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Passivi, nuovo driver per l’impact investing

10/13/2022 | Redazione Advisor

Un rapporto di DWS e CREATE-Research sugli investimenti passivi mostra come fondi ed ETF faranno da supporto alla crescita di tale ambito


Sono necessari 100.000 miliardi di dollari di investimenti per raggiungere l'obiettivo globale di zero emissioni entro il 2050, oltre a circa 5-7.000 miliardi di dollari di spesa annuale per raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite entro il 2030.

 

I mercati privati, con la loro limitata scalabilità, non possono raccogliere questa quantità di capitale da soli, ma potrebbero essere aiutati dagli ETF che mostrano sempre più interesse verso il mondo dei tematici e dell’impact investing. Questo è il risultato principale del rapporto di DWS e CREATE-Research sugli investimenti passivi.

 

Dal rapporto condotto su 50 grandi fondi pensione in Nord America, Europa e Australasia, che gestiscono complessivamente 3.300 miliardi di euro di patrimonio è emerso che il 58% dei partecipanti ritiene che il crescente interesse nei fondi tematici si trasformerà nel tempo in investimenti a impatto; il 64% ritiene che l'obiettivo net zero favorirà l'impact investing e il 54% prevede che gli SDGs porteranno probabilmente nuove opportunità in tale ambito. Infine il 28% prevede di utilizzare gli SDGs e gli indici Paris-Aligned & Climate di transizione climatica nei prossimi tre anni.

 

Il crescente interesse per l'impact investing si basa anche sulla convinzione che il mondo si trovi a un punto di inflessione e che debba affrontare delle sfide sempre più difficili, emerse come conseguenze non intenzionali della globalizzazione, che ha portato oltre un miliardo di persone alla povertà nei Paesi in via di sviluppo. Per affrontarle l'impact investing cerca di sfruttare la potenza dell'imprenditorialità, dell'innovazione e del capitale puntando su obiettivi sociali oltre che finanziari.

 

Questo emerge ancora più evidente quando si esamina l’adozione dell’impact per quanto riguarda i portafogli attivi e passivi. Dal rapporto emerge che il 34% dei portafogli attivi ha incorporato completamente l'impact investing contro il 22% dei portafogli passivi.

 

In dettaglio in termini di dimensioni dell'allocazione, i portafogli attivi hanno una quota maggiore di investimenti d'impatto: il 24% dei partecipanti all’indagine ha una quota fino al 6% e un altro 10% dei partecipanti ha una quota superiore al 6%. Mentre sul fronte passivo le cifre corrispondenti sono rispettivamente del 18% e del 4%.

 

E tra i temi favoriti, almeno un partecipante su quattro ha indicato: l'energia verde (citata dal 34%), la biodiversità (32%), la riduzione delle disuguaglianze sociali (30%), governance (28%), edilizia sociale (28%) e istruzione di qualità (26%).

 

E nel futuro? E’ probabile che l’impact investing progredisca in tutte le asset class, anche se a ritmi diversi, con il private equity in forte crescita. Una menzione va riservata anche alle obbligazioni (verdi, sociali o di sostenibilità) che essendo forse il veicolo più trasparente per garantire che gli investimenti abbiano un chiaro impatto sul mondo reale. Sarà più graduale invece il ritmo di avanzamento dell’impact investing nell’ambito azionario dove già un numero crescente di player offre tali opportunità, ma dove sussiste un rischio di concentrazione, vista la poca maturità del settore. E un ruolo fondamentale lo giocheranno anche i fondi passivi ed ETF. L'impact investing per questi indici rappresenterà un ulteriore passo verso la trasparenza e la responsabilità.

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