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7/26/2019
Il 75% della documentazione relativa alla consulenza in materia di investimenti e alla gestione di portafogli non riporta la totalità delle informazioni raccomandate dalla disciplina MiFID II. È quanto emerge dalla prima parte di uno studio sulle informative ex ante - la seconda parte si focalizzerà sull'informativa ex post, visto che al 30 giugno la maggior parte degli intermediari non avevano ancora provveduto all'invio delle rendicontazioni - condotta dal robo-advisor MoneyFarm in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano. Il rapporto ha analizzato le informative sui costi e sugli oneri, secondo la direttiva MIFIDII, prodotte da 20 fra i più importanti intermediari finanziari operanti in Italia, focalizzati su una clientela retail e "mass affluent" relativamente ai servizi di consulenza in materia di investimenti.
Tra gli altri risultati, lo studio ricorda che in circa l'80% dei casi analizzati non si riscontra trasparenza dell’effetto cumulativo dei costi sulla redditività dell’investimento, mentre i costi vengono esplicitati in valori assoluto nel 45% dei casi per la consulenza e solo nel 19% per la gestione di portafogli. Nel 60% delle richieste relative alla consulenza finanziaria la documentazione è stata consegnata solo in forma verbale, senza supporto documentale nonostante sia stato richiesto esplicitamente, mentre tale percentuale scende al 31% per la gestione patrimoniale. "L’informativa è spesso carente rispetto ai costi per operazioni, alle spese per i servizi accessori e ai costi accessori.Le spese correnti e le spese una tantum sono più frequentemente dettagliati" si legge nel rapporto.
"Nella maggior parte dei casi è stato necessario recarsi direttamente presso le filiali per ottenere dai consulenti le informazioni relative ai costi applicati ai servizi offerti" prosegue lo studio che è stato condotta da febbraio a luglio 2019 ed è stato effettuato direttamente sulla rete Internet o attraverso richieste di contatto, senza menzionare la finalità (simulando quindi l’approccio di un normale investitore, per non condizionarne l’esito). "Nonostante sia obbligo di legge fornire al cliente i costi prima di stipulare il contratto, è emersa una certa difficoltà nell’ottenerli e nell’interpretarli per via di una presentazione spesso verbale e generica" si legge ancora nel rapporto.
"Dall’analisi emerge che, per quanto riguarda l’Italia, a più di un anno dall’entrata in vigore della direttiva, il primo passo, quello che riguarda la trasparenza delle informazioni a tutela dell’investitore, sembra non essere ancora stato completamente fatto" ha commentato Giancarlo Giudici, professore associato della School of Management del Politecnico di Milano e referente scientifico della ricerca. "I risultati della prima parte del nostro lavoro sulle informative ex- ante, fanno infatti emergere un quadro migliorabile; ci si augura che questa analisi comparata serva proprio come stimolo per valorizzare le buone pratiche e rendere sempre più efficiente la trasparenza delle informazioni" ha concluso.
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