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Con la guerra gli investimenti ESG iniziano a vacillare

7/5/2022 | Redazione Advisor

Massimiliano Comità (AISM Luxembourg): "Da alcuni sondaggi emerge come gli investitori guardino alla Tassonomia come ad uno strumento che limita le opportunità di investimento"


"Si inizia a vacillare. A soli quattro mesi dallo scoppio della guerra in Ucraina, il grido di rilancio delle rinnovabili sembra già attenuarsi. Addirittura, pare esaurito. Iniziano a circolare dichiarazioni che sostengono che gli investimenti ESG non sono più di moda. Da alcuni sondaggi emerge come gli investitori guardino alla Tassonomia come ad uno strumento che limita le opportunità di investimento". Così spiega Massimiliano Comità (in foto), portfolio manager di AISM Luxembourg, che ha voluto denunciare la solidità delle convinzioni in materia di investimento ESG e SRI.

 

L’uscita dai fondi ESG pare un rischio reale nella seconda parte dell’anno: più il verde è intenso, maggiori saranno i rimborsi. Investimenti come l’idrogeno sono visti di durata troppo lunga e scarso profitto, visti i costi ingenti e un utile negativo per almeno due anni. Senza contare che il rialzo dei tassi rafforza questa previsione. A dar sostegno a tale tesi ci sono le notizie di Germania, Austria, Italia, Belgio e altri Paesi europei che per far fronte all’emergenza energetica non solo procrastinano la chiusura delle centrali nucleari, ma riaprono le famigerate centrali a carbone.

 

"Pare che la finanza investa con un orizzonte a breve termine, piuttosto che puntare su ritorni di medio e lungo periodo. Guidati dalla frenesia di avere performance positive in tre, sei mesi o un anno, i fondi cercano cavilli per non perdere opportunità di investimento che allieterebbero i loro clienti", afferma Comità.

 

Si sa che la trasformazione energetica europea durerà trent’anni. Forse di più, ma la direzione non è affatto cambiata. Anzi, gli obiettivi vengono rivisti al rialzo ogni qualvolta un evento esterno porta scompigli nello stato delle cose: partendo dal Green Deal, passando per il Next Genration EU al momento dello scoppio della pandemia da Covid 19, al Fit for 55 e l’ultimo RepowerEU, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

 

L’Europa è fermamente convinta di questo cambio epocale, come sottolineato dalle parole di Ursula von del Leyen, la quale ha ribadito che si deve usare la crisi per spingersi avanti e non per tornare indietro verso l’inquinante fossile. Anche le compagnie petrolifere lo sanno e approfitteranno degli ingenti cash flow derivanti dall’attuale prezzo del petrolio per spingere maggiormente su una trasformazione che è inevitabile. Lo stesso vale per i governi che oggi riaccendono le centrali a carbone: in Germania a dare la notizia della riapertura di queste fonti di energia fossile è stato il ministro dell’Economia Habeck, parte del partito dei verdi.

 

"Il problema è che se gli investimenti privati non aiuteranno gli incentivi governativi, sicuramente la trasformazione energetica subirà un rallentamento", spiega il manager che aggiunge. "La finanza deve fare la sua parte in questo periodo difficile e i ritorni arriveranno, anche per le energie che oggi non portano guadagni di per sé".

 

Concludendo, Comità spiega che "chi investe nella trasformazione energetica, preannunciata come la più grande rivoluzione dopo quella industriale di due secoli fa, non può guardare a un orizzonte temporale di uno o forse di due anni, ma deve avere maggiore lungimiranza e la convinzione che un futuro più sostenibile sia possibile. Altrimenti il futuro che ci aspetta lo conosciamo già".

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