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Adaptive investing, sopravvive chi si adatta meglio

8/6/2019 | Valentijn van Nieuwenhuijzen*

Gli obiettivi principali di questo processo sono quelli di rafforzare ulteriormente il fulcro del processo di investimento, ricercando una comprensione delle informazioni più rapida, migliore e più solida per guidare le decisioni.


Il mondo è un luogo complesso. Lo è sempre stato e lo sarà sempre. Con questo, non intendo solo affermare che sia complicato. Costruire un aereo è difficile, ma quando si è in possesso del progetto e dei giusti materiali, macchinari e competenze umane, il processo può essere eseguito ripetutamente ottenendo ogni volta lo stesso risultato: un aereo nuovo e identico. Si tratta in definitiva di un processo meccanico, il che significa che se gli input e l’esecuzione restano invariati si otterrà continuamente lo stesso risultato.

 

Tuttavia, molti processi sociali, biologici, geopolitici, meteorologici ed economici sono complessi per natura, non per automatismo. Non presentano mai la stessa modalità di evoluzione, nonostante il punto di partenza e gli input siano gli stessi. Questo perché molte componenti di questi sistemi – quali cellule, microbi, piante o esseri umani - si influenzano costantemente in modo reciproco. Di conseguenza, i risultati che ne scaturiscono sono molto più incerti, imprevedibili e dipendenti dal momento.

 

Non esistono forze stazionarie che ne guidino l’andamento verso un equilibrio misurabile in modo automatico. Fondamentalmente, questi sistemi non dispongono di un effettivo “modello” di fondo; si adattano costantemente a nuove circostanze,e anche il ritmo di adattamento è fortemente incerto. Di tanto in tanto potranno manifestarsi periodi di apparente stabilità, potenzialmente per molto tempo, ma esiste sempre il rischio di trasformazioni improvvise e inaspettate in contesti diversi o più volatili.

 

Modelli imprevedibili caratterizzano la storia degli esseri umani

L’evoluzione della vita sulla Terra rappresenta l’esempio più noto e più straordinario del percorso che un sistema adattivo così complesso possa intraprendere. La vita – sia essa vegetale, animale o umana – ha dato prova di molti di questi misteriosi colpi di scena durante i 4,3 miliardi di anni di esistenza sulla Terra. Nel corso della storia umana, anche i periodi di pace e di guerra sono stati caratterizzati da schemi imprevedibili.

 

Inoltre, i modelli di crescita economica e gli sviluppi dei mercati sono stati caratterizzati da analoghi enigmi comportamentali. Nonostante quanto affermato dai testi economici o finanziari, i cicli economici, le tendenze inflazionistiche e i prezzi degli asset non hanno mai registrato un andamento stabile e duraturo, oscillando ad esempio attorno a un valore di riferimento in modo equilibrato o distribuito “normalmente”.

 

Nella prima metà del XX secolo, un’epoca di forte crescita economica accompagnata dall’accelerazione dell’industrializzazione, la globalizzazione dell’attività commerciale e le crescenti monopolizzazioni sono state interrotte da due guerre mondiali distruttive a livello sociale ed economico. Tra queste guerre, a una crescita enorme e a mercati in forte espansione hanno fatto seguito un crollo dei mercati senza precedenti, la Grande Depressione, il protezionismo e la deflazione. All’epoca era estremamente difficile poter prevedere tutti questi mutamenti di contesto, e risulta impossibile inserire tempistiche, entità e configurazione di questi eventi in qualsiasi modello di dinamiche di fondo strutturate. Questa è la conseguenza della complessità.

 

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli eventi sono stati nel complesso meno turbolenti. Tuttavia, il contesto degli anni ’50 e ’60 ha presentato differenze significative rispetto a quello degli anni ’70 e ’80. I primi due decenni sono stati caratterizzati dalla crescita del ceto medio, dalla democratizzazione, da mercati competitivi (spesso la gente dimentica quanto sia stata importante la riduzione dei monopoli nei primi decenni della politica statunitense del dopoguerra), da una forte crescita del reddito e dalla stabilità dei tassi di cambio. Al contrario, gli anni ’70 hanno rappresentato un’epoca di forte inflazione e di disoccupazione elevata, prima che tendenze disinflazionistiche e di deregolamentazione iniziassero a manifestarsi negli anni ’80.

 

Dagli anni ’90 in poi, la globalizzazione, la digitalizzazione e la finanza globale in ampia espansione hanno creato nuove dinamiche di forte crescita sia a livello di economia globale che di singoli mercati locali. Gli anni ’90 sono stati prevalentemente caratterizzati da forte crescita, dal miracolo della produttività e da mercati in rapida crescita, ma anche dai primi casi di recessioni finanziarie alimentate dal debito e dalla crisi dei mercati in Giappone e nel Sud-Est asiatico.

