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Consulenti finanziari (ex-promotori finanziari), le difficili domande dei clienti

6/5/2012 | Carlo Benetti*

Viviamo un tempo complesso, come nel libro di Calvino le storie si intrecciano, i dati economici peggiorano, l’Europa sembra destinata alla marginalità economica ma non se ne cura, i banchieri centrali esortano, la politica latita


 

“Se una notte d’inverno un viaggiatore” è il titolo di un libro di Calvino dove il protagonista è il lettore che per dieci volte inizia a leggere l’inizio di una storia diversa. Suo malgrado il lettore non riesce a terminare nessuna delle storie che inizia, incalzato ad ogni capitolo dall’inizio di una nuova e diversa storia.
 
Nel mio caso non era notte né inverno ma il tardo pomeriggio di pochi giorni fa, non era un viaggiatore ma un Consulente Finanziario, e non eravamo sulle pagine di Calvino ma davanti a un paio di birre. La conversazione si sviluppava però a balzi e riprese come il libro, ad ogni svolta un argomento diverso, un diverso problema, una domanda priva di risposta semplice.
 
Come nel libro di Calvino, i capitoli delle recenti vicende economiche sembrano ciascuno l’inizio di una storia diversa. In principio era il debito privato, indebitarsi costava poco perché le banche centrali favorivano investimenti e consumi per sostenere in questo modo il ciclo economico. Il debito è stato per decenni il motore della crescita.
 
Poi fu il 2008. La crisi di fiducia e di liquidità sollecitò l’intervento dei governi. Quell’enorme cumulo di debito privato, concentrato soprattutto nelle istituzioni finanziarie, si trasformò in debito pubblico, i governi si adoperarono per salvare le banche e salvare con esse la tenuta dell’intero sistema.
 
Anche le banche centrali furono naturalmente protagoniste del salvataggio: Bernanke aveva parlato di elicotteri dai quali buttare denaro a sostegno dell’economia e così fece, inondando il sistema di liquidità ricorrendo a misure non convenzionali ribattezzate “Quantitative Easing”.
 
I dati negativi sull’occupazione americana rilasciati venerdì scorso, appena 69.000 nuovi posti di lavoro in maggio contro i 165.000 previsti, hanno ridato forza alle attese di una terza manovra straordinaria di allentamento monetario, il “Quantitative Easing 3” o più sbrigativamente QE3.
 
Una volta messo in sicurezza il sistema finanziario la storia sembrava orientarsi nel verso giusto ed invece iniziava il nuovo capitolo dell’allarme dei debiti pubblici eccessivi, e poco importava che quegli eccessi fossero recenti, generati da governi quasi obbligati a rilevare le passività delle banche pena la paralisi del sistema.
 
Gran parte del debito sovrano è stata sottoscritta dalle banche: ne è derivato un circolo vizioso di governi indeboliti e banche deboli perché di quei governi hanno sottoscritto i titoli!
Il nuovo capitolo di questa stramba storia è Bankia, una delle principali banche spagnole nata dalla fusione di sette casse di risparmio. La necessità di ricapitalizzazione della banca ha riportato all’attenzione i volumi complessivi dell’esposizione del sistema finanziario spagnolo alla bolla immobiliare, stimati attorno a 320 miliardi di Euro.
 
L’Italia non è più nella lista di Paesi destinatari di possibili salvataggi europei, e questa è la buona notizia, ciò nonostante il nostro sistema finanziario è esposto alle sorti del nostro debito pubblico, avendo impiegato gran parte della liquidità straordinaria fornita al sistema dalla Banca Centrale per acquistare titoli pubblici. Le tensioni sul differenziale di rendimento hanno immediata risonanza sulla stabilità delle banche.
 
La parola di questi giorni, mi dice avvilito l’amico Consulente, è “contagio”: come nel libro di Calvino, ogni capitolo fa storia a sé ma tutti i capitoli sono compresi nella grande cornice della crisi epocale che presagisce il destino di marginalità economica dell’Europa. Le ricette di austerità fiscale non hanno funzionato: l’Europa è stretta nella diade crisi politica e crisi finanziaria. Non ha funzionato l’idea che prima ciascuno metta ordine a casa propria, poi si darà seguito a processi di maggiore convergenza economica. Non ci sarà nessuna convergenza con un Euro privo del sostegno di una condivisa volontà politica, a rischio esso stesso di sopravvivenza.
 
