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2/3/2016 | PierEmilio Gadda
"Per chi ha poche azioni in portafoglio, la correzione rappresenta una buona opportunità d'ingresso". É uno dei messaggi chiave che Matteo Ramenghi, cio di Ubs Italia (nella foto), ha voluto trasmettere a una vasta platea di clienti e investitori in occasione dell'Ubs Forum 2016: evento a porte chiuse organizzato presso l'Aula Magna dell'Università Bocconi, il 28 gennaio scorso, con la partecipazione di Fabio Innocenzi, ad di Ubs Italia, Noreena Hertz, economista e saggista britannica di fama internazionale e del noto storico e critico d'arte Philippe Daverio.
Il capo degli investimenti non si limita a un suggerimento generico, dà le coordinate: per un profilo bilanciato - spiega - l'esposizione azionaria dovrebbe attestarsi al 43%. La media in Italia, invece, è quasi la metà: attorno al 25%. Chi si trova in questa situazione - suggerisce Ramenghi - dovrebbe approfittare del recente scivolone di Borsa per appesantire la componente equity, portandosi in linea con la soglia indicata. Su quali listini conviene puntare? La zona euro resta la favorita. Secondo il cio di Ubs Italia, lo stimolo espansivo erogato dalla Banca centrale europea si sta finalmente riverberando sulle dinamiche della domanda interna. I consumi sono in crescita. Il passaggio che manca è la ripresa degli investimenti. Occorre avere pazienza.
La relativa preferenza per l'Europa riguarda anche le obbligazioni high yield, che offrono rendimenti attraenti, prossimi al 6%, sebbene inferiori di circa tre punti rispetto all'omologo paniere americano. Il terzo tema d'investimento che secondo l'esperto andrebbe valorizzato nei portafogli dei grandi patrimoni è quello degli hedge fund. "Negli ultimi tre cicli di rialzo dei tassi americani, hanno reso in media il 9,5% su base annualizzata: due punti percentuali in più rispetto alla performance dell'S&P500 - ricorda - e sei in più dei titoli high yield a stelle e strisce".
Al contrario, Ubs dichiara un sottopeso su titoli governativi, specialmente di Paesi con un rating elevato, azioni del Regno Unito, più esposto alla debolezza delle materie prime e listini emergenti. Il giudizio sulle commodity resta molto negativo e non da oggi. "Da tre anni le materie prime sono fuori dai nostri portafogli. Vale anche per il 2016", precisa Ramenghi. Per 10 anni la Cina ha consumato qualcosa come il 40% della produzione di metalli a livello internazionale. Il fatto che l'economia del colosso asiatico stia decelerando - Pechino crescerà nell'ordine del 6,2% nel 2016 secondo Ubs - ha pesanti implicazioni. Intanto, dopo un tentativo fallito di rimbalzo, il petrolio è tornato sotto pressione. La rimozione delle sanzioni contro l'Iran, la debolezza dell'Opec, l'inattesa resilienza dei produttori di shale oil americani continua a deprimere le quotazioni petrolifere. "Ma i prezzi correnti non sono sostenibili - conclude Ramenghi - nel corso dell'anno potremmo osservare un recupero".
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