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Outlook 2020, puntare ancora sui titoli di Stato emergenti

12/17/2019 | Daniele Riosa

Ramenghi (UBS): “L’elevata diversificazione dell’indice attenua significativamente eventuali eventi negativi a fronte di rendimenti vicini al 5% in dollari”


“Nel 2019 le obbligazioni emergenti in valuta forte hanno realizzato ritorni di circa il 12% in aggregato (indice EMBIG in dollari). La performance di quest’anno può essere attribuita alla combinazione del calo dei tassi d’interesse negli Stati Uniti e della riduzione degli spread tra emergenti ed economie avanzate”. Per Matteo Ramenghi, chief investment officer UBS WM Italy, “forse il 2020 non sarà altrettanto generoso: i tassi americani sono già scesi abbondantemente e difficilmente ci saranno cali significativi nei prossimi mesi se l’economia americana, come pensiamo, non soffrirà battute d’arresto. Considerazioni simili valgono per gli spread, che ci aspettiamo rimangano intorno ai livelli attuali”.

D’altra parte, “l’elevata diversificazione dell’indice dei titoli di Stato emergenti attenua significativamente eventuali eventi negativi a fronte di rendimenti vicini al 5% in dollari, caratteristiche che collocano queste obbligazioni tra le opportunità più interessanti del momento nell’ambito del reddito fisso”.

“Il profilo di rischio dei titoli di Stato emergenti – rileva l’esperto - è migliorato nel corso degli ultimi anni. Gran parte delle emissioni è ormai denominata in valuta locale, riducendo quindi i rischi sistemici emersi negli anni ’90 per via dell’eccessiva esposizione al dollaro. Anche la composizione degli indici è mutata in meglio: nel corso del 2019 si sono registrate emissioni importanti di Paesi con bilanci pubblici robusti, come il Consiglio di cooperazione del Golfo, che comprende i principali Paesi produttori di petrolio del Golfo Persico a eccezione dell’Iran. Le agenzie di rating confermano questo quadro positivo segnalando un deterioramento del merito creditizio solo per pochi Paesi come Colombia, Messico, Sudafrica, Turchia e Uruguay”.

“Questi investimenti – prosegue - sono condizionati direttamente dalle tensioni tra Stati Uniti e Cina e una soluzione delle controversie sarebbe positiva per i mercati globali e ancor più per gli emergenti. Al di là di accordi tattici, ci aspettiamo però che la rivalità tra queste due potenze continui a tenere banco nei prossimi anni”.  

“Per contro, un inasprimento delle tensioni porterebbe probabilmente la Federal Reserve a contemplare politiche monetarie più accomodanti, attenuando l’impatto negativo di nuovi dazi”, conclude Ramenghi”.

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