Tempo di lettura: 5min

Columbia Threadneedle Inv: non siamo sulla buona strada per mitigare il climate change

11/27/2023 | Redazione Advisor

Il modo più efficace per contrastare gli impatti più dannosi del cambiamento climatico è quello di limitare le emissioni, ma anche finanziare la mitigazione e l'adattamento


Lo scorso ottobre l'Imperial College di Londra ha rilevato in una sua ricerca che, se mantenessimo le emissioni attuali per ulteriori 6 anni, raggiungeremmo solo il 50% di possibilità di successo nel limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Oggi, con un aumento di temperatura pari a circa 1,1 grado, possiamo già notare l’impatto dei cambiamenti climatici sui sistemi economici e naturali da cui dipendiamo.

“È pertanto sempre più urgente e fondamentale finanziare sia l'adattamento che la mitigazione climatica” sottolinea Albertine Pegrum-Haram (nella foto) senior associate, investimento responsabile di Columbia Threadneedle Investments. “Gli investitori si sono tradizionalmente concentrati su quest’ultima offrendo soluzioni più chiare, come supportare i sistemi energetici e di trasporto a basse emissioni. Tuttavia, riteniamo anche che le ampiamente trascurate strategie di investimento per l'adattamento possano avere molteplici vantaggi, come ridurre le perdite e generare nuovi ulteriori canali di finanziamento per la transizione, fornendo allo stesso tempo rendimenti positivi e impatti reali”.

Sebbene il risultato più importante della COP27 sia stata l'istituzione di un fondo per le perdite e i danni per le nazioni vulnerabili, era stata posta grande attenzione anche sui finanziamenti per l'adattamento. Ci aspettavamo che questo tema sarebbe stato al centro del dibattito in Egitto, ma i risultati tangibili sono stati scarsi. L'anno scorso, i Paesi hanno concordato un quadro di riferimento per l'adattamento, basato sull'impegno assunto a Glasgow di raddoppiare i finanziamenti per l'adattamento a 40 miliardi di dollari entro il 2025. Tuttavia, l’enfasi sul tema dei finanziamenti si è affievolito nei successivi negoziati e si è concordato di produrre un rapporto in occasione della COP28 sui progressi compiuti in materia di adattamento. Di fatto sussistono ancora disaccordi di fondo tra le parti in merito alla forma che dovrebbe assumere l'agenda sull'adattamento, data la natura particolarmente complessa degli obiettivi da definire. Nel periodo che precede la COP28, i progressi su questo fronte sono stati scarsi e le negoziazioni tese. A differenza della riduzione delle emissioni, che ha il lusso di concentrarsi su una metrica chiara (la riduzione dei gas serra), la misurazione specifica dell'adattamento è complicata a causa delle molteplici e diverse attività che rientrano all’interno di questo tema.

 

 

 

“Finora la maggior parte dell'attenzione degli investitori si è concentrata sulla gestione dei rischi di transizione, ma sono necessari nuovi approcci per valutare e gestire correttamente anche i rischi climatici fisici ha continuato Pegrum-Haram. “In primo luogo, è fondamentale comprendere al meglio gli strumenti usati nella gestione del rischio fisico, riconoscendo i limiti insiti nell'utilizzo di risultati prodotti da modelli climatici come dati rilevanti per gli investimenti. La maggior parte di questi modelli, a cui si ricorre per guidare le decisioni di investimento, sono nati per la ricerca accademica e i dati risultanti non rappresentano necessariamente lo strumento migliore o maggiormente adatto per designare i finanziamenti per la resilienza e l'adattamento” precisa l’esperta di Columbia TI. “In secondo luogo, ci preoccupa il fatto che gli attuali modelli macroeconomici per gli investimenti soffrano di carenze che potrebbero determinare una sottostima del rischio, come la mancanza di eventi climatici non lineari (tipping point), l’assenza di considerazione dei rischi associati e la sottostima degli impatti sulle catene di approvvigionamento. Tutto ciò può portare a un fraintendimento dell'entità del rischio. Vi sono poi ulteriori complicazioni nell’analisi di rischi e opportunità relative ai mercati emergenti e alle economie in fase di sviluppo, tra le quali la mancanza di dati sul campo, che rendono le stime dei rischi ancora più aleatorie per questi Paesi, comportando una maggiore incertezza dell'esposizione al rischio e una conseguente minor certezza nell'orientare gli investimenti” spiega Pegrum-Haram.

 

Guardando al futuro sono necessarie maggiori competenze climatiche per aiutare a tradurre in chiave finanziaria i risultati dei modelli accademici utilizzati e sfruttare al meglio i dati climatici a disposizione. “Attualmente i dati sul rischio fisico si concentrano soprattutto sull'esposizione dell'emittente, piuttosto che sulla gestione. Per questo motivo, abbiamo voluto concentrare i nostri sforzi sul coinvolgimento delle aziende nella gestione del rischio fisico, per consentirci di ottenere una visione maggiormente approfondita e integrata del profilo di rischio complessivo, combinando i dati bottom-up ottenuti dalle aziende con quelli top-down forniti dai modelli di valutazione” precisa Pegrum-Haram.

 

“A nostro avviso, uno dei motivi dell’attuale scarsità e ampio divario nelle risorse per l’adattamento climatico risiede nella mancanza di chiarezza su cosa si intenda per attività di adattamento e ci auguriamo che la COP28 riesca a trovare una definizione chiara e condivisa da tutti. In secondo luogo, servono finanziamenti più chiari da parte dei governi per le soluzioni di adattamento, aiutando così gli investitori a garantire maggiore visibilità ai progetti, concretezza rispetto alla fattibilità degli stessi e un più tangibile potenziale ritorno sugli investimenti” richiama l’esperta di Columbia TI.

 

Oggi i governi sono chiamati a presentare all'UNFCC dei "Piani nazionali di adattamento" che delineino le esigenze nazionali e le azioni da intraprendere; tuttavia, la maggior parte di questi progetti mancano di dettagli su costi e attuazione e non riescono a canalizzare in modo efficiente i capitali privati verso i progetti giusti. “A tal proposito, ritorna centrale la capacità da parte degli investitori di poter valutare correttamente il rischio fisico; una migliore divulgazione a livello aziendale dell'esposizione a tale rischio e della sua gestione potrebbe spostare l'ago della bilancia nel grado di comprensione e valutazione dello stesso anche sul piano finanziario”.

 

“Dall’altra parte, gli investitori dovrebbero impegnarsi direttamente con le proprie holding per ottenere informazioni più chiare sui rischi fisici e sui piani di adattamento e mitigazione dei rischi delle società in cui investono. Riteniamo, infatti, fondamentale analizzare e valutare i finanziamenti per il clima attraverso le lenti dell'adattamento e della mitigazione. Considerando che al momento non siamo sulla buona strada per limitare gli impatti climatici, i rischi fisici rappresentano un effetto da prevedere e considerare. Sappiamo che il modo più efficace per contrastare gli impatti più dannosi del cambiamento climatico è oggi quello di limitare le emissioni, ma è altrettanto evidente che i finanziamenti per l'adattamento e la mitigazione vanno di pari passo con la riduzione delle emissioni e che, per questo motivo, sarà cruciale colmare le lacune presenti oggi su questo fronte e identificare le migliori strategie per rendere effettiva l’Agenda della COP28 su questi due temi” conclude Pegrum - Haram.

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?