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7/24/2012 | Roberto Abate
La cosa più difficile, soprattutto in periodi di alta volatilità sui mercati, è convincere i clienti non solo a investire in alcuni asset, ma anche a trattenere i loro investimenti in portafoglio. La tentazione, con lo spauracchio di veder i propri risparmi andati in fumo (spesso ingiustificata), è quella di vendere, vendere e vendere.
E, purtroppo, è normale che sia così. Non perché l'essere umano sia un animale irrazionale. Anzi, un recente studio pubblicato sul Journal of Neuroscience e portato avanti da un team di ricercatori americani del California Institute of Technology, della New York University e della University of Iowa, ha scoperto che gran parte delle nostre decisioni sul futuro si basano sulle esperienze più recenti che abbiamo vissuto.
Colpa, dicono i ricercatori, della corteccia fronte - polare, un'area del cervello considerata critica per la memoria, l'esplorazione di nuovi ambienti e le decisioni che riguardano l'immediato futuro. Il team di studiosi, infatti, ha notato durante una serie di esperimenti che le persone con la corteccia fronte - polare danneggiata, poste di fronte a quattro slot machine, basavano le loro decisioni in base a una serie storica di risultati, mentre quelle con la corteccia sana si basavano soltanto sugli ultimi due risultati.
Trasposto sul piano dell'industria del gestito, significa che spesso a far cambiare idea a un investitore non è la serie storica del rendimento di un fondo, ma le performance più recenti. Del resto, come ha fatto notare Jason Zweig sul Wall Street Journal, tra i migliori fondi comuni di investimento alla fine del 2009, solo il 49% è rimasto nella metà superiore nel 2010; e l'anno seguente il 24% sono stati lasciati dagli investitori.
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