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10/7/2017
Chi conosce la consulenza finanziaria "formato MIFID" è pronto a remunerarla. Ma pochissimi clienti sono in grado di capire se il servizio che ricevono è di qualità. Sono questi due dei risultati emersi dal Rapporto 2017 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane della Consob, presentato lo scorso 4 ottobre 2017 e che ha fatto da volano all'inizio delle attività del Comitato Educazione Finanziaria presieduto dalla professoressa Anna Maria Lusardi.
Dietro alle evidenze empiriche di una carenza di educazione finanziaria ci sono due passaggi, all'interno del rapporto, che rivelano la grande distanza che ancora oggi esiste tra italiani e consulenza finanziaria. Il primo riguarda la scarsa relazione esistente tra italiani e MiFID: solo un terzo degli investitori beneficia di raccomandazioni personalizzate ai sensi MiFID (e il 43% di questi soggetti è pronto a pagare la consulenza), mentre i restanti ricevono consulenza passiva o generica. Una "triste" conferma della scarsa diffusione di un servizio di cui parliamo da ormai 10 anni e che, forse, non si è diffuso perché gli italiani non sanno come riconoscerlo.
Dati alla mano, infatti, gli italiani affermano di non essere in grado di giudicare se il servizio che ricevono sia di qualità: la percentuale di intervistati che afferma di non essere in grado di indicare alcun elemento di giudizio quando si parla di "advisory" oscilla infatti tra il 40% e il 70%. E tra quelli che invece pensano di essere in grado di giudicare la qualità del servizio ricevuto spicca un 50% di coloro che ricevono una consulenza formato MiFID che apprezza la capacità del consulente di prendere in considerazione bisogni e obiettivi del cliente. Un altro 40%, invece, apprezza l'attenzione personale rivolta dal consulente al cliente. E il tanto osannato conflitto di interesse? È importante per meno del 15% dei clienti che ricevono un servizio di consulenza finanziaria di qualunque tipo.
A questo punto la sensazione che la clientela non abbia ben chiaro in mente cosa si debba intendere per consulenza è alta, non tanto per l'incapacità di valutare o meno l'esistenza di un conflitto di interesse, ma per l'incapacità di valutare la qualità dell'offerta ricevuta. E visto che la MiFID II fa molta leva sul concetto della qualità sarà forse importante avvicinare le famiglie italiane a questo mondo in maniera rapida: prima il cliente sarà in grado di riconoscere la consulenza (sia essa ristretta, indipendente o versione MIFID) dalla "non-consulenza" (ovvero dalla mera vendita), prima sarà possibile far emergere la qualità delle offerte di singoli operatori: siano essi consulenti finanziaria abilitati all'offerta fuori sede, consulenti autonomi o società di consulenza finanziaria.
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