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La consulenza è finita al tappeto. Ecco come farla rialzare

11/6/2023 | Daniele Riosa

Alberto Martini (Banca Mediolanum): “Se è vero che nell’immediato il ‘cash’ rende più delle azioni è anche vero che non è l’investimento in Btp che permetterà agli Italiani di raggiungere i propri obiettivi. Come uscirne? Tornando ai fondamentali di questa professione”


Alberto Lionello Martini (in foto), head of wealth management di Banca Mediolanum, affida a LinkedIn una riflessione sulla mancanza di educazione finanziaria in Italia e su quale ruolo può giocare in questo contesto la consulenza finanziaria. La sua analisi parte dall’ascesa dei BTP e dal rifiuto di un “modello alla giapponese”, per finire con la ricetta per uscire da questo circolo vizioso fatta di un “ritorno ai fondamentali di questa professione per riportare al centro del dialogo cliente-consulente la pianificazione ‘di vita’ prima ancora di quella puramente finanziaria”.

Il post di Martini inizia ricordando una delle più famose canzoni italiane degli anni Settanta: “‘Ancora tu…ma non dovevamo vederci più?’ cantava Lucio Battisti nel 1976. L’inflazione in quegli anni aveva superato il 16% e quella canzone non può non tornarci in mente quando pensiamo alla ricomparsa del nostro amato Btp sulla tavola finanziaria degli Italiani, grazie al combinato composto di tassi di interesse ormai ai massimi e di una campagna mediatica del nostro Governo che non ha precedenti nella storia. Difficile decidere da quale parte stare... Da Italiano innamorato del proprio Paese mi verrebbe da dire che i 400 miliardi di euro in titoli di Stato che dovranno essere collocati nel 2024, qualcuno se li dovrà pur comprare per permetterci di stabilizzare il nostro debito pubblico”.

“Ma - constata il manager - se ragiono da consulente non sono molto attratto da un modello alla giapponese in cui il debito è per lo più nelle mani dei cittadini e delle imprese del medesimo Paese emittente. Ad oggi i piccoli investitori italiani hanno ancora in mano solo il 6,4% del debito pubblico italiano, ma in banca detengono giacenze per 1.840 miliardi di euro; una occasione troppo ghiotta perché il nostro Ministero delle Finanze non provi ad irretirli. Peccato però che l’effetto domino è lì da vedere con il risparmio gestito che, fiaccato da anni non entusiasmanti, cede il passo al caro vecchio Btp e al ritorno del “buy&hold”.

Per Martini si può parlare di “un pugno nello stomaco per la consulenza finanziaria in Italia che dimostra di non aver fatto in questi anni grandi progressi nell’educazione finanziaria dei risparmiatori. Se è vero infatti che nell’immediato il ‘cash’ rende più delle azioni (il 2023 è il primo anno del secolo in cui il rendimento dei T-Bills a 6m ha superato quello delle azioni, misurato dal loro E/P) è anche vero che non è l’investimento in Btp che permetterà agli Italiani di raggiungere i propri obiettivi (personali e di nucleo) nel lungo termine. O almeno non sarà certo soltanto quello. La situazione creatasi rischia di farci tornare indietro nel tempo, azzerando anni di impegno consulenziale”.

Come uscirne? “Tornando ai fondamentali di questa professione per riportare al centro del dialogo cliente-consulente la pianificazione ‘di vita’ prima ancora di quella puramente finanziaria. Una pianificazione che parta dalla presa di coscienza dei rischi che non sono soltanto quelli di non guadagnare, ma quelli piuttosto di non realizzare i propri progetti, di non riuscire a tutelare se stessi e i propri cari. Diceva il saggio ‘chi semina rendimenti, raccoglie riscatti’: perché ciò non avvenga a ogni inversione di ciclo, occorre ‘abbracciare’ il titolo di Stato come una delle possibili soluzioni satellite, ma all’interno di un programma che separi nettamente il breve, dal medio e dal lungo termine, consci che la diversificazione ha un valore imprescindibile anche e soprattutto quando si parla di obbligazioni governative e corporate. E senza dimenticarci del mercato azionario globale che vivrà 10 anni indimenticabili, i prossimi”.

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