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8/10/2016 | Marcella Persola
La crisi del settore bancario provocherà circa 16.000 uscite dal settore entro il 2020. E' questo quanto prevede la FABI, sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, che ha illustrato in una nota del segretario generale Lando Maria Sileoni i dati.
Dei 16.000 sembra che solo 8.928 sono pre-pensionabili, per gli altri sarà necessario trovare nuove funzioni e/o nuove attività.
"Dal 2009 al 2016 - sottolinea Sileoni - sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell'ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli Stress test dell'Eba - Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi - dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali".
Secondo la nota di Fabi i lavoratori del settore ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi. Che questo rappresenti un bacino di reclutamento per il mondo della consulenza?
Il sindacato sottolinea anche che in 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi: Intesa, UniCredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. Inoltre, negli ultimi 7 anni i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. E magari portando qualcuno ad accettare anche di passare al mondo della consulenza.
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