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11/7/2022 | Redazione Advisor
Negli ultimi 30 anni, la prosperità umana è cresciuta più che in tutti i secoli passati. Tutto questo progresso, però, ha avuto un prezzo enorme. L’umanità sta portando all’estinzione le specie animali e vegetali, distruggendo il loro habitat per nutrire la popolazione in continua crescita. Secondo Laurent Ramsey, managing partner del Gruppo Pictet, il mondo finanziario può svolgere un ruolo cruciale per salvaguardare il pianeta e tutelare la natura.
Per mettere fine a questo rapporto insostenibile è necessaria una comprensione più approfondita dell'impatto che il mutamento della biosfera può avere sul benessere umano e sul suo contributo alla crescita economica. I policymaker considerano ormai la protezione della biodiversità una priorità tanto urgente quanto il mettere un freno al riscaldamento globale. Il vertice dell'ONU sulla biodiversità COP15, che si terrà a Montreal, Canada, a dicembre, sarà il più importante evento del suo genere del decennio; l'obiettivo sarà trovare un accordo sull'impegno da assumere a protezione della natura per il 2030. Tali sforzi, però, non andrebbero limitati alla sfera politica. Anche la finanza può e deve svolgere un ruolo più attivo.
Gli investitori istituzionali, gestendo infatti grandi capitali in tutto il mondo, possono facilitare una transizione positiva per la natura, trasformando il modo in cui alloca il capitale alle imprese e sviluppando nuovi modelli per valutare in maniera più accurata i rischi e le opportunità legati alla biodiversità. Grazie agli investimenti indirizzati verso società che sviluppano tecnologie e servizi ambientali innovativi, il settore finanziario ha contribuito a migliorare l'efficienza in ogni ambito, dall'uso dell'energia all'agricoltura, dal commercio ai trasporti. Ad esempio, con lo sviluppo dell'agritech, il mondo è oggi in grado di produrre sullo stesso appezzamento di terra una quantità di cereali pari quasi a tre volte quella prodotta nel 1961. Il tasso con cui la resa media di cereali è migliorata è stato superiore a quello della crescita della popolazione. Tuttavia, la maggior parte degli investimenti tradizionali confluisce in attività economiche esistenti che, sia in modo consapevole che inavvertitamente, causano danni ambientali e sociali. Il settore finanziario, quindi, deve mettere tutto se stesso nello sforzo globale teso a ridurre i danni e, al contempo, accelerare la ripresa della natura.
La biodiversità si contende con il cambiamento climatico la corona di preoccupazione ambientale predominante. Per questo motivo, è probabile che le autorità di regolamentazione e policymaker introducano nel tempo sempre più tasse, permessi e compensazioni correlati alla biodiversità e che integrino il capitale naturale nelle statistiche economiche nazionali, tra cui la rilevazione sul PIL.
Aziende e investitori hanno bisogno di una comprensione più chiara dei rischi che il venir meno della biodiversità presenta per i loro bilanci e i loro portafogli. Le minacce non sono solo fisiche, ma anche normative, legali e reputazionali.
Anche se le aziende e gli investitori faranno progressi nel cercare di comprendere quale sia il loro impatto e in che modo la biodiversità impatti a sua volta su di loro, tali sforzi non arriveranno a nulla se non saranno accompagnati da una rivoluzione riguardante il capitale che si lega alla biodiversità. Nel complesso, secondo Ramsey, il settore finanziario (banche, gestori patrimoniali e investitori) ha ignorato troppo a lungo la minaccia che la perdita di biodiversità rappresenta per la prosperità e la crescita umana. La natura è sempre stata il bene economico più importante. Ed è giunto il momento che il settore finanziario lo riconosca.
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