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3/24/2018 | Giuseppe G. Santorsola
Tre mesi sono pochi per valutare l’impatto di una direttiva complessa quale MiFID II. Possono risultare sufficiente per considerare alcune difficoltà emerse. In particolare, qualche nuovo profilo nella relazione fra producers e distributors. Questi ultimi, nella definizione delle proprie politiche di offerta alla clientela, confezionano cataloghi di prodotti, selezionando all’interno dell’offerta delle SGR con le quali hanno siglato rapporti contrattuali. Al fine di corrispondere ai requisiti normativi, le SIM debbono originare le proprie scelte attraverso un modello di valutazione che si basi su fattori di equivalenza e su parametri da applicare in modo “oggettivo” al parco ISIN.
Alla luce delle prime scelte adottate si rileva come taluni “prodotti” vengano sistematicamente esclusi dai cataloghi di molti distributori. Una conseguenza naturale è la diminuzione dei patrimoni gestiti da questi fondi e, in prospettiva, la chiusura del prodotto. A medio termine, si potrebbe realizzare la selezione naturale guidata dal giudizio (commerciale più che tecnico-finanziario), fattore che indurrebbe le SGR a riprogettare il proprio portafoglio per rientrare nei cataloghi. Un approccio differente vede le SGR non indotte ad eliminare prodotti qualora ogni distributore disponesse di algoritmi propri che inducessero scelte differenziate in cui ciascun prodotto trova spazi di mercato.
Momento critico si avrà nelle fasi di revisione di portafoglio e prodotti. Se questa sarà dinamica e frequente, i rischi saranno limitati a pochi prodotti, se invece la revisione risulterà molto spesso conferma di quella precedente, allora si andranno a creare prodotti “emarginati” che, nel tempo, spariranno.
La catena del processo di intermediazione sembra quindi aver coinvolto in pieno SGR e SIM, mentre consulenti e la clientela, appaiono ancora non pienamente consci dell’impatto. Per costoro credo che un momento chiave sarà la comunicazione dei primi rendiconti, soprattutto se i mercati dovessero confermare tendenze riflessive dei propri prezzi, incidendo sulla quantificazione del valore del patrimonio ed evidenziando (in negativo) l’impatto dei costi esposti secondo i principi di trasparenza contenuti nella normativa. Sarà un momento importante per individuare i consulenti pienamente in grado di fornire un valore aggiunto nelle loro prestazioni, a fronte di coloro che si posizioneranno in attesa di indicazioni di comportamento più omogenee. Azzardo l’ipotesi che - a medio termine - qualche operatore possa scegliere di ridurre la propria squadra, anche attraverso la selezione guidata dalle preferenze della clientela.
Pongo infine, alcuni spunti per un confronto:
1) è effettivamente utile ed efficace avere nei silos migliaia di prodotti, nell’ottica della capacità di un buon consulente di muoversi con competenza in tale massa?
2) i principali distributors sono divisi fra approcci di portafoglio e di prodotto: quale è la determinante che spinge verso una o l’altra soluzione?
3) la scelta delle best in class appare quale reazione operativa alla product governance ed ai target market dei producers; ma come proseguirà?;
4) attendo i primi interventi della Consob in termini di product intervention e warning;
5) ipotizzo qualche modifica nei criteri di profilazione della clientela alla ricerca di idonei criteri di adeguatezza;
6) infine, but not last, auspico migliore chiarezza anche regolamentare in termini di disciplina degli inducements;
7) Tralascio but not least costi ed oneri, solo perché già trattati in tale rubrica.
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