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Petrolio 2020: offerta in aumento e domanda debole

1/20/2020 | Daniele Riosa

Zaffiro Puopolo (Moneyfarm): “Le prospettive ribassiste sono condivise dai mercati finanziari”


Giuseppe Zaffiro Puopolo, portfolio manager di Moneyfarm, prevede che “probabilmente, anche il 2020 sarà caratterizzato da ampia offerta di petrolio e domanda debole. La IEA (Agenzia Internazionale per l'Energia) prevede che la crescita dell'offerta non OPEC raggiungerà 2,2 milioni di barili al giorno, più che assorbendo tutta la crescita della domanda (1,2 milioni di barili al giorno). L'eccesso di approvvigionamento sarà superiore a 1 milione di barili al giorno se l'OPEC sostiene gli attuali livelli di produzione. In questo scenario probabilmente i produttori di petrolio convenzionali dell'OPEC taglieranno ulteriormente la produzione per aiutare a bilanciare il mercato, ma difficilmente ciò sarà sufficiente”.

“Le prospettive ribassiste – spiega l’analista - sono condivise dai mercati finanziari. La previsione del consenso prevede un prezzo per il petrolio intorno ai $60 medi al barile nel 2020, in calo rispetto ai $64 previsti per il 2019. La curva dei futures indica un calo ancora più marcato, consolidando le views prudenti prevalenti sul mercato”.

Rischi geopolitici? “In Moneyfarm riteniamo ragionevoli le proiezioni del consensus. A nostro avviso la domanda e l’offerta globali sono fattori più importanti nel lungo periodo delle tensioni geopolitiche. Tuttavia, non crediamo si debba sottovalutare l'importanza strategica che riveste lo Stretto di Hormuz, vista la quantità di greggio che lo attraversa quotidianamente. Anche se rimane difficile prevedere cosa accadrà da un punto di vista geopolitico, possiamo provare a tracciare degli scenari. Alle condizioni attuali il fabbisogno mondiale di petrolio non ha sufficiente capacità di riserva per sostituire interruzioni potenzialmente significative dal Medio Oriente”.

Uno scenario di escalation limitata tra l'Iran e gli Stati Uniti “comporterebbe un’influenza minima sulla produzione di petrolio nella regione. Dopotutto, l'Iraq ha assistito a proteste per mesi con un'interruzione minima della produzione. Se l'escalation portasse a interruzioni dell'approvvigionamento in Iran o Iraq (scenario che comunque per ora non prevediamo) potrebbero esserci delle ripercussioni significative. Nonostante le sanzioni statunitensi, l'Iran produce ancora più di 2 milioni di barili di petrolio al giorno, l’Iraq circa 4,7 milioni di barili al giorno e non c'è abbastanza capacità di riserva globale per sostituirlo”.

“Lo scenario estremo – conclude Zaffiro Puopolo - è una diffusione del conflitto nel più ampio Medio Oriente. Ciò potrebbe assumere la forma di un'interruzione dei flussi di greggio nel Golfo o di attacchi agli impianti petroliferi nella regione simili a quelli osservati lo scorso settembre. A rischio sono oltre 20 milioni di barili di produzione giornaliera di petrolio (circa il 20% della fornitura mondiale). Probabilmente non è nell'interesse di nessuno che le tensioni raggiungano tali livelli, ma i numeri danno un’idea del potenziale impatto che potremmo avere in caso di un’interruzione dei flussi dallo stretto di Hormuz”.

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