L'interrogativo è da mal di mare: data l'incertezza dello scenario globale, i mercati emergenti sapranno trarre beneficio dai "positivi sforzi tecnici e fondamentali" in atto oppure, il 2013, segnerà per sempre il crollo degli emerging markets? E con quali strumenti può un consulente finanziario (ex-promotore finanziario), spiegare linearmente, ai propri clienti, dinamiche e trend dei mercati emergenti, se questi continuano ad oscillare tra "capacità di recupero" e "volatilità sui mercati"? Robert Abad (western asset portfolio manager) non demorde e prosegue il sentiero intrapreso un mese fa. 

 

Quando gli si chiede se la crisi economica abbia davvero fiaccato la qualità dei cosiddetti EM, Abad risponde a tono: "Non prevediamo eventi, nell'orizzonte immediato, in grado di condurre i mercati all'arretramento. Durante le crisi passate, e soltanto al primo passo falso, ci è capitato di notare una vera e propria fuga dei fondi dal debito accumulato nei mercati emergenti. Gli investitori erano attratti da asset class con un profilo di rischio pari a zero. Quello che abbiamo potuto osservare, nell'ultimo periodo, è un continuo oscillare tra EM dove i fondi abbandonano i maggiori settori beta come l'azionario e il mercato valutario, per migrare invece nei più bassi settori beta", in particolare debito sovrano in valuta estera, obbligazioni societarie e valute. 
 

 

In un momento storico in cui diversi paesi emergenti auspicano ad una crescita nel lungo termine, l'ipotesi è che alcuni di questi, di qui a poco, cresceranno con molta più rapidità rispetto alle economie sviluppate, sempre più sottoposte ai downgrade (tagli di rating) di agenzie come Standard & Poor's. "I mercati emergenti - ed è questo che un consulente finanziario (ex-promotore finanziario) dovrebbe comprendere - sono forse stati i soli mercati al mondo ad aver segnato un cambiamento strutturale e dinamico all'interno dell'economia globale, sono stati capaci di marcare uno 'structural break', una sorta di rottura strutturale con tutto il post crisi finanziaria, dal 2008 ad oggi. Gli investitori debbono tener conto di questo e riconoscere che, nonostante il saliscendi del mercato, l'esposizione degli emergenti non tiene conto di un'omogenea strategia buy-&-hold". Ci sono alcuni paesi con fondamentali solidi che staccano di netto, per qualità, altri territori, altre economie. 
 

 

E' sempre più necessario smarcarsi dal "solito" paradiso azionario (tanto privilegiato dagli investitori) e ricordare che ogni asset class incorpora, oggigiorno, una dose di rischio ed una di rendimento. Senza contare il permanere della volatilità, più alta nei mercati emergenti. L'euforia per la recente ripresa, conclude Abad, può essere giustificata, vedi gli upgrade di Turchia, Filippine, Indonesia e Corea del Sud. Certo, nessun investitore deve cedere al tranello e credere che i mercati emergenti non fronteggino alcun rischio interno o che il loro cordone sia indipendente dalla crisi bancaria dell'Eurozona. Rischi ve ne sono e continueranno a palesarsi nel corso del 2013. "Eppure - dichiara Abad - resta importante la biforcazione tra segmenti 'investment-grade-rated' e 'high-yield-rated', una biforcazione che rappresenta la naturale evoluzione dei mercati obbligazionari in crescita. Per ora, comunque, meglio giocare con una tattica di esposizione in valuta locale ai titoli obbligazionari dei mercati emergenti".