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Assiom Forex, previsioni per un 2025 complicato

11/26/2024 | Max Malandra

Decoupling per economie e tassi tra Eurozona e Stati Uniti, sovrappeso per l’equity USA, favorita la duration sull’obbligazionario europeo. Ma su molti mercati aleggiano i pericoli delle politiche di Trump.


Nel consueto incontro di fine anno, gli esperti di Assiom Forex - l’associazione di operatori finanziari con oltre 1200 iscritti - hanno delineato il contesto in cui ci troveremo a operare nel 2025. 

Innanzitutto l’economia: la crescita dell'Eurozona in termini di PIL reale per il 2025 rimarrà sotto l'1%, simile a quanto osservato nel 2024 (0,8%). I benefici derivanti dalla riduzione dei tassi d'interesse da parte della BCE saranno controbilanciati da un continuo peggioramento del settore industriale e dai possibili effetti negativi sull'import-export e sugli investimenti, dovuti a un aumento delle tariffe da parte del nuovo presidente Trump.

In Italia, la crescita attesa è intorno allo 0,5% nel 2025 rispetto a un atteso 0,7% nel 2024, riflettendo un peggioramento delle aspettative e delle intenzioni di occupazione nei tre settori economici principali: industria, costruzioni e servizi.

Gli effetti negativi dell’aumento delle tariffe USA verso tutto il mondo, specialmente sulla Cina, peseranno sui prospetti di crescita di tutti i Paesi, in particolare quelli esposti al rafforzamento del dollaro. Detto questo, la crescita in Cina e in India rimarrà ben al di sopra della media: 4,0% e 6,0% rispettivamente.

In media, l'inflazione EU si attesterà all’ 1,8%, sotto il target della BCE e sotto le proiezioni della banca centrale. Le attese sono che la BCE tagli i tassi sui depositi di 150 punti base nel 2025, portando il livello dei tassi da un probabile 3,00% dopo il meeting di dicembre a 1,75% a fine 2025. I rischi sono orientati al ribasso.

Le politiche dell'amministrazione Trump avranno un effetto inflattivo per gli USA nel 2025: le prospettive di inflazione media per il 2025 sono del 2,8% - simile al 2,9% del 2024 e sopra il target della FED - e quindi, lo spazio di manovra del FOMC è limitato a ulteriori 50bp, portando il Fed Funds target range a 4,00/4,25%.

 

Azioni. Nonostante i potenziali rischi di una nuova guerra commerciale, sulla base dei principali indicatori economici e tecnici, anche per il 2025 le azioni statunitensi saranno da sovrappesare nonostante i multipli elevati di molte società, pur mantenendo l’attenzione anche verso le azioni di specifici Paesi europei. 

Gli Usa beneficeranno di una crescita economica ancora resiliente, sostenuta da un mercato del lavoro solido e da una ripresa della spesa dei consumatori. I mercati azionari statunitensi seguiranno con attenzione l’agenda “Trusk”, con tasse e tariffe fra i principali elementi di interesse. Rimarranno inoltre il mercato di riferimento per l’innovazione mondiale: se l’AI evolverà ulteriormente in intelligenza artificiale “multimodale”, in grado di comprendere e interagire con l’ambiente esterno, assisteremo a una rivoluzione in molti settori economici e finanziari, attirando ulteriormente capitali e interesse a livello mondiale.

In Europa se l’inflazione rimarrà contenuta, consentirà alla Bce di mantenere ed adottare politiche monetarie ulteriormente accomodanti, sostenendo in particolare i settori ciclici, attualmente interessanti grazie a valutazioni relativamente contenute. Tuttavia, uno dei principali rischi per l’Unione Europea nel 2025 sarà rappresentato dalla nuova politica commerciale dell’amministrazione Trump. E’ importante ricordare che circa il 50% del Pil europeo dipende dal commercio estero, con gli Stati Uniti come primo partner commerciale dell’UE, generando un interscambio annuale di circa 800 miliardi di euro. Un’ipotetica imposizione di nuovi dazi statunitensi del 10% sui prodotti europei potrebbe ridurre il Pil dell’Eurozona di circa l’1%.

