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L’inflazione non ferma la corsa della sostenibilità

2/1/2022 | Redazione Advisor

Il 2022 conferma che l’investimento ESG è in grado di offrire soddisfazioni di lungo periodo. Anche la politica ha capito l’urgenza di una svolta green.


La prima domanda che ci si pone all’inizio di un nuovo anno è sempre la stessa: dove conviene investire? La voglia di partecipare ai trend positivi che si preparano a partire con il mese di gennaio accompagna tutti gli investitori e così, tra dicembre e febbraio, si cercano analisi e dati che possano aiutare a individuare le opportunità future. Una ricerca che, a volte, si traduce in riflessioni pragmatiche e credibili, altre volte in vere e proprie previsioni da “mago” che nutrono speranze, ma che non si fondano su dati reali.

Quest’anno, però, c’è una terza via che permette agli investitori di non farsi travolgere dall’ansia della caccia ai grandi trend e aiuta a mantenere lo sguardo su un orizzonte temporale di lungo periodo, che va ben oltre i dodici mesi. Questa terza via si chiama sostenibilità.

Se cinque anni fa, quando siamo partiti con questa rubrica, erano pochi i soggetti che parlavano di sostenibilità, oggi tutti si dichiarano pronti a seguire questo approccio agli investimenti. Questo forse è il principale elemento che conferma quanto detto: ovvero la sostenibilità è il vero trend positivo del futuro.

Dal momento che tutti si dichiarano fedeli al “mantra ESG” è, infatti, evidente che ormai non ci può essere capitalismo senza Environmental, Social e Governance. Non è un caso che il 2021 si sia chiuso con l’evidente cambio di consapevolezza da parte di molti governi che sentono un maggiore senso di urgenza quando si parla di cambiamento climatico e, per questo, stanno indirizzando parti dei loro piani di stimolo verso la mitigazione dei rischi climatici: nonostante la recente battuta d’arresto di Build Back Better, i piani di Joe Biden per l’energia pulita negli Stati Uniti sono favorevoli alla transizione energetica; nel frattempo, la Cina si è impegnata a raggiungere emissioni zero entro il 2060; e una prima significativa serie di impegni è stata presa dai leader mondiali al recente vertice COP26 a Glasgow.

Se è quindi vero che la politica arriva sempre dopo, possiamo affermare che è già partito un movimento economico-finanziario “green”.
Certo, quando si parla di economia, alla fine contano i numeri. E da questo punto di vista le cifre sembrano confermare che la terza via della sostenibilità qualcuno l’ha già percorsa e sta già offrendo risultati interessanti.

Guardiamo, ad esempio, ai mercati azionari. Il 2021 si è rivelato eccellente per gli investitori. “L’indice MSCI Europe Net è cresciuto del 5,5% (relativamente all’Euro) portando il rendimento totale per il 2021 a un importante +25,1%” spiega Paul Schofield, Lead Portfolio Manager, Head of Sustainable & Impact Equity di NN Investment Partners. “L’indice MSCI World Net è cresciuto del 3,2%, portando il rendimento totale del 2021 a un impressionante +31,1%. I forti guadagni, il miglioramento dei dati macro e l’ottimismo sulla pandemia, sulla scia del lancio dei vaccini e degli sviluppi delle pillole antivirali, hanno contribuito alla crescita continua dei mercati azionari e l’arrivo della variante Omicron ha solo aumentato la volatilità senza compromettere i risultati dell’anno”. 

