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5/28/2018 | Greta Bisello
Il settore energetico ha registrato un rally nel mese di aprile, favorito dall’aumento dei prezzi del petrolio sopra i $70 al barile per la prima volta dal 2014. Questa è stata una buona notizia per noi, che dall'inizio dell'anno abbiamo assunto una posizione più favorevole verso il settore. E i prezzi hanno continuato a salire, superando la soglia degli $80 al barile negli ultimi giorni.
Secondo l'analisi di James Sym, fund manager, european equities, Schroders non si può tuttavia affermare di avere letto dell’aumento del prezzo del greggio in una sfera di cristallo. Piuttosto, il nostro ottimismo si è basato su una serie di diversi fattori.
Innanzitutto, la domanda mondiale di energia è ancora in aumento e il petrolio sarà indispensabile per soddisfarla. L'ultimo World Energy Outlook della International Energy Agency prevede un'espansione del 30% nel fabbisogno energetico globale tra il 2016 e il 2040, dato che la ripresa della domanda proveniente dai Mercati Emergenti dovrebbe di gran lunga compensare il calo atteso nelle economie avanzate.
Si potrebbe sostenere che la crescita delle energie rinnovabili raccoglierà parte di tale carenza di offerta, ma il divario di consumo tra le energie rinnovabili e il petrolio resta ancora notevole. Quest’ultimo è in calo come percentuale complessiva della quota del mercato energetico; tuttavia, guardando al consumo di energia primaria per il carburante, il greggio risulta ancora in aumento. Pertanto, il ruolo di lungo periodo del petrolio nel mercato energetico non andrebbe affatto sottovalutato.
Nel frattempo, prosegue l'esperto, l'offerta sembra destinata a restringersi dopo anni di investimenti insufficienti da parte delle compagnie petrolifere. I prezzi del petrolio sono rimbalzati rapidamente dopo la crisi finanziaria globale del 2008-09, trattando nel range compreso tra i 90 e 120 dollari al barile per diversi anni. Ma con l’aumento della produzione statunitense, in particolare quella di scisto, i prezzi sono scesi sotto i 30 dollari al barile nel 2014.
Con i prezzi in calo e un apparente eccesso di offerta da parte degli Stati Uniti, molte compagnie petrolifere hanno ridotto le loro spese in conto capitale, cioè i soldi spesi per trovare e sviluppare nuovi giacimenti petroliferi. Il risultato è che adesso c’è una divergenza tra la quantità di petrolio di cui siamo a conoscenza e quella che ci aspettiamo sarà necessaria.
In effetti, il 2017 è stato un anno record in negativo in quanto a volume di petrolio convenzionale scoperto, sceso su base media mensile a circa un quinto del livello raggiunto nel 2012. Con una nuova riduzione dell’offerta, i prezzi sembrano destinati a salire ulteriormente.
Un altro punto molto importante è che le valutazioni delle compagnie petrolifere sembrano a buon mercato.Quattro anni di calo dei prezzi del petrolio hanno pesato sul settore, soprattutto perché alcune aziende sono state costrette a tagliare i loro dividendi o a pagarli in azioni anziché in contanti. Il settore nel suo insieme non riscontra il pieno favore del mercato.
Tuttavia, le imprese che hanno proseguito con investimenti disciplinati durante la fase di recessione potrebbero trovarsi in una buona posizione, con la domanda ancora forte e i prezzi del petrolio ancora una volta in aumento.
In breve, le opportunità nel settore sia tra i produttori che tra i fornitori di servizi. Mentre la crescita globale potrebbe essere prossima al picco e i timori commerciali e geopolitici abbondano, il settore energetico è soggetto a un ciclo a sé stante, guidato dalle dinamiche della domanda e dell'offerta a lungo termine. Infine, si ritiene che i titoli petroliferi saranno tra i principali beneficiari del previsto ritorno dell’inflazione.
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