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1/18/2024 | Daniele Barzaghi
I missili antinave lanciati nel mar Rosso dai miliziani Houthi contro le grandi portacontainer e petroliere internazionali in risposta agli eccidi a Gaza e i conseguenti bombardamenti delle loro postazioni in Yemen operati da Stati Uniti e Regno Unito hanno rammentato al mondo la fragilità del sistema commerciale mondiale e la rilevanza di pochi stretti di mare.
L’Italia, esportatore anche di prodotti freschi, è uno dei Paesi che potrebbe più risentire di un’eventuale scelta temporanea da parte dei grandi operatori di evitare il golfo di Aden a favore della circumnavigazione dell’Africa, ma non è mai stato tra i principali attori del commercio internazionale.
L’attore egemone oggi è la Cina, intestataria del 14,8% della navigazione commerciale, seguita da Stati Uniti (8,5%), Germania (6,8%), Giappone (3,1%) e Regno Unito (2,2%): i primi cinque Paesi in questa classifica guidano pertanto il 55,4% del mercato secondo i dati forniti dal Peterson Institute for International Economics; e si capisce pertanto la celerità di Usa e Uk nell’intervenire in Yemen.
Come si sa nell’Ottocento era l’impero britannico a primeggiare almeno fino al 1870, quando il suo primato del 24,3% iniziò ad essere minacciato dall’unificazione della Germania (allora Prussia) al 13,4%. E le posizioni si avvicinarono al punto che alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, nel 1913, il Regno Unito era al 18,5% e la Germania al 18%; con ambizioni di sorpasso.
Sorpasso che in effetti avvenne e, nonostante la sconfitta in guerra, la Germania era ormai leader con il 13,3% dei commerci in un anno fatidico per la finanza internazionale come il 1929, superando il Regno Unito, al 12,2%.
Allora gli Stati Uniti erano in terza posizione all’11,5% ma al finire della Seconda Guerra Mondiale, nel 1948, un nuovo ordine mondiale si imponeva e Washington toccò il picco del 21,6% del commercio marittimo mondiale.
Un primato insidiato soltanto dalla Germania in due momenti fatidici come il 1973 (11,5% contro 10,3%) e nel 1990 (12% contro 11,3%).
Dal 2000 in poi i due contendenti hanno ceduto il passo alla Cina che dal 3% del 2000 è cresciuta verticalmente, fino al già menzionato 14,8% attuale.
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