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3/4/2014 | Alessandro Chiatto
La situazione in Ucraina continua a tenere banco per le sue ripercussioni non solo geo-politiche, ma anche economico-finanziarie. Donatella Principe, responsabile institutional business di Schroders Italia, spiega quali potranno essere i possibili scenari e quali potrebbero essere le reazioni dei mercati finanziari.
"Più gravi delle armi della diplomazia sarebbero per la Russa le ripercussioni economiche di un’azione dell’Occidente, che potrebbero mettere a rischio anche l’accesso alla WTO. Sul fronte finanziario è già possibile misurare il costo di questa operazione politico-militare. La fuga di capitali dalla Russia, già sperimentata in modo drammatico negli scorsi anni, è ripartita; e potrebbe subire ulteriori accelerazioni. In un tentativo di frenare la caduta del rublo, la Banca Centrale dovrebbe continuare a dar fondo alle proprie riserve monetarie, tanto più intensamente quanto forte sarà la scommessa del mercato nel testare la sua risoluzione; ma dovrà agire simultaneamente sul fronte dei tassi d’interesse; come ha già iniziato a fare. Ovviamente le ripercussioni sulla crescita economica russa saranno negative e ulteriormente aggravate da una progressiva riduzione dei già bassi investimenti diretti esteri".
"Le ricadute negative non sarebbero certo limitate solo alla Russia, né come economia né come mercato. Il canale principale di trasmissione globale della crisi sul fronte economico per l’occidente sarebbe attraverso il costo delle materie prime; mentre sul fronte delle borse è misurabile in una crescita della volatilità, dell’avversione al rischio e del premio per il rischio geo-politico. Il prezzo del petrolio ha già chiuso 9 mesi in rialzo, un risultato che non si verificava da 6 anni; e le tensioni rischiano di farne ancora lievitare le quotazioni. Bisogna inoltre tenere conto del contesto nel quale s’inserisce la tensione sui prezzi energetici indotta dalla crisi ucraina. Nelle ultime 6 settimane l’America è stata vittima di avverse condizioni meteo a causa del vortice polare, che hanno fatto impennare la domanda di gas e portato le scorte del 20% al di sotto del livello dello stesso periodo dello scorso anno. Inoltre già prima di questi eventi la domanda di greggio su base globale era in crescita: dell’1,6% nei paesi non-OCSE, dell’1% in quelli OCSE con un picco del +3,6% negli Usa. Se si verificasse lo scenario peggiore e venissero meno anche temporaneamente le forniture russe, le ripercussioni sui prezzi delle materie prime energetiche sarebbero elevate. In un momento in cui la crescita economica globale resta ancora fragile una salita del costo delle materie prime si tradurrebbe in “cattiva” inflazione. La connessa riduzione del potere d’acquisto colpirebbe in modo particolarmente duro le economie più fragili, come quelle periferiche europee, che stavano sperimentando i primi deboli segnali di ripresa. Se fino a ieri i timori nel Vecchio Continente erano di deflazione, il rischio reale diventerebbe invece quello di una stagflazione".
"Sul fronte dei mercati finanziari a fare le spese della situazione attuale sarebbero i paesi maggiormente legati all’importazione di materie prime: ecco perché non è da escludere una pressione diplomatica forte da parte della Cina se la situazione non dovesse stabilizzarsi a breve. Inoltre sarebbero penalizzati i paesi dell’Est Europa, a partire dalle loro valute. Il ruolo dell’Ucraina come esportatore di grano rischia d’impattare anche il segmento alimentare e di penalizzare ulteriormente un’economia come l’India, già sotto stress sul fonte dell’importazione energetica. Se però la crisi ucraina dovesse risolversi in tempi brevi e in modi ragionevoli, allora questa tensione, con la connessa ricerca di safe haven, si rivelerebbe una valida occasione d’acquisto sui risky assets, azionario in testa. Paradossalmente, con la sola esclusione del rublo, le stesse obbligazioni e la borsa russa potrebbero tornare a essere prese in considerazione: il primo perché sostenuto da alcuni tra i più solidi fondamentali del debito, con l’allargamento dello spread che tornerebbe a pagare il rischio; e la seconda perché fortemente soggetta a spinte al rialzo quando la valuta è in fase di deprezzamento".
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