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5/10/2018 | Redazione Advisor
"Resta impregiudicata la natura assicurativa delle polizze unit linked e non sarebbe potuto essere diversamente posto che tale elemento è stabilito dal legislatore europeo e nazionale. La Cassazione non tocca neppure incidentalmente i temi correlati della valenza della polizza a fini successori, né tantomeno quelli riconnessi alla impignorabilità ed insequestrabilità delle somme conferite nel premio assicurativo e quindi della tenuta della polizza ai sensi dell'art. 1923 c.c."
Ad affermarlo è l'Associazione Italiana Private Banking (AIPB) che interviene nel dibattito aperto dalla Corte di Cassazione n. 10333 del 30 aprile scorso in merito ad una polizza unit linked sottoscritta a fine 2006. Per capire la reale portata dell'ordinanza, secondo AIPB, è "necessaria un'attenta lettura del suo testo integrale e un inquadramento storico rispetto ai fatti di causa all'interno della normativa applicabile secondo il principio del tempus regit actum".
In particolare, ricorda AIPB in una nota stampa, "la questione concerne una polizza unit linked sottoscritta a fine 2006. A quella data era già in entrata in vigore in Italia la Legge Risparmio (l. n. 262/2005) ed era in dirittura d'arrivo il cd. Decreto Pinza (28 dicembre 2006, n. 303), che hanno riformato il testo unico della finanza riconoscendo per legge la natura finanziaria delle polizze vita appartenenti al ramo III, come le unit linked e le index linked. È di assoluta evidenza che questo intervento normativo, primo in Europa, ed apripista di un trend che ha poi portato all'emanazione della IDD, nell’assoggettare tali tipologia di polizze alla disciplina propria delle norme sull’offerta e collocamento dei prodotti finanziari espandendo l'applicazione delle regole di condotta previste dal TUF, non ha mai disdetto la loro natura di polizze assicurative, che, quindi, rimanevano e rimangono per ogni diverso ed ulteriore aspetto disciplinate dal Codice delle Assicurazioni Private".
L'affermazione che ha creato tanto trambusto, secondo cui, mancando la garanzia della conservazione del capitale alla scadenza e dunque la natura assicurativa del prodotto, il prodotto oggetto dell'intermediazione doveva essere considerato un vero e proprio investimento finanziario, non è svolta dalla Cassazione nella parte dispositiva e motiva, ma nella descrizione dei motivi del ricorso ed è meramente riproduttiva, peraltro in modo parziale, del dispositivo della Corte d'Appello di Milano. "Ma, in ogni caso, tale decisione è priva di contenuto innovativo in quanto applicativa di una riqualificazione già operata" spiega AIPB, "come si è detto, dal legislatore e ancor meno innovativa se solo si considera che la recente direttiva comunitaria sulla distribuzione assicurativa, IDD, inserisce nella categoria dei prodotti assicurativi di investimento anche le polizze vita ramo I, salvo quelle che in cui le prestazioni previste dal contratto siano dovute soltanto in caso di decesso o per incapacità dovuta a lesione, malattia o disabilità".
Nel concreto, quindi, l'ordinanza della Suprema Corte "non esprime principi di diritto se non quello secondo cui se l'investimento è operato dal cliente per mezzo di una società fiduciaria, che si renda intestataria per suo conto della polizza, il soggetto rilevante ai fini del rispetto delle regole di condotta previste dal TUF è il cliente finale e non la società fiduciaria. Principio importante, ma che non fa altro che confermare un indirizzo interpretativo pacifico e consolidato che si è formato a partire dalla nota comunicazione Consob del 1998 in tema di interposizione nella sottoscrizione di contratti aventi ad oggetto servizi di gestione patrimoniale personalizzata" conclude l'associazione.
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