Anche la Cina potrebbe implementare un nuovo e significativo Whatever it takes. Nel corso delle ultime settimane, il governo cinese ha introdotto una serie di stimoli economici che rappresentano un passo preliminare verso una maggiore domanda interna. Tale necessità appare urgente per fronteggiare il potenziale impatto dei dazi che potrebbero essere introdotti dall’amministrazione Trump. Gli ultimi dati economici mostrano segnali iniziali di ripresa, con miglioramento della crescita economica e primi indizi d’inversione positiva della crescita monetaria. L’atteggiamento delle autorità cinesi sembra essersi evoluto verso un impegno più deciso a favore di nuove politiche espansive. Ciò darà maggiore interesse alle azioni cinesi, in particolare al CSI300. Per i prossimi mesi, l’attenzione sarà rivolta all’M1: un amento della massa monetaria rappresenterà un segnale chiave di crescita ed efficacia degli stimoli.

 

Obbligazioni. I collocamenti di titoli governativi nell’area euro saranno in linea con il 2024 (circa 1,3 trl). In uno scenario senza shock significativi sui deficit di bilancio, i Paesi che avranno le emissioni lorde più consistenti (escludendo i bond short term) saranno Francia (330 mld) Italia (320 mld) Germania (265 mld) e Spagna (160 mld). Invece sulle emissioni nette peseranno i rimborsi dei bond nel bilancio dalla BCE. A partire dal 2025 il Quantitative Tightening entrerà a pieno regime dato che non verranno reinvestiti circa 410 mld di bond in scadenza acquistati tramite PSPP e PEPP, concentrati principalmente su 4 paesi europei: 110 mld per la Germania, 85 mld per la Francia, 70 mld per l’Italia e 54 mld per la Spagna. 

La discesa del tasso terminale BCE entro la seconda metà dal 2025 al di sotto del 2% favorirà la duration, con un movimento di discesa parallelo dei tassi europei guidato dalla parte breve della curva (bull steepening). Restiamo estremamente cauti sugli spread dei governativi europei. Una delle cause principali è la maggiore supply dovuta al QT che creerà pressione sugli spread misurati sia rispetto la curva dei tassi euro (ASW) che rispetto ai rendimenti tedeschi. Nella prima parte dell’anno ci aspettiamo un aumento del term premium dovuto all’enorme quantità di emissioni governative da finanziare senza l’aiuto dei programmi di acquisto della BCE.

La Francia al momento è il Paese che desta maggiore preoccupazione. Hanno dichiarato di voler finanziare i 330 mld di emissioni lorde (nette oltre 200 mld) con un ammontare significativo di collocamenti a breve scadenza (BTF). Riteniamo questa scelta negativa per tutta la curva dei rendimenti francesi che vedrà rendimenti in salita in un movimento parallelo guidato dalla parte breve della curva (bear flattening).

E’ molto probabile che la prossima estate ci saranno nuove elezioni in Francia, dove la possibilità di vittoria della Le Pen saranno molto elevate. In quel contesto vediamo lo spread della Francia contro Bund nel range 90/110 bps Riteniamo che un movimento disordinato degli spread francesi (decennale in area 3,30% / 3,40%) possa inficiare seriamente la trasmissione della politica monetaria, ma potrebbe essere un'occasione di acquisto per gli OAT, perché la BCE sarebbe forzata ad intervenire con gli strumenti straordinari a sua disposizione (QE, TPI o OMT).

Nel 2025 l’Italia dovrà finanziare tra 100 e 110 mld di emissione al netto dei bond in scadenza, che senza i reinvestimenti dei programmi di acquisto della BCE diventano circa 170 mld. Inoltre il contributo degli investitori retail è previsto in netta diminuzione perché i portafogli degli italiani sono già notevolmente sovraesposti sui BTP (65% del totale) livello record rispetto ai minimi, tra il 20% e il 30%, toccati dal 2012 al 2016. 

Si stima che l’anno prossimo il Tesoro potrà contare su circa 40 miliardi di investimenti retail rispetto ai 125 mld del 2023 e ai 54 mld del 2024. In assenza dell’ECB il ruolo degli investitori esteri dovrà essere preponderante, pari a circa il 60% delle emissioni nette, una percentuale molto ambiziosa ma teoricamente raggiungibile in un contesto di volatilità stabile, dato che le recenti emissioni (BTP 7 e 30 anni) hanno avuto una domanda record (200 miliardi) collocata per l’80% all’estero.

