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11/14/2016 | Chen Zhao*
Continuamente, a partire dal cosiddetto “taper tantrum” del 2013, il conflitto tra le aspettative della Federal Reserve (Fed) e quelle dei mercati finanziari sul livello futuro atteso dei tassi di interesse e quindi anche sulle prospettive di crescita ha rappresentato un fattore fondamentale delle fasi di turbolenza dei mercati a cui abbiamo assistito con regolarità. Se si osserva il percorso dei cosiddetti “dot plots”, che rappresentano le proiezioni sul livello dei tassi di interesse futuri, così come formulate dai membri del Federal Open Market Committee (FOMC), ovvero il direttivo preposto alla definizione della politica monetaria della Federal Reserve, rispetto a quanto previsto invece dal mercato, la discordanza tra i due è evidente.
CHART 1
Dal momento che è difficile immaginare una prossima convergenza tra le due visioni, questa situazione continuerà a generare molta volatilità, sui mercati; comprenderne le cause può rappresentare un primo passo per interpretare le azioni della Fed e la conseguente risposta del mercato.
Da dove proviene questo contrasto tra le view formulate dall’autorità centrale americana ed i mercati? A nostro avviso le cause sono principalmente tre:
CHART 2
Una curva di Phillips meno ripida sta ad indicare che un’economia può crescere in maniera considerevole senza indurre un rialzo dell’inflazione, il che segnala che il potenziale di produzione dell’economia americana ha continuato ad aumentare grazie ad un insieme di fattori, fra cui la globalizzazione, un miglioramento dell’efficienza produttive ed innovazioni tecnologiche. La relazione espressa dalla curva di Phillips sembra essersi addirittura invertita a seguito della crisi finanziaria del 2008 e la perdita permanente di produttività che ne è conseguita ha trascinato al ribasso la crescita nominale di tutti i paesi a livello globale. Facendo riferimento alla vecchia versione della curva di Phillips, la Fed tenderà a correggere le proprie politiche monetarie espansive troppo presto, scatenando una reazione negativa e di resistenza da parte dei mercati.
CHART 3
Ad una riduzione del debito dei consumatori americani e degli investimenti in Cina si aggiunge una contrazione delle economie dell’Eurozona, indotta anche in questo caso dalla riduzione della domanda globale. Come risultato, i tassi di interesse sono scesi su livelli prossimi allo zero, anche gli scambi commerciali a livello globale si sono ridotti e l’inflazione si mantiene costantemente al di sotto dei target delle banche centrali in quasi tutto il mondo. Molte economie hanno dovuto far fronte ad una crescita del risparmio ed un eccesso di offerta. Tutte queste condizioni strutturali si oppongono ad una normalizzazione del livello dei tassi di interesse ed i mercati, consci di quella che è una situazione molto fragile, tendono a respingere l’ipotesi di un rialzo negli USA e nel resto del mondo.
CHART 4
Mentre non vi è dubbio alcuno che gli interventi delle autorità monetarie siano stati straordinariamente espansivi, sembra che non vi sia totale coscienza di quanto politiche fiscali non agevolanti incidano sul rallentamento della ripresa. A nostro avviso, anche questa contraddizione motiva l’avversione dei mercati finanziari nei confronti di una normalizzazione dei tassi di interesse da parte della Fed.
Le implicazioni per i mercati:
In conclusione:
Benché le tre cause di disconnessione descritte in precedenza potrebbero correggersi autonomamente, siamo piuttosto scettici sulle reali probabilità che ciò accada realmente. La Fed è rimasta fedele ai suoi modelli di reazione, in un momento in cui il conflitto tra le fasi del ciclo di mercato ed i trend secolari rendono ancora più complessa la gestione delle politiche monetarie. Se a ciò si aggiunge che un allentamento delle politiche fiscali rimane lontano dall’attuarsi nella maggior parte dei paesi occidentali, è bene che gli investitori siano preparati ad assistere, da qui in avanti, a fasi di volatilità associate al tentativo da parte della Fed di testare la recettività dei mercati ad una normalizzazione del livello dei tassi di riferimento.
*Chen Zhao, Co-Director della Ricerca Macro Globale di Brandywine (Gruppo Legg Mason)
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