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Consulenti (ex-promotori), sarà la vostra "estate del malcontento"

8/1/2012 | Redazione Advisor

La strategia “aspetta e spera” utilizzata fino ad ora in Europa per uscire dalla crisi del debito ha ormai fatto il suo tempo. Ecco l’analisi di Steen Jakobsen, Chief Economist di Saxo Bank, sulla crisi del debito in Europa


 

La strategia “aspetta e spera” utilizzata fino ad ora in Europa per uscire dalla crisi del debito ha ormai fatto il suo tempo e non c’è più spazio per le decisioni politiche. Il problema di breve periodo - avverte l’analisi di Steen Jakobsen, Chief Economist di Saxo Bank, sulla crisi del debito in Europa - è che la Germania non può ratificare l’ESM prima di settembre (quando la Corte Costituzionale Tedesca avrà emesso una sentenza) e l’intervento tramite l’EFSF non può risultare efficace. 
 
 
La rendita spagnola non ha limite superiore e molti dimenticano che il mercato del debito sovrano spagnolo non è più un mercato reale. Ci sono solo due compratori netti: la Bce e le banche spagnole, che usano la liquidità fornita dalla stessa Banca centrale europea. È un circuito chiuso in cui interagisce sempre meno denaro.
La Banca di Spagna ha evidenziato una crescita deludente, con un -0.4% nel Q1 e -1.0% atteso per il Q2. Servirà un miracolo perché la Spagna raggiunga il deficit progettato e promesso del 3.0% rispetto al PIL nel 2015 e anche nel 2020 senza riforme importanti.
 
 
Dal report, emerge dunque un’Europa di diritti. In Spagna, e in qualche modo anche in Italia e in Grecia, il problema non consiste necessariamente nel fatto che non siano state messe in atto le giuste riforme. Piuttosto, sono state la riluttanza e l’incapacità di applicare la legge ad impedire a così tanti in Europa di fare “la cosa giusta”.

 
Lo stesso modello di “assistenza sociale” che l’Europa cerca di imporre gratuitamente alle nazioni “meno fortunate” è arrivato ad indebolire le società europee. Il problema riguarda la definizione della parola stessa: un diritto è un beneficio di cui molti ritengono di poter usufruire automaticamente, che lo abbiano o meno guadagnato in qualche modo.

 
Insomma, il quadro ci dice che l'Europa di diritti, è un'Europa destinata a fallire quasi per definizione. La grande “maggioranza” dei possessori dei diritti (pensionati, disoccupati, imprese che hanno bisogno del sostegno statale) cresce di giorno in giorno mentre il sistema fallisce.
 
 
Sul fronte Francia, in dettaglio, il presidente francese Hollande sta cercando di cavarsela con quella che in termini economici è una missione suicida – ulteriore abbassamento dell’età pensionistica, divieto di licenziamenti e riforme sociali nel paese europeo che spende già moltissimo sulle pensioni.
 

Nel frattempo, Angela Merkel e la Germania (e la maggior parte del nord Europa al loro fianco) cercano di dettare programmi di riforme basati sull’austerità che consentirebbero alle zone periferiche di preservare la strada verso la prosperità. Quando ci si trova in una spirale di deflazione del debito, mantenerlo vivo e allo stesso tempo cercare di risparmiare sulla spesa pubblica è la ricetta per il disastro. Il gioco “prolunga il debito e continua a far finta di poterlo pagare” si deve fermare: prima ci si rende conto delle perdite, più basso sarà il costo finale.

 
A questa situazione, aggiungiamo un’Italia che rimarrà presto senza governo e deve rifinanziare un trilione nei prossimi di due anni, e gli Stati Uniti che sono riluttanti a mettere in atto un QE3 visto lo scarso successo del QE e del QE2, e abbiamo le condizioni di quella che abbiamo deciso di chiamare “Estate di malcontento”.
 
 
È questo il prezzo dell’approccio “aspetta e spera”: le situazioni microeconomiche positive vengono affievolite da quelle macro negative. Questa è la lezione che il mercato ha cercato di insegnare ai politici, che, però, continuano a fare promesse a vuoto e a far passare per piani dei “non piani”.

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