Come accade per la Francia anche per l’Italia il rischio di repricing è significativo soprattutto nei primi tre mesi dell’anno perché dovranno esser rifinanziati 140 mld di bond in scadenza (di cui 47 mld di BOT) parte dei quali verranno probabilmente finanziati con una nuova emissione retail (ne prevediamo almeno due durante il 2025). I rendimenti e lo spread BTP-Bund resteranno significativamente correlati con gli indici ITRAXX proxy del rischio di credito e ci aspettiamo che l’andamento dei BTP continui ad avere un Beta elevato con il mercato. Eventuali elezioni in Germania e in Francia (giugno) sono al momento gli eventi che potrebbero avere maggiore impatto sui BTP.

 

Euro e dollaro. Il biglietto verde è stato uno dei pillar del cosiddetto Trump trade, apprezzandosi in media del 5% nei confronti delle divise G10. L’incremento del differenziale dei tassi e la fase di decoupling sulle curve tra le sponde dell’Atlantico hanno portato il biglietto verde ad apprezzarsi fino ad un minimo di 1,0650 non lontano dai target di breve del movimento di 1,05. Tuttavia le aspettative di evoluzione per il 2025 non appaiono favorevoli al biglietto verde, in parte per un ritracciamento tattico post elettorale da classico buy on the rumor and sell on the news. Nonostante le condizioni cicliche americane identifichino ancora la forza relativa dell'economia a stelle e strisce è possibile che alcuni aggregati come l'occupazione possano rallentare e indicare un ribasso più veloce dei tassi da parte della Federal Reserve. 

Molto diversa la situazione dell'euro che subisce una crisi politica non ancora risolta sia in Francia che in Germania, manifesta rallentamento ciclico e maggiore bisogno di abbassamento dei tassi della BCE e quindi è oggetto di un maggiore downside che potrebbe riflettersi nelle seguenti previsioni contro dollaro. Tuttavia la divisa europea potrebbe resistere alle pressioni ribassiste. Eurusd 1M 1,05 3M 1,03 6m 1,07 12m 1,10. 

 

Commodity. I principali temi per il 2025 saranno: scenario macroeconomico e possibili interruzioni dell’allentamento di politica monetaria; tensioni commerciali USA-Cina e conseguenti impatti negativi su crescita mondiale, commercio e domanda di materie prime; evoluzione dei rischi geopolitici in Russia e Medio Oriente, e relative distorsioni delle filiere di approvvigionamento.

Il picco dell'oro è probabilmente alle spalle. Riteniamo probabili prese di profitto entro fine anno grazie alla rimozione dell'incertezza sulle elezioni statunitensi, e ci attendiamo un consolidamento nel 2025, probabilmente in un intervallo di 2,450-2,650 USD/oz. Al contrario, vediamo maggiori rischi di rialzo nel 2026 e negli anni successivi perché tutti i driver di lungo periodo restano validi: rischi di deflazione in Cina, aumento del debito negli Stati Uniti, fiat money devaluation, pressioni inflazionistiche, persistenti rischi geopolitici.

Domanda e offerta di petrolio raggiungeranno nuovi record nel 2025, ma difficilmente il mercato fisico riuscirà ad assorbire la crescita attesa dei volumi, e quindi si potrebbe registrare un modesto surplus già nel secondo semestre 2025, anche se i rischi geopolitici in Medio Oriente dovrebbero contribuire a mantenere le quotazioni internazionali del greggio su livelli relativamente elevati. Riteniamo che per buona parte del prossimo anno i prezzi del Brent possano mantenersi all’interno del trading range di 68/95 dollari/barile consolidatosi da fine 2023. 

Nel nostro scenario di base il Brent potrebbe attestarsi vicino a una media di 76/78 dollari al barile nel 2025, mentre il WTI intorno a una media di 72/74 dollari. Rispetto al 2024, i rischi sulle nostre previsioni sono maggiormente sbilanciati verso il basso. Se il supporto di 65/68 dollari venisse meno, ad esempio per timori di un imprevisto calo della domanda mondiale, ci sarebbe spazio per una più ampia correzione in area 50 dollari (coerentemente con i costi marginali della estrazione dello shale oil statunitense).

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