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Vincenti e perdenti con il ritorno del "Trump trade"

11/7/2024 | Max Malandra e Paola Sacerdote

Donald Trump ritorna alla Casa Bianca con un mandato forte. Quali saranno le implicazioni per i mercati?


Donald Trump ritorna alla Casa Bianca con un mandato forte. Quali saranno le implicazioni per i mercati? Dalle azioni alle obbligazioni, dalle valute alle cripto, ecco le prospettive delle varie asset class, tenendo presente che un ritorno dell’inflazione sembra ormai scontato.

 

Luca Simoncelli, Investment Strategist di Invesco. Le prime reazioni sui mercati sono ben definite ed in linea con quanto ci si aspettasse nello scenario di vittoria repubblicana. Abbiamo osservato un rialzo dei tassi di mercato, soprattutto sulla parte a lungo termine, con un irripidimento della curva dei Treasury. Inoltre, c’è stato un aumento marcato nei tassi di break-even sulle obbligazioni indicizzate all’inflazione, un rialzo dell’azionario, bitcoin sui massimi storici, e un rafforzamento del dollaro. Al contrario, i prezzi delle materie prime, come petrolio e oro, sono al ribasso.

Alcuni di questi elementi macroeconomici andranno tuttavia rivalutati nel corso dei prossimi mesi per comprendere meglio il loro impatto di mercato. Ad esempio, l’impulso inflattivo e la possibilità che tariffe e maggiore controllo dell’immigrazione possano ridurre le attese di ulteriori tagli ai tassi FED nel corso del 2025 richiedono una nuova lettura da parte degli investitori. Nel frattempo, la Cina potrebbe modellare gli imminenti stimoli fiscali sempre più a supporto dell’economia interna, influenzando ulteriormente il panorama globale.

Sui mercati europei, i prezzi degli asset finanziari stanno scontando una potenziale riduzione nella crescita economica a causa delle tariffe. Tuttavia, sebbene questa lettura sia attualmente di consenso, potrebbero esserci ulteriori sviluppi che mitigano, se non annullano, questi primi effetti negativi sulla crescita. La capacità di attuare politiche di ritorsione ben focalizzate, un potenziale beneficio nella sostituzione di commercio cinese verso prodotti europei, e la necessità di maggiori investimenti nel settore della difesa sono tutti fattori che potrebbero giocare un ruolo importante. Inoltre, un’accelerazione nel cammino di riduzione dei tassi da parte della BCE potrebbe fornire ulteriore supporto.

 

Deborah Cunningham, Chief Investment Officer for Global Liquidity Markets di Federated Hermes. L’agenda economica di Trump potrebbe essere inflazionistica, ma i mercati monetari stanno già rivolgendo la propria attenzione alla politica monetaria e alla traiettoria della FED. Nel breve termine, la vittoria di Trump ha un impatto minore sui mercati monetari rispetto ad altre asset class, anche se abbiamo assistito ad un modesto aumento dei rendimenti. Prospettiva diversa, invece, se assumiamo un’ottica di lungo periodo, quando c’è il rischio che alcune delle politiche economiche statunitensi - in particolare i tagli alle tasse, l'aumento della spesa e i dazi - possano avere un indirizzo inflazionistico aumentando in questo modo il debito nazionale. Inoltre, l’incremento dell’apparato normativo per quanto riguarda le banche potrebbe generare conseguenze sul fronte dell’offerta. La Camera deve essere ancora formata, ma un Congresso diviso probabilmente ostacolerà alcuni dei programmi di Trump. In ogni caso, è probabile che, alla scadenza del Tax Cuts and Jobs Act, assisteremo ad una nuova legge fiscale che limiti le imposte. Ciò potrebbe ridurre la domanda di municipal security innescando in questo modo un aumento dei loro rendimenti. La politica monetaria ha un impatto maggiore sulla liquidità rispetto all’ambito fiscale, ma è il presidente in fin dei conti ad avere l'ultima parola su chi guiderà la Federal Reserve. Il mandato del presidente Powell non scade prima del 2026, ma è lecito domandarsi in questo momento se e fino a quando vorrà rimanere al proprio posto. E, allo stesso modo, è lecito domandarsi se il Presidente Trump vorrà che Powell rimanga al proprio posto. E controversie di questo genere non sono da escludere.

 

 Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR. Incertezza è la parola chiave. Risorto dalle ceneri come la fenice, Trump è tornato e la posta in gioco è altissima: i rapporti con l’Europa e con la NATO, le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, i rapporti con la Russia di Putin, con la Cina, con Taiwan.

Gli investitori si sono riversati sul “Trump trade”: sale la borsa americana e si rafforza il dollaro, l’incertezza si riflette nei movimenti del Treasury, aumenta il premio a termine alimentato dai timori sulla liquidità del mercato, dalle future emissioni “monstre”, dal cambiamento delle aspettative a breve termine della Fed, alle prese con politiche fiscali potenzialmente inflazionistiche. Dopo il taglio di cinquanta punti base a settembre, e il probabile taglio nella riunione di oggi, non è detto che il ciclo di allentamento prosegua in modo lineare, la Fed è già alle prese con un’economia in buone condizioni, da qui a poco si potrebbe trovare alle prese con politiche fiscali potenzialmente inflazionistiche e, forse, con le minacce alla sua indipendenza,

Ma il “Trump trade” è fragile, il più delle volte la politica ha effetti di breve termine, nel passato le elezioni presidenziali hanno registrato reazioni immediate ma non hanno mai avuto effetti significativi e duraturi sulle performance dei mercati azionari.