Anzi, è proprio la differenza di linguaggio tra i leader europei a dettare i ritmi delle giornate di borsa, dove il dramma si alterna all’euforia in base al termometro delle dichiarazioni politiche.
Pochi giorni fa le esortazioni delle autorità monetarie hanno dato inizio ad un nuovo capitolo.
Mario Draghi ha auspicato una maggiore integrazione bancaria come importante baluardo alla crisi di fiducia. Ha lo sguardo lungo Draghi mentre invita i leader europei ad immaginare il destino dell’Unione Europea a dieci anni.
 
Lo stesso sguardo lungo di Tommaso Padoa Schioppa di cui il Governatore Visco nelle Considerazioni Finali ha ricordato le parole: “L'insidia è di credere che l'euro sia l'ultimo passo, che l'Europa unita sia ormai cosa fatta. Chi più fortemente volle la moneta unica, la volle perché aiutasse a compiere altri passi, non perché fosse l'ultimo".
 
Aggiunge il Governatore: "Se si guardasse all'area dell'euro come a un'entità unitaria, nella forma ad esempio di uno Stato federale, non emergerebbero allarmi sulla tenuta del suo impianto monetario e finanziario, pur nella preoccupazione per le ripercussioni della crisi su ciclo economico, intermediari e mercati …L’economia dell’area dell’euro è da tempo integrata; comprende oltre 300 milioni di cittadini, quasi 20 milioni di imprese. Considerata nel suo insieme ha conti con l’estero bilanciati; un disavanzo e un debito del settore pubblico previsti quest’anno poco sopra, rispettivamente, il 3 e il 90 per cento del PIL; famiglie con una ricchezza finanziaria lorda che è 3 volte il loro reddito disponibile annuo e un indebitamento pari al reddito; un debito finanziario aggregato delle imprese pari al prodotto di un anno. Sono dati che configurano un’economia solida ed equilibrata, per molti aspetti più di altre aree avanzate del mondo”.
 
Più avanti Visco annota che “inerzia politica, inosservanza delle regole e scelte economiche errate hanno favorito l’emergere di squilibri interni … che rischiano oggi di mettere a repentaglio l’intera costruzione. Si avverte la mancanza di fondamentali caratteristiche di una federazione di Stati: processi decisionali che favoriscano l’adozione di politiche lungimiranti nell’interesse generale, risorse pubbliche comuni per la stabilità finanziaria e per la crescita, regole davvero condivise e azioni concordate e tempestive sul sistema finanziario e sulle banche”.
 
“Cosa dico ai miei Clienti? E, soprattutto, cosa faccio?”, mi chiede l’amico. Questo è un capitolo destinato a restare incompiuto, la tentazione è di rispondere che tutto si appianerà, che la politica riprenderà slancio ideale e che saprà vincere l’attuale afasìa. Eppure si deve pur fare qualcosa per difendere i portafogli, e allora ragioniamo di strategie “absolute return” e di “alpha”, d’accordo entrambi che questo è tempo dei gestori professionali. Che siano loro gestire il timing, che siano loro a riconoscere il momentum di economie emergenti, emissioni societarie o emissioni ad alto rendimento, siano loro a muoversi nel ciclo del credito e sfruttare la volatilità, a sua volta classe di attivo e non solo epifenomeno del disagio. C’è da approfittare dei trend pluri-decennali da affiancare alla parte “core” del portafoglio alimentata da strategie a ritorno assoluto, il lusso (i nuovi consumatori asiatici e sud americani), l’health care (in Europa e Stati Uniti la popolazione invecchia), le infrastrutture e le materie prime di cui le economie emergenti hanno eccezionale bisogno. Certamente si tratta di temi di lungo periodo, ma la scelta è tra restare in balia delle correnti di superficie, nel moto burrascoso delle borse e degli spread, o tentare di immergersi verso le correnti di profondità, quelle che governano la lenta trasformazione dell’equilibrio economico globale.
 
Una storia diversa è possibile, per non restare intrappolati come il lettore di Calvino in frammenti di storie incomplete, ed è una storia fatta di sguardi lunghi, di pazienza, di comprensione profonda del cambiamento globale.
 
*Market Research & Business Innovation di Swiss&Global Asset Management SGR

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