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6/19/2024 | Francesco D'Arco
Simone Taddei (in foto), direttore commerciale di Credem Euromobiliare Private Banking, quando ripensa all’ultimo anno, si dichiara soddisfatto perché sono riusciti a unire due anime di Credem generando una realtà che oggi può contare su una struttura e un modello di servizio in grado di far emergere meglio, agli occhi del cliente, la distintività della private bank del gruppo.
Ma è necessario, guardando al futuro, lavorare anche con i clienti che, da un lato, devono essere formati per acquisire maggiore consapevolezza del valore di un servizio di consulenza patrimoniale, dall’altro devono essere messi in condizione di riscoprire la qualità della relazione umana.
Per questo, secondo Taddei è sì importante lavorare sulla digitalizzazione e sull’innovazione tecnologica, ma è altrettanto fondamentale riscoprire il territorio, le filiali, come luogo della relazione, che trova nell’incontro e nel confronto con il proprio banker di riferimento la sua massima espressione.
L’industria si sta rivolgendo con forza alla clientela wealth. E tante sono le famiglie non servite. Su quali fattori Credem Euromobiliare Private Banking può spingere per distinguersi agli occhi di questa clientela?
Il più grande vantaggio competitivo che possiamo mettere sul campo è il binomio tra l’essere una azienda molto specializzata e l’appartenenza ad un grande gruppo. Un gruppo solido, nato all’inizio del secolo scorso dall’iniziativa di famiglie imprenditoriali del territorio reggiano. Il fatto di non essere una banca tradizionale ci distingue dal resto del mercato: essere una banca di imprenditori con una visione differente ci permette di avere un’ottica di lungo periodo che molti non riescono ad avere. L’origine “imprenditoriale” della banca si ripercuote nell’assenza di stress da obiettivi di brevissimo termine.
Se a questi elementi aggiungiamo il fatto che Credem si è confermato essere il gruppo bancario più solido in Italia e in Europa nel 2023, come emerso dalle classifiche BCE, è evidente che la clientela ha di fronte un partner di elevata qualità. In più, un cliente di Credem Euromobiliare Private Banking può fare affidamento su un ecosistema costituito di competenze, trasversale a tutte le società del Gruppo, in grado di assolvere i bisogni a 360 gradii.
In termini di servizi alla clientela tutto questo come si traduce?
Si traduce in un approccio innovativo che vede la nostra azienda evolvere il proprio modello di servizio, diventando sempre di più una realtà capace di ascoltare i propri clienti e di capirne i reali bisogni. La forza principale per un private banker o consulente finanziario che lavora nella nostra realtà è data dalla possibilità di collaborare con tutte le società del Gruppo e di essere supportato dai diversi professionisti delle strutture centrali, affinché possa trovare tutte le risposte necessarie ai bisogni della sua clientela, in modo omogeneo secondo le differenti tipologie di servizio.
Tutto questo quali impatti ha, concretamente, sull’attività del singolo banker?
Sicuramente la possibilità di essere affiancati nella propria attività di consulenza da un ecosistema di competenze interne, e di partnership esterne, oltre al fatto di poter contare su supporti tecnologici di qualità, come ad esempio la nostra recentissima piattaforma di consulenza evoluta. rappresenta un forte vantaggio per i nostri banker che possono così liberarsi della parte più operativa o tecnica del proprio mestiere, per concentrarsi maggiormente sulla cura della relazione e l’ascolto del cliente. Per questo nel nostro primo anno di vita abbiamo investito moltissimo per potenziare i nostri team, e il nostro organico, mettendo a disposizione dei banker una serie di figure di supporto differenti che, come abbiamo detto, rendono più fluidi i processi e favoriscano le sinergie e il raccordo tra i diversi attori coinvolti.
Di quali figure parliamo?
Penso innanzitutto ai Top Client Specialist, figure di supporto per tutti gli approfondimenti in ambito finanziario e patrimoniale che aiutano il banker nella strategia di allocazione. Poi penso ai District Leader, figure addette a risolvere i problemi del banker, ovvero persone di riferimento che si occupano di collaborare con la Direzione commerciale per il raggiungimento degli obiettivi aziendali e nelle attività commerciali in sinergia con Capogruppo e società collegate; loro sono la cerniera di collegamento fra i bisogni manifestati dai clienti e le risposte che il nostro gruppo può dare. E una terza figura fondamentale sono gli AOC, ovvero figure di riferimento che affiancano il banker per dare al cliente tutte le risposte che necessità, per quel che sono i prodotti base e la gestione delle necessità operative del quotidiano.
Viviamo però un periodo storico caratterizzata da tante sfide complesse. Una di queste, per l’industria, riguarda la necessità di avvicinare i clienti di “nuova generazione”. Questo approccio e questa struttura descritta sono sufficienti per raggiungere questo target?
C’è sicuramente un tema generazionale importante, che si inserisce prima nella testa del nostro banker. Noi lo affrontiamo in varie direzioni. La prima è la formazione. Dobbiamo aiutare i banker a scoprire nuovi atteggiamenti, nuovi processi operativi, nuove procedure. Il consulente finanziario che oggi si occupa solo di “borsino”, non esiste più. Oggi esiste la consulenza completa, che riguarda tutti gli aspetti del patrimonio. E per questo è importante supportare i banker nella sfida di allargare il dialogo a tutti i membri della famiglia, anche ai figli e, in molti casi, ai nipoti. Non basta più rivolgersi solo al “capostipite”. Questa dinamica è importante e per questo stiamo lavorando in termini di approccio, formazione e sviluppo digitale.