L’investitore deve distinguere i rumori dai segnali, il vento della volatilità increspa le onde in superficie (i rumori) ma non modifica le correnti in profondità (i segnali): sono le grandezze economiche a orientare i mercati nel medio e nel lungo termine.

Il segnale è nelle grandezze fondamentali che descrivono l'economia americana in buona salute. l più alto tasso di crescita tra le economie avanzate (mediamente il 3% per nove trimestri di fila), milioni di posti di lavoro creati, aumento nei salari reali.

La reazione di queste ore dei mercati è rumore e “se coincide con gran parte delle analisi di lungo periodo, ben venga” scrive Julian Howard di GAM. Ma ricordiamo che non è lì, sull’increspatura delle onde, che l’investitore deve concentrare l’attenzione.

 

Michael Dembro e Jamie Coleman Lead Strategist, Strategy and Insights Group di MFS. Sotto una seconda amministrazione Trump, è probabile un'intensificazione della già espansiva politica fiscale statunitense, che potrebbe portare a rendimenti dei Treasury USA leggermente più alti, soprattutto nella parte lunga della curva dei rendimenti. D’altro canto, restrizioni commerciali aggressive potrebbero alla fine pesare sulla crescita economica, limitando gli aumenti dei tassi. Tuttavia, data la già precaria situazione fiscale degli Stati Uniti, gli strategist ritengono che ci siano rischi crescenti che gli investitori richiedano una maggiore compensazione attraverso premi a termine più alti sui Treasury USA, date le incertezze legate al mix di politiche non convenzionali di Trump.

Per quanto riguarda le implicazioni sull’equity, la prospettiva di aliquote fiscali societarie più basse, livelli ridotti di regolamentazione e altre politiche a favore della crescita è generalmente vista come un sostegno per le azioni statunitensi. Le azioni non statunitensi potrebbero invece affrontare venti contrari, a causa dell'aumento delle tensioni commerciali, con i mercati europei ed emergenti considerati i più vulnerabili. Le small cap statunitensi, data la loro attenzione al mercato interno e la sensibilità alle aliquote fiscali, sono viste come potenziali vincitrici sotto la presidenza di Trump. Anche i titoli del settore dell’energia tradizionale e del settore finanziario (grazie a una regolamentazione probabilmente più leggera) trarrebbero beneficio dalla vittoria di Trump, mentre al contrario, il settore delle energie pulite potrebbe affrontare un ambiente più sfidante in futuro.

A livello di valute, il pacchetto di politiche previsto per una seconda amministrazione Trump ha rafforzato il dollaro sull’aspettativa di una vittoria del candidato repubblicano, e il biglietto verde potrebbe estendere i suoi guadagni nel medio termine poiché, storicamente, la valuta del paese che impone dazi tende ad apprezzarsi rispetto a quella del paese i cui beni sono soggetti a tariffe. Euro/dollaro, dollaro/renmimbi e dollaro/peso messicano sono alcune delle coppie di valute da monitorare, dato che Europa, Cina e Messico sono nel mirino delle tariffe di Trump. L'oro è stato un beneficiario del "Trump trade" poiché alcuni investitori cercano rifugi sicuri non legati al dollaro in un contesto geopolitico instabile. Infine gli investitori in criptovalute si aspettano un quadro normativo più favorevole sotto Trump.

 

Gian Marco Salcioli, Strategist di Assiom Forex. Nonostante sia presto per trarre conclusioni definitive a medio termine, il quadro politico appare molto più chiaro, come dimostrano le prime reazioni dei mercati. Trump ha riconquistato la Casa Bianca, e, anche se l’esito alla Camera non è ancora ufficiale, i Repubblicani sembrano avere un vantaggio sicuro. Con il controllo del Senato, si profila un pieno controllo del governo, il cosiddetto "Red Sweep". La Corte Suprema, pur essendo indipendente, mantiene una maggioranza conservatrice: 6 giudici nominati da presidenti repubblicani e 3 da democratici, orientando le decisioni su temi chiave verso posizioni conservatrici, pur basandosi sull’interpretazione costituzionale.

I mercati riflettono l’aspettativa di una maggiore facilità per Trump nell'attuare il suo programma espansivo, inclusivo di misure protezionistiche e una netta svolta nella politica estera. Questa situazione ricalca il primo mandato di Trump, quando il Congresso, a maggioranza repubblicana, approvò rapidamente il Tax Cut and Jobs Act (TCJA) nel 2017. È probabile che Trump punti ad accelerare l’attuazione delle sue politiche nei primi due anni per evitare l'incertezza delle elezioni di metà mandato nel 2026. Tra le sue proposte principali, vi è l’aumento delle tariffe su tutte le importazioni, con dazi tra il 10% e il 20% e fino al 100-200% sulle auto cinesi assemblate in Messico, una politica che punta a rafforzare il progetto "Make America Great Again".

