - qui implica che il rialzo del tasso di politica monetaria potrebbe eventualmente richiedere più tempo dopo la fine degli acquisti netti di asset, se giustificato. La Bce potrebbe anche rimuovere il riferimento a tassi di politica monetaria più bassi nella forward guidance sui tassi d'interesse, anche se questo potrebbe arrivare un po' più tardi, quando la Bce si avvicinerà all’aumento dei tassi d'interesse. Nel medio termine, crediamo che la Bce punterà certamente a terminare gli acquisti netti di asset e a tornare a un tasso di riferimento neutrale, con poche ambizioni al di là di questo”.

“A lungo termine – conclude Veit - rimane una notevole incertezza su dove potrebbe collocarsi un tasso di politica neutrale per la zona euro, ma qualsiasi livello tra lo 0% e l'1% sembra ragionevole in confronto alle altre aree”.

Enguerrand Artaz, gestore di La Financière de l’Echiquier, allaga lo sguardo anche alle future mosse che potrebbe fare la Federal Reserve: "Per la Banca Centrale Europea - spiega - l'equazione non è forse così complessa. Con un'inflazione sottostante nell'Eurozona significativamente più bassa che negli Stati Uniti, la Bce aveva già maggior margine di manovra rispetto alla Fed. Nel caso di un rallentamento dell'attività, insieme a un'impennata dei prezzi dell'energia che, alla fine, avrebbe un impatto negativo sul potere d'acquisto delle famiglie e quindi sui consumi, la Bce sarebbe poco incentivata ad agire rapidamente. Scottata dagli errori commessi nel 2008 e nel 2011, in cui alzò i tassi a causa soltanto dell'inflazione energetica mentre l'inflazione sottostante era moderata e l'attività economica fragile, sarebbe certamente pronta a rimandare il suo programma di stretta monetaria”.

“Una logica questa – sottolinea l’analista - che non vale per la Fed. L'impatto sull'economia statunitense sarà molto più moderato. Di contro, l'aumento dei prezzi dell'energia accentuerà ulteriormente un tasso d'inflazione già molto elevato e soprattutto diffuso in tutti i settori dell'economia. La Fed non ha quindi altra scelta se non quella di proseguire a ritmo serrato verso la stretta monetaria, con un primo aumento dei tassi questo mese e l'inizio di una riduzione delle dimensioni del bilancio entro l'estate”.

“I mercati – conclude Artaz - potrebbero quindi trovarsi in una situazione in cui gli Stati Uniti dovranno far fronte a una drastica stretta monetaria e l'Europa a un vuoto d’aria nella crescita. Non è una prospettiva molto rassicurante anche se la si può circostanziare: in molti mercati, le valutazioni sono scese parecchio rispetto ai picchi dell’estate del 2021. In Europa, per esempio, il P/E dell'EUROSTOXX 50 è ora dell'8% sotto la mediana a 15 anni, mentre era del 26% più alto l'estate scorsa. In altre parole, buona parte della strada potrebbe già essere stata fatta”.

Secondo Gergely Majoros, membro del comitato investimenti di Carmignac, “l’attuale contesto economico fa sì che la Bce si trovi in una posizione piuttosto delicata nella definizione di una giusta politica monetaria. È molto difficile prevedere se la Bce avrà margine per decidere di non contrastare la dinamica inflazionistica prevista. Da un punto di vista puramente economico, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia rappresenta uno shock ‘stagflazionistico’ per l’economia europea. Se l’attuale crisi dovesse durare a lungo o aggravarsi ulteriormente, assisteremmo a un ulteriore incremento dei prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari, il che aumenterebbe significativamente la possibilità che l’Europa entri in una fase di recessione".

“Sulla base di questo scenario - continua Majoros - è improbabile che nel prossimo meeting la Bce confermi la sua recente svolta ‘hawkish’, così come pare alquanto difficile che acceleri il proprio tapering e definisca un percorso di rialzo dei tassi d’interesse per il futuro. È possibile, invece, che decida di sostenere ulteriormente le politiche fiscali in Europa, mantenendo la massima opzionalità per i prossimi mesi, pur senza rinunciare del tutto alla svolta verso una politica monetaria più aggressiva annunciata a gennaio”.

“A questo proposito, è possibile che la Bce sacrifichi le misure previste di normalizzazione graduale, che stimavano la fine del quantitative easing prima dell’aumento dei tassi, anche se questo non ci sembra uno scenario molto probabile”, conclude Majoros.

Andreas Billmeier, european economist di Western Asset (part of Franklin Templeton) si aspetta che l’istituto di Francoforte “confermi la fine del PEPP per la fine del mese, quando l'emergenza pandemica sarà passata. Riteniamo inoltre che la Bce quest’anno dovrebbe segnalare la fine dell'APP senza una timeline eccessivamente esplicita, inviando così un messaggio aggressivo in merito alla normalizzazione della politica mantenendosi tuttavia meno circonstanziata rispetto a dicembre. Pensiamo che in risposta alla situazione Russia-Ucraina, la Bce in prima battuta passerà il testimone ai responsabili delle politiche fiscali, il che potrebbe avvenire nel corso del vertice dei leader previsto per la fine di questa settimana a Versailles, dopo la riunione”.

“Da un punto di vista monetario - conclude Billmeier - la Bce potrebbe preparare il mercato ad una nuova struttura che limiti le implicazioni sulla stabilità finanziaria causate da uno shock energetico duraturo. In alternativa, potrebbe aggiungere flessibilità al processo di reinvestimento degli asset. Entrambe le strategie dovrebbero tenere conto, tuttavia, delle decisioni fiscali prese nei giorni successivi alla riunione della Bce”.

 

 

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