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MiFID II e costi: la "flat fee" negli USA sia un esempio per l'Italia

3/20/2018

Consulenza finanziaria: per GfK 2,5 milioni di clienti sarebbero pronti a tradire la propria banca a fronte di spese troppo alte. Ecco l'opinione di Massimo Scolari, presidente di Ascosim


Una recente ricerca GfK ha messo in luce che, a fronte di informazioni su costi più elevati delle attese, la disponibilità a cambiare referente dei propri investimenti da parte degli investitori potrebbe essere piottosto elevata. Si pensa ad un potenziale numero di investitori di 2,5 milioni. È una cifra "monstre", che, se confermata, porterebbe a una rivoluzione nel mercato dell'offerta fuori sede dei prodotti di risparmio gestito. Abbiamo chiesto un'opinione a riguardo a Massimo Scolari (nella foto), presidente di Ascosim, l'associazione delle società di consulenza finanziaria.


Presidente Scolari, cosa ne pensa dell'ultima ricerca di GfK e dei 2,5 milioni di italiani pronti a tradire il proprio intermediario, perché delusi dai costi dei prodotti finanziari e del servizio di consulenza finanziaria rispetto alle performance degli investimenti?
Credo sia un’esagerazione o forse si tratta soltanto di una provocazione finalizzata a porre l’accento su un problema reale. Le rendicontazioni dei costi dei servizi e degli strumenti finanziari che i clienti riceveranno nei prossimi mesi avranno indubbiamente un’importanza, ma non tale da mettere in discussione il patrimonio dei rapporti consolidati che i consulenti delle reti hanno saputo costruire in tanti anni di duro lavoro.

È solo una previsione pessimistica?
Va detto che nei casi in cui l’investitore venisse sorpreso dall’ammontare di costi (tra l’altro espresso in termini monetari), è prevedibile che la prima richiesta sarà quella di ridurre il peso degli oneri commissionali. I consulenti finanziari dovranno essere quindi in grado di riformulare le proposte di investimento con uma maggiore attenzione ai costi e alla complessità dei prodotti, come del resto prevede la stessa direttiva MiFID II.

Ci si avvia verso soluzioni low cost?
Non necessariamente. L’importante è proporre al cliente soluzioni di investimento che prevedano un mix di costi e benefici efficiente. Migliorare la capacità di selezionare strategie di investimento che apportano un valore aggiunto (alfa) rispetto alla mera esposizione al rischio di mercato (beta), per il quale è più economico fare uso di strumenti passivi. Ma soprattutto sarà importante spostare l’attenzione dall’offerta di prodotti alla proposta di un servizio di consulenza di carattere continuativo.

Cambierà, quindi, progressivamente il modello di business dei consulenti finanziari?
Non è solo la normativa che spinge in tal senso. È anche e soprattutto lo sviluppo della tecnologia che fornirà sempre maggiori strumenti per l'investimento diretto. La consulenza finanziaria deve, quindi, separarsi dalla tradizionale attività di intermediazione di prodotti finanziari modificando in modo opportuno anche le modalità di remunerazione. L’esempio della flat fee che si sta imponendo negli Stati Uniti può essere, pur nella diversità dei nostri sistemi finanziari, un fenomeno da studiare attentamente.

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