Tempo di lettura: 2min
2/26/2018 | Greta Bisello
Le elezioni italiane non preoccupano i mercati, contrariamente a quello che si credeva lo scorso anno. Infatti se una parte l'Italia continua a godere di un periodo di ripresa economica, dall'altra i venti euroscettici sembrano essersi placati.
Secondo l'analisi di Willem Verhagen, senior economist, macro & strategy di NN Investment Partners la ripresa congiunturale in Italia è trainata dalla domanda esterna e interna, con quest’ultima che beneficia di una forte dinamica di crescita dell'occupazione e degli investimenti (capex). In combinazione con le riforme strutturali del passato, ciò può migliorare in una certa misura la crescita potenziale. Tuttavia, il debito pubblico rimane un nodo centrale anche per il futuro e potrebbe portare ad austerità fiscale. Va però notato che la scadenza media del debito italiano è cresciuta negli ultimi anni e per questo motivo l'eventuale aumento dei rendimenti obbligazionari italiani si tradurrà solo gradualmente in un aumento del costo medio dei tassi di interesse sul debito. Inoltre si ritiene che la normalizzazione della politica della BCE sia molto graduale e che l'elevato stock di titoli italiani in bilancio contribuisca a evitare un eccessivo rialzo degli spread del paese.
Il cuore del problema rimane il basso tasso di crescita potenziale del PIL trainato da un basso tasso di crescita della produttività sottostante.
Il mercato del lavoro è ancora caratterizzato da una dicotomia tra contratti a tempo indeterminato e lavoratori flessibili, mentre il processo di contrattazione salariale è ancora centralizzato. Occorre inoltre affrontare le inefficienze della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario e liberalizzare i mercati dei servizi. Secondo l'esperto tali riforme sono necessarie per l'Italia al fine di imboccare una traiettoria di crescita più elevata che consentirà al paese di abbassare il debito pubblico attualmente al 132% del PIL. L'attuazione di queste riforme richiede tuttavia un governo forte e stabile che potrebbe non crearsi.
L’esito più probabile è un parlamento senza maggioranza. Secondo i sondaggi sarà la coalizione di centrodestra a vincere le elezioni. Le ultime rilevazioni indicano che circa il 35% dei voti andrà a loro. Il centro-sinistra si attesta attualmente al 29% e il Movimento 5 Stelle al 28%. Ciò significa che nessuno sarà in grado di formare un governo. Il risultato atteso è una "grande coalizione" instabile o uno stallo prolungato, che a tempo debito condurrà a nuove elezioni. Il principale punto controverso non sarà più l'adesione all'UE o all'euro, ma le prospettive di politica fiscale. Molti partiti chiedono più spazio per un allentamento fiscale, il che potrebbe portare a conflitti con la Commissione Europea e i paesi della zona euro. Tuttavia, si può immaginare un compromesso che preveda una via di mezzo tra maggiore flessibilità fiscale e maggiori sforzi di riforma strutturale.
Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione
Abbonati a prezzi speciali. La rivista sul tuo desk in ufficio
Scopri le categorie