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Consulenti (ex-promotori), occhio alle mega-società

8/31/2012 | Redazione Advisor

Dopo essere state bollate come "perdenti", dall'anno scorso hanno registrato buone performance, si evince dal commento di Ad van Tiggelen, senior strategist di ING Investment Management. Fenomeno passeggero o nuovo trend?


 

Le cosiddette mega-società hanno numeri più importanti rispetto a molti stati. In ambito farmaceutico, nell’alimentare, nel petrolio e nell’hi-tech vi sono aziende con fatturati di oltre 50 miliardi di dollari, superiori quindi al Pil di oltre i due terzi dei Paesi a livello mondiale. In controtendenza con i periodi di crisi, nell’ultimo anno questi colossi hanno registrato performance migliori degli indici azionari globali.
 

Si tratta di un caso abbastanza raro, rileva il monthly column di Ad van Tiggelen, senior strategist di ING Investment Management, se consideriamo che dalla fine degli anni ’90 questi titoli hanno sempre segnato il passo rispetto al mercato. "E’ l’inizio di un nuovo trend?"
 
 
Tra il 2000 e il 2011, spiega van Tiggeien, le mega-società sono state generalmente considerate perdenti. "Questi pachidermi erano – e sono ancora – tra le posizioni corte favorite dei gestori di hedge fund, i quali preferiscono investire le proprie risorse in società più snelle. E la perfomance di queste ultime ha beneficiato della crescita economica globale oppure, dopo il 2008, delle massicce iniezioni di liquidità dalle banche centrali. Di recente, però, con l’economia vicino alla recessione e in attesa di capire se vi saranno ulteriori sostegni statali, sembra che gli investitori abbiamo dirottato verso la sicurezza relativa e la diversificazione geografica offerte dalle aziende di grandi dimensioni".
 
 
Come dire che, in un mondo dove regnano incertezza e la crescita è molto contenuta, questo atteggiamento sembra più che sensato. Non è poi così strano che un investitore azionario superi la propria ritrosia a pagare un premio per il basso profilo di rischio di queste società in un contesto dove gli investitori obbligazionari sono disposti ad accettare rendimenti negativi sui bond degli emittenti considerati più sicuri. "Le grosse multinazionali, generalmente, pagano un dividendo relativamente elevato ad azionisti affamati di rendimento e, allo stesso tempo, si finanziano sul mercato obbligazionario a tassi di poco superiori a quelli già molto contenuti di paesi come Sati Uniti e Germania". La combinazione di questi fattori ha probabilmente portato nuovo interesse verso i giganti della borsa.

 
D’altra parte, ci si potrebbe chiedere se la recente performance delle mega- società sia solo una coincidenza. "Noi non crediamo sia così", aggiungono da ING. "Ovviamente una potenziale riaccensione delle rotative delle banche centrali europee e della Fed porterebbe flussi di denaro fresco e una temporanea ripresa dell’appetito per il rischio. Ma l’effetto marginale di queste misure sarà sempre più contenuto, senza contare i rischi di inflazione connessi a una politica monetaria espansiva. E questo è valido soprattutto nell’eurozona, dove queste azioni sono state intraprese per controbilanciare la persistente mancanza di competitività nei paesi mediterranei".

 
Alla luce di queste indicazioni, è probabile che gli investitori "continuino a tributare il proprio favore alle grosse multinazionali". Queste società non offrono solo diversificazione geografica, valutaria e in termini di prodotti. Hanno anche bilanci solidi e distribuiscono buoni dividendi. E "in una fase di mercato dove le iniezioni di liquidità sembrano essere l’unica soluzione per stimolare l’economia, questo rappresenta un’interessante alternativa rispetto ad altri investimenti".

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