Dodici anni andati in fumo. Il grafico della raccolta dei fondi comuni aperti italiani nell'ultimo decennio è una curva che scende costantemente verso il basso. La frenata delle SGR italiane non dipende, infatti, solo dalle più recenti vicende della finanza mondiale, dal crac Lehman alla crisi debitoria dei paesi periferici della Ue.

Gli inizi del declino sono antecedenti. Basta dare un’occhiata alle elaborazioni del recente studio di Mediobanca sull’industria dei fondi comuni aperti italiani e sicav dal 1984 al 2011 (leggi qui i risultati dello studio), che considera 447 fondi amministrati dalle prime 25 società di gestione. Ebbene sul fronte della raccolta, dopo l’impennata del quadriennio 1996- 1999, quando superò i 300 miliardi di euro, con il picco di oltre 144 miliardi raggiunto nel 1998, il comparto ha messo a segno dal 2000 in poi ben undici segni meno, fatta eccezione per 2003, quando le SGR italiane portarono a casa appena 4,4 miliardi di euro.

Un trend che nel periodo 2000 - 2011 ha portato il flusso in uscita dai fondi italiani a circa 292 miliardi di euro, al netto della raccolta positiva del 2003, una cifra inferiore di soli 8 miliardi rispetto a quanto raccolto a fine anni ’90. Certo gli anni della crisi del 2007 - 2008 si sono fatti sentire: nel biennio della crisi dei subprime dai fondi italiani se ne sono andati circa 100 miliardi, mentre negli ultimi due anni oltre 50. Ma le cause forse sono da ricercare all'interno dell'industria italiana del gestito, che fa fatica a resistere alla concorrenza estera sul lato della creazione dei prodotti. Così il patrimonio in gestione dalle SGR italiane è passato dai 439 miliardi del 1999 ai 123 miliardi dello scorso anno: si tratta di un calo del 72%.