Nel breve termine, i mercati azionari USA reagiscono positivamente, con una riduzione della volatilità e un rialzo del 6% dell’indice Russell 2000, che riflette il possibile vantaggio per le PMI statunitensi derivante dal reshoring, insieme al recupero delle large cap non-tech. Il prossimo passo sarà valutare la fattibilità del programma e i tempi necessari, considerando che l’insediamento ufficiale avverrà il 20 gennaio 2025. Il mercato obbligazionario USA, nel frattempo, anticipa il possibile aumento del deficit causato dallo stimolo fiscale promesso, con il decennale che torna al 4,50%.

Tuttavia, le conseguenze delle tariffe potrebbero essere più complesse: un dazio universale potrebbe aumentare l’inflazione ma anche ridurre consumi e importazioni, complicando il reindirizzamento della domanda verso i produttori nazionali e rischiando ritorsioni dai partner commerciali. Questo scenario potrebbe rallentare la crescita globale, come avvenne nel 2019 con i dazi verso la Cina, contrastando l’aumento dei tassi d’interesse previsto per gestire la pressione sui prezzi.

Nei mercati obbligazionari europei riemerge il rischio "periferico" con un ampliamento degli spread: Francia a 76,5 bps e Italia a 134 bps, con il rendimento del Bund al di sopra dei tassi IRS. Questo suggerisce che il mercato percepisce un rischio maggiore per i titoli europei, ma non è detto che i rendimenti continuino a salire. La view favorevole a un contenimento del rialzo dei tassi in Europa è legata alla vulnerabilità industriale e alla dipendenza geopolitica dell’area, soprattutto se la Cina, in risposta ai dazi, ridurrà i prezzi e aumenterà l’export verso i partner non statunitensi, esportando deflazione. Questo scenario richiede maggiore attenzione dalla BCE, con una possibilità di riduzione dei tassi di quasi 1,50% entro fine 2025 e un taglio di 0,25% atteso per il 12 dicembre.

Un ulteriore elemento di complessità macroeconomica per l’Europa è la crisi politica in Germania, con elezioni anticipate convocate da Scholz, in una situazione simile a quella francese, ancora priva di una soluzione strutturale. L’Europa sembra quella che più necessita di espansione monetaria: emerge interesse per le scadenze brevi dei titoli obbligazionari europei (da 1-3 fino a 5-7 anni), che potrebbero offrire valore in un contesto in cui la BCE potrebbe adattare il proprio approccio.

 

Michele De Michelis, Cfo di Frame Asset Management. Ha pagato la coerenza. Gli americani si sono trovati a dover scegliere tra due candidati pessimi e alla fine l’ha spuntata Trump che ha vinto per la sua coerenza nel perseverare.

La risposta dei mercati nell’immediato è stata abbastanza chiara: Trump è un Presidente che “scalerà” subito marcia e quindi, nonostante il forte deficit continuerà a surriscaldare l’economia (nello specifico, non l’economia dei servizi ma tutta quella che porta vantaggio diretto agli americani). Quindi via libera a dazi, deficit, spesa pubblica, America First con conseguente creazione di problemi al resto del mondo e in particolare all’ Europa. 

Mi auguro che la BCE si emancipi finalmente dalla Fed perché avremo purtroppo un ciclo economico completamente diverso: gli europei dovrebbero iniziare finalmente a guardare di più ad altri mercati come la Cina (occorre una stretegia) che sta facendo un piano enorme di rilancio interno e certamente dovranno abituarsi all’idea che saranno un po’ abbandonati dagli Usa , dovranno diventare “adulti” e smarcarsi dal blocco post guerra-fredda. Cambierà inevitabilmente anche lo scenario geopolitico con Trump, politico imprevedibile ma pragmatico. Cercherà di chiudere il prima possibile il conflitto in Ucraina Russia. 

La mia visione di portafoglio per i prossimi mesi: sovrappeso dell’ equity americano (non tanto le magnifiche 7 ma il Dow Jones e tutta l’industria che ha mercato negli Usa (bancari, piccole e medie imprese in primis) ,molto sottopesato equity europeo, Cina (in questo caso vale l’adagio “se non compri azioni sottovalutate e con un governo che le sostiene, quando comprerai?”) .La parte bond: crediamo che una reazione ci sia già stata, la paura è che questo surriscaldamento porti inflazione con la Fed che nel breve non credo potrà permettersi di alzare i tassi….il vero problema a tendere sarà la creazione di inflazione. 

Non dimentichiamo che gli effetti a lungo termine della deregulation hanno portato grossi problemi (inflazione, bolle, etc,). Sì ai bond USA di breve duration anche high yield Usa perché rendono di più e in un contesto come questo avranno vantaggi. Bond europei: sì a governativi corti e corporate di ottima qualità. Sì a Commodities industriali che possono avere un senso perché con Cina e in Usa in crescita le materie prime ne beneficeranno.

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