Tempo di lettura: 1min
2/21/2018 | Greta Bisello
Il protezionismo di Donald Trump inizia a prendere forma concretamente, una delle poche promesse elettorali messe in atto. Un esempio, il 22 gennaio il presidente ha imposto costose tariffe sulle importazioni di pannelli solari (30%) e sulle lavatrici (20%), chiaramente colpendo la Cina.
Più in generale a risentirne saranno le economie emergenti. Il Messico ne è la dimostrazione, le esportazioni messicane verso gli USA rappresentano il 29,3% del PIL del paese.
Le conseguenze impatteranno maggiormente in quelle economie più invischiate nella catena del valore mondiale. Questo coinvolge tutti i beni che vanno avanti e indietro tra le nazioni durante il processo manifatturiero. Usando questa misura, Taiwan è all’apice, con il 67% delle sue esportazioni facenti parte della catena del valore. Sono prominenti altri paesi asiatici, seguiti di poco dai mercati emergenti europei. La Cina è nel mezzo, mentre l’America Latina sarebbe meno impattata.
Secondo Patrick Zweifel, chief economist di Pictet, è lecito ritenere che qusto tipo di politica proseguirà. Rispetto ad altre politiche economiche populiste come quelle sulle tasse o l’immigrazione che devono essere approvate dal Congresso, Trump ha più libertà di azione quando si parla di politica commerciale. Il Presidente ha il potere di imporre tariffe e quote sulle importazioni.
Data la preferenza di Trump per gli accordi bilaterali, Pictet ritiene che il Preisdente rinegozierà all'interno delle istituzioni esistenti e punterà all'aumento delle tariffe. In questo contesto, i mercati emergenti più a rischio sarebbero quelli le cui esportazioni verso gli US contano per la percentuale maggiore del PIL Messico, Vietnam e Hong Kong in particolare.
Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione
Abbonati a prezzi speciali. La rivista sul tuo desk in ufficio
Scopri le categorie