Alla fine la variabile “digitale” diventa centrale?
Non è una questione di “centralità” ma di “necessità” di fornire gli strumenti più “idonei”, se così possiamo dire, alle abitudini delle nuove generazioni che, in molti ambiti ormai, tendono ad utilizzare soprattutto strumenti digitali. Ma è la formazione l’elemento centrale per vincere la sfida.
Una formazione che riguarda anche i clienti di nuova generazione, clienti che devono riuscire a riconoscere al meglio i propri bisogni e a cogliere fin da subito le necessità di tutta la famiglia.
Ma sul fronte formazione su quali ambiti lavorerete di più?
Stiamo implementando un progetto di formazione che porterà in aula tutti i nostri banker e che non sarà una formazione di procedura, ma una formazione di modello concettuale. Ovvero lavoreremo per far capire al professionista che la nostra banca adesso spinge con forza nella direzione della consulenza a 360°. Quindi una formazione che permetterà ai professionisti di avere una conoscenza profonda di tutti gli strumenti previsti dal nostro modello di servizio. Questo significa acquisire consapevolezza del valore delle figure di riferimento di cui parlavo prima.
Non basta creare una struttura a supporto di un professionista per dare vita ad un modello efficace, devi anche essere sicuro che le reti sappiano interagire correttamente con questa struttura e con le figure preposte. Quello che è certo è che da noi il banker può trovare degli elementi in più ed è per questo che siamo spesso sul territorio, per mantenere vivo il dialogo con le nostre persone.
In questi mesi di inizio anno abbiamo avviato “La rete al centro”, una serie di incontri in cui, con la direzione generale e le principali funzioni aziendali, ci confrontiamo insieme ai nostri professionisti dislocati in tutta Italia con l’obiettivo di raccogliere tutti i suggerimenti utili per migliorare ulteriormente la nostra struttura e il nostro servizio.
Storicamente in questo settore è difficile unire due anime di uno stesso gruppo. A poco più di un anno dalla nascita di Credem Euromobiliare Private Banking, qual è lo stato d’animo dei professionisti coinvolti?
Mi sento di poter affermare che l’umore è positivo. Credo che abbiamo trovato una formula distintiva rispetto ad altre operazioni simili avvenute nel mercato.
Spesso quando si realizzano tali operazioni esiste un brand dominante che prevale sull’altro, e viceversa. Noi abbiamo invece seguito una terza via, ovvero abbiamo dato vita ad una evoluzione che parte da presupposti diversi nelle due strutture.
E nessuna delle due realtà precedenti si è posta come modello dominante sull’altra.
Questo probabilmente ha permesso che nessuna delle due culture, Credem e Banca Euromobiliare, si sentisse dimenticata o schiacciata. Di conseguenza tutti hanno dovuto rimettersi in gioco ma lo hanno fatto cogliendo il valore dell’evoluzione e di quello che vogliamo diventare sfruttando le diverse caratteristiche ed esperienze passate.
Guardando oltre Credem Euromobiliare Private Banking, cosa dovrebbe fare il sistema per far sì che i clienti non serviti riconoscano una realtà private rispetto ad una realtà “commerciale”?
Non so quale sia ad oggi l’elemento distintivo principale da far emergere con maggiore forza, ma c’è un panel di fattori sui quali possiamo e dobbiamo lavorare. In primis l’educazione finanziaria, un termine abusato ma, soprattutto per le nuove generazioni è un elemento centrale sul quale dobbiamo come industria insistere e lavorare con attenzione.
Se lavori sulla formazione e conoscenza del cliente ti troverai con famiglie più consapevoli e di conseguenza più fidelizzate. Ma devi lavorare sull’educazione finanziaria prima che emerga l’esigenza di un servizio.
Ed è qui la grande sfida dell’industria del private banking: arrivare sulle famiglie e sulle nuove generazioni non servite prima che emergano le necessità effettive.
Ma non crede che valga la pena investire su una maggiore digitalizzazione dell’industria e dei suoi servizi?
Dobbiamo investire sull’innovazione, e come gruppo lo stiamo facendo. Penso, ad esempio, alla nuova piattaforma di consulenza evoluta “Vitruvio”, di cui ho avuto modo di parlare nella mia precedente intervista. Uno strumento innovativo per i servizi di consulenza evoluta, che risponde alle esigenze sia finanziarie che patrimoniali del cliente, sviluppato in collaborazione con UBS e Prometeia. Ma non credo nella digitalizzazione “spinta”.
Cosa intende per digitalizzazione “spinta”?
Una digitalizzazione imposta al cliente dall’alto. Un tema sempre più fondamentale è la relazione umana, soprattutto in un ambito come questo. A riguardo noi siamo in controtendenza rispetto al mercato: apriamo filiali. E in questo momento storico non è una cosa comune.
Perché aprire filiali ora?
Noi apriamo nuove filiali per dare valore alla relazione umana. Questa dinamica è fondamentale. E non parlo di filiali che si limitano a dare un servizio, ma parlo di luoghi dove il cliente ha voglia di entrare per interagire con il proprio private banker o consulente finanziario.
Se riusciamo a far vivere un’esperienza di qualità, da tutti i punti di vista, ai nostri clienti allora possiamo essere sicuri che quel cliente comprenderà la differenza di un servizio nato per rispondere alle sue esigenze rispetto ad un luogo operativo che serve a fare delle operazioni o a vendere dei prodotti e, domani, sarà in grado anche di riconoscere meglio la differenza tra una realtà private e una che invece private non è.
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