 

Nell’ultimo decennio, i postumi della crisi del credito del 2008, in combinazione con l’intensificarsi di fattori demografici avversi e con le crescenti ondate di populismo, hanno nuovamente alterato lo scenario socio-economico in cui ci troviamo ad operare. La maggior parte degli economisti e degli investitori parla ormai di stagnazione secolare (bassa crescita e bassa inflazione), aumento delle disuguaglianze in termini di reddito, nuovo protezionismo e influenza della politica monetaria non convenzionale. Ancora una volta, si tratta di un contesto molto diverso da qualsiasi altro registratosi nei decenni precedenti.

 

Sopravvive chi si adatta meglio

Poiché tutti noi dobbiamo adattarci a queste nuove realtà, lo stesso vale per gli investitori. Non sono le opinioni più solide o le strutture analitiche più eleganti che hanno maggiori probabilità di sopravvivere in contesti di mercato mutevoli, bensì quelle che si adattano meglio in termini di modo di pensare e di approccio. L’esigenza di sapersi adattare è stata resa celebre da Charles Darwin, ma si propaga ben oltre l’universo della biologia da lui analizzato in modo così articolato. Ritengo che ciò sia fondamentale anche per il successo, e quindi per la sopravvivenza, delle strategie di investimento.

 

Alla base della capacità di adattamento degli investitori dovrebbe esserci la consapevolezza del fatto che si debbano migliorare i presupposti standard di comportamento razionale, efficienza dei mercati e dinamiche regolari e stabili a livello economico e sui mercati, con una comprensione più approfondita dei driver comportamentali e delle insidie, così come la capacità di cogliere i mutamenti di contesto e di identificare modelli non lineari che possano alterare il futuro orientamento del nostro sistema economico.

 

Pertanto, gli obiettivi principali dell’adaptive investing sono quelli di rafforzare ulteriormente il fulcro del processo di investimento, ricercando una comprensione delle informazioni più rapida, migliore e più solida per guidare le decisioni di investimento. Qualora dovessero manifestarsi nuove tematiche secolari, quali la transizione verso un sistema economico più sostenibile, allora anche il nostro kit di strumenti analitici dovrà adattarsi a questa nuova realtà. L’integrazione dei principi ambientali, sociali e di governance (ESG) e il conseguimento di alpha sostenibile costituiscono esempi logici di tale adattamento.

 

L’utilizzo di intuizioni tratte dalla scienza comportamentale rappresenta un altro primo passo fondamentale. Integrare la scienza comportamentale attenua i pregiudizi degli investitori, porta a un processo decisionale più coerente e migliora la curva di apprendimento dei team di investimento, rendendoli consapevoli delle proprie insidie. Inoltre, gli insegnamenti tratti dalla finanza comportamentale possono aiutare gli investitori a definire meglio i fattori emotivi che influenzano costantemente i mercati, e a creare premi comportamentali che possono essere sfruttati per apportare nuove fonti di rendimento ai portafogli di investimento.

 

Creatività umana e rigore delle macchine

Infine, le tecniche di adaptive investing come l’apprendimento automatico, le reti neurali e l’elaborazione del linguaggio naturale, consentono di estrarre più rapidamente le informazioni da fonti di dati tradizionali e alternative e di identificare con anticipo i modelli predittivi, ma più complessi, difficilmente estrapolabili dai dati utilizzando metodi statistici più tradizionali. In sostanza, l’integrazione dell’adaptive investing può diversificare le capacità analitiche che rientrano nel processo di analisi, e migliorare la capacità di cogliere pressioni multidimensionali e non lineari che influenzano la nostra economia o la struttura del mercato.

 

Alla fine, l’aspetto veramente rivoluzionario risiede nel metodo che combina tutte queste fonti di informazioni in una decisione di investimento finale – un processo che aumenta la creatività umana, associato al rigore delle macchine, e che si adatta continuamente a un mondo in mutamento. Non esiste una soluzione ottimale per questo, e il metodo potrà variare a seconda delle diverse capacità, ma gli ingredienti dell’adaptive investing saranno utilizzati ovunque per migliorare il gusto dei rendimenti da investimenti, rendendoli al contempo più resilienti. Come Charles Darwin ci ha insegnato, alla fine non sopravvive il più intelligente ma quello che si adatta meglio.

*Chief Investment Officer NN Investment Partners

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