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1/23/2015
Quale sarà l'impatto sul mercato e quale strategia di portafoglio consideriamo per il futuro? Andrew Bosomworth, managing director di PIMCO, prova a dare una risposta a questa domanda sulla decisione della BCE in merito al programma di quantitative easing (QE) e sulle implicazioni per i mercati e per gli investimenti.
Una generalizzazione delle esperienze di QE negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Giappone suggerisce che un simile programma è favorevole per gli asset rischiosi e per l'oro e sfavorevole per la duration e per il valore esterno della moneta che viene stampata. Sebbene il Giappone rappresenti un'eccezione sul fronte della duration, riteniamo che l'Eurozona evidenzierà dinamiche simili a quelle di altri paesi che hanno adottato il QE.
I titoli di Stato dei paesi periferici hanno registrato buone performance in passato, ma non vediamo particolari motivi per venderli. Con rendimenti del 2,7% sulle emissioni pubbliche italiane e spagnole a più lungo termine, il differenziale non è insignificante rispetto ad obbligazioni tedesche di pari scadenza. Ci aspettiamo che questi spread si riducano.
Continuiamo a ravvisare opportunità nelle obbligazioni societarie investment grade e high yield. Le azioni bancarie dell'Eurozona e le obbligazioni bancarie subordinate hanno sottoperformato i corrispondenti mercati dei titoli di Stato di recente, e gli interventi della BCE sembrano prefigurare la possibilità di un certo recupero.
Spostandoci più verso l'esterno di quelli che PIMCO chiama i cerchi concentrici dell'investimento, ossia verso asset class meno liquide e a più alto rischio, come gli investimenti immobiliari e il debito in sofferenza, anche in questo caso l'allentamento della politica monetaria dovrebbe avere un impatto positivo. Il team di analisti esperti di PIMCO dedicati al mercato immobiliare e al private equity sarà al lavoro nei prossimi mesi per individuare le opportunità in questi settori.
Riteniamo meno interessanti i bassi rendimenti dei titoli di Stato tedeschi e l'esposizione valutaria all'euro. L'aumento di 33 euro del prezzo di un'oncia d'oro alla chiusura delle contrattazioni di giovedì (22 gennaio) in Europa dimostra quel che può succedere quando l'offerta di un asset aumenta rispetto a quella di un altro. L'euro continuerà probabilmente a deprezzarsi.
Più in generale, dobbiamo considerare anche le ripercussioni globali delle decisioni della BCE. L'economia mondiale ha attraversato 35 anni di disinflazione sostanzialmente ininterrotta, culminata in una politica di tassi a zero e in un QE in tutti i principali mercati sviluppati. Sebbene si sia tornati ad assistere a fasi di espansione del ciclo economico negli Stati Uniti e nel Regno Unito, il notevole peso del rallentamento della crescita nel resto del mondo, soprattutto se si considerano anche la Cina e i mercati emergenti, e le dinamiche demografiche di invecchiamento della popolazione avranno implicazioni sui livelli fino ai quali la Federal Reserve e la Banca d'Inghilterra potranno normalizzare i propri tassi ufficiali.
I mercati continuano a credere nella capacità delle banche centrali di orchestrare scenari economicamente desiderabili. Se questa convinzione dovesse essere messa in dubbio, e le banche centrali gettassero la spugna come ha fatto la Banca nazionale svizzera, la disinflazione potrebbe trasformarsi in deflazione da debito. Per il momento almeno, la BCE soffierà sui carboni del fuoco reflazionista.
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