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8/12/2020 | Redazione Advisor
Analizzando i dati delle trimestrali uscite nelle ultime due settimane, UBS ha verificato l’impatto del Covid-19 e del lockdown sulle aziende e sull’economia dell'area euro. “I dati sul PIL del secondo trimestre di quest’anno confermano l’atteso collasso, con una diminuzione del 12% rispetto al primo trimestre (che già risentiva della pandemia), ma nel complesso l’eurozona ha retto l’urto. A fronte di un calo della domanda estera sarà fondamentale far ripartire la domanda interna ed è proprio questa la missione degli stimoli fiscali a livello nazionale e del Recovery Fund approvato dall’Unione europea (UE)” spiega Matteo Ramenghi (nella foto), chief investment officer UBS WM Italy, UBS Europe SE, Succursale Italia.
Entrando nel dettaglio dei risultati della earning season, “oltre un quarto delle aziende facenti parte dell’indice Euro Stoxx ha pubblicato i risultati del secondo trimestre. I ricavi sono diminuiti del 20% circa e gli utili del 38%: si tratta di crolli senza precedenti. Le aziende facenti parte dell’indice Euro Stoxx, inoltre, sono spesso multinazionali e rappresentano un quadro diverso rispetto al tessuto economico che viviamo quotidianamente. I servizi e le piccole attività hanno certamente subito un impatto ancora maggiore” prosegue Ramenghi.
Per fortuna si registra anche qualche segnale di ottimismo, “sia perché oltre la metà delle aziende ha riportato utili migliori rispetto a quanto si aspettassero gli analisti, sia per le indicazioni provenienti da alcuni settori produttivi che hanno dimostrato le proprie caratteristiche difensive come i beni di prima necessità, le telecomunicazioni, la farmaceutica e le banche di maggiori dimensioni”.
“Considerando che i consumi sono stati fortemente ridotti durante il lockdown e i tassi di risparmio sono temporaneamente aumentati, si potrebbe sperare in un’accelerazione nella seconda parte dell’anno” spiega ancora il cio di UBS. “Molto dipende dalla paura del virus e dalla capacità dei governi di trasmettere fiducia riguardo alle prospettive economiche. La fiducia dei consumatori e delle imprese è infatti la chiave dell’enorme sforzo fiscale intrapreso dai governi per contenere la perdita di occupazione e agevolare l’uscita dalla crisi”.
Sicuramente un tema che uscirà rafforzato dalla crisi sarà quello della sostenibilità ambientale, dato che una porzione significativa degli stimoli fiscali varati dai singoli Stati e del Recovery Fund sono diretti verso la sostenibilità.
Un fattore da monitorare secondo Ramenghi è rappresentato dalla forza dell’euro delle ultime settimane. “Dai minimi di marzo il cambio contro il dollaro si è rafforzato del 10%, anche se rispetto a fine 2019 l’apprezzamento è solo del 6%. Circa la metà dei ricavi dell’indice Euro Stoxx è legata agli scambi con l’estero e quindi il cambio è una variabile importante. L’economia dell’eurozona è più dipendente dall’export non solo rispetto agli Stati Uniti, ma anche al Giappone e alla Cina; quindi la ripresa della domanda domestica – e le iniziative di governi e UE per alimentarla – sono quanto mai fondamentali per la ripartenza”.
In conclusione, “l’eurozona deve superare l’impatto del Covid-19 contando sulle proprie forze e per questo deve ripensare il proprio modello economico storicamente votato all’export e alla competitività. Come sempre accade” conclude Ramenghi, “le crisi accelerano i cambiamenti e le decisioni prese dagli Stati e dall’Unione Europea possono facilitare questa transizione”.
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