In questo contesto come si sono comportate le strategie azionarie sostenibili? Hanno beneficiato del trend positivo? Se si guarda, ad esempio, all’andamento della strategia NN European Sustainable Equity, Schofield sottolinea come la rotazione del mercato di dicembre a favore dei titoli value abbia pesato “sulla performance relativa del nostro approccio d’investimento orientato alla qualità”. Ma questo non ha impedito alla strategia europea di NN IP di chiudere l’anno “davanti all’indice MSCI Europe Net in termini lordi, di oltre l’1%. In dicembre la nostra selezione titoli è stata principalmente negativa nei settori della tecnologia e dei beni di consumo di base. Nel settore tecnologico la performance meno positiva è stata quella di SolarEdge, un produttore di inverter solari, che ha subito il contraccolpo della mancata approvazione della legge Build Back Better da parte del Congresso. L’Amministrazione aveva stanziato 555 miliardi di dollari di spesa federale per l’energia pulita, comprese le sovvenzioni per i pannelli solari sui tetti. I risultati migliori nel mese sono arrivati dal settore industriale: Atlas Copco (compressori d’aria) e Schneider Electric (gestione energetica)” spiega il manager che però, parlando della strategia globale azionaria, NN Global Sustainable Equity, ricorda che questa ha “concluso l’anno con un vantaggio di oltre il 6% rispetto all’indice MSCI World Net. Un altro anno positivo che rafforza le nostre convinzioni. A dicembre i rendimenti negativi sono stati relativi soprattutto ai settori della tecnologia e dei beni di consumo di base. Il titolo Adobe in particolare ha avuto risultati negativi mancando gli obiettivi previsti. Analogamente, nel settore dei beni di consumo, ha particolarmente sottoperformato HelloFresh, società di consegna di alimenti freschi confezionati. Le migliori performance le abbiamo invece avute nel settore dei beni di consumo discrezionali e della sanità, grazie alla nostra esposizione alla medicina preventiva e alle cure domestiche”.

Insomma investire in aziende con modelli di business sostenibili, definire un universo di investimento attraverso analisi finanziarie e analisi ESG, integrare questi criteri nell’analisi bottom-up, guardare oltre i vincoli del settore alle catene del valore permette non solo di essere “green”, ma anche di individuare fonti di alfa sostenibili.

“Il nostro team dispone di analisti della catena del valore piuttosto che di analisti di settore, il che ingrandisce il raggio di copertura” spiega Schofield. “Gli analisti della catena del valore coprono circa 50 titoli ciascuno in gran dettaglio. Identificano e valutano nuovi trend e cercano nuove fonti d’informazione. Poiché non sono vincolati dalle tradizionali definizioni di settore, sono meglio attrezzati per individuare potenziali opportunità di crescita”.

Ad esempio, la catena del valore dell’energia comprende l’energia tradizionale (oil & gas), le aziende di energia rinnovabile come i produttori di pannelli solari e turbine eoliche e le aziende che producono componenti per queste industrie. La maggior parte delle aziende energetiche non tradizionali sono tipicamente raggruppate nei settori industriale, dei materiali e dell’informatica. Di conseguenza, la copertura della catena del valore dell’energia è molto più ampia delle tradizionali aziende energetiche e dei loro fornitori.

Insomma, messe da parte le sfere di cristallo, i movimenti politici e i dati finanziari e non finanziari sembrano dimostrare che chi si espone alle aziende che hanno chiare politiche di riduzione della propria impronta ambientale, o che offrono soluzioni in grado di agevolare la transizione, dovrebbe potersi attendere profitti per molti anni a venire. Non solo. Grazie alle nuove normative le informazioni a disposizione della clientela per riconoscere le reali metriche ESG sono destinate a crescere in modo esponenziale. Se si sceglie fin da ora un gestore che mostra di essere all’avanguardia anche dal punto di vista delle metriche ESG applicate nella selezione dei singoli titoli ci si troverà in una posizione di vantaggio rispetto agli altri investitori. E si potrà usufruire di un trend che ormai è in piena corsa.

Certo viene spontaneo, in questo inizio di 2022, sottolineare subito la grande incognita dell’anno: la crescita dell’inflazione. Sarà controllata o no? Sarà davvero prevedibile e quindi facile da gestire? E sul mondo della sostenibilità che impatto avrà? “L’inflazione sta causando sicuramente danni importanti alle aziende” conclude Schofield. “In questo contesto, chi sa gestire meglio il capitale umano e ha un controllo solido sulla filiera ne patirà meno le conseguenze. E questo dimostrerà una volta di più l’importanza di una gestione sapiente della dimensione ESG”.



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