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Un anno di sottoperformance

7/17/2024 | Max Malandra

Il forte recupero dei listini azionari è stato seguito, solo in parte, dai risparmiatori. Ma anche sull’obbligazionario le performance sono state la metà di quelle dei mercati e il tasso di ritenzione cresce


Il forte recupero dei mercati azionari, avvenuto nel corso del 2023, è stato seguito solo in parte dagli investitori. Nel corso dello scorso anno, infatti, l’investitore medio in fondi azionari ha avuto una performance del +20,8%: non male a livello assoluto, ma in realtà è riuscito a cogliere poco meno dell’80% di quanto realizzato dall’S&P500 (+26,3%). E in campo obbligazionario, l’andamento è stato anche peggiore: +2,9% per l’investitore in bond contro il +5,5% del mercato (Dalbar utilizza il Bloomberg Barclays Aggregate Bond Index).

I numeri come ogni anno li fornisce Dalbar. La società di consulenza statunitense, attiva dal 1976, a partire dal 1994 redige infatti il proprio Quantitative Analysis of Investor Behavior (QAIB, giunto quest’anno alla 30esima edizione) in cui misura gli effetti delle decisioni (buy, sell, switch tra fondi) degli investitori statunitensi nel breve e nel lungo termine. Numeri che sono misurati nella prospettiva degli investitori, non degli strumenti in sé.

Sul mercato azionario, il differenziale di rendimento di 550 basis point che si è registrato lo scorso anno rappresenta il terzo peggior gap annuale degli ultimi 10 anni. Certo, il 2022 è stato pesante per gli investitori, con una perdita del 18%, ma dal 1970 tre volte su quattro il mercato l’anno successivo ha messo a segno un rimbalzo e registrato di conseguenza un’annata positiva.

In tutto questo, però, nel 2023 l’investitore in fondi azionari, ha continuato a liquidare le proprie posizioni per l’ottavo anno di fila (la sequenza era iniziata nel 2016). Nel 2020, ad esempio ha il 4,59% degli asset (e il mercato ha guadagnato il 18,4%), l’anno dopo ha ritirato il 2,35% (con l’S&P a +28,7%) e nel 2022 ha liquidato il 2,15% dei propri asset azionari (S&P500 -18%). L’anno scorso, infine, le vendite hanno riguardato il 2,97% degli asset (mentre l’S&P ha segnato +26,3%).

“Anche se non in termini assoluti, il 2023 ha segnato il tasso di prelievo più elevato per i fondi azionari dal 2020, anno di inizio della pandemia: i flussi di cassa degli investitori non sono in sintonia con i rendimenti di mercato, come dimostra ancora una volta il tasso di prelievo” commentano da Dalbar. “Nel 2023, comunque, gli investitori sono stati leggermente più accorti nell’orientare i propri investimenti verso le azioni piuttosto che verso il reddito fisso, con un’allocazione media del 73,7% in azioni, in aumento rispetto al 71,6% del 2022. A inizio 2023, l’investitore medio deteneva il 71,65% di azioni e il 28,35% di obbligazioni. A fine anno deteneva il 73,7% di azioni e il 26,3% di obbligazioni”.

Per quanto riguarda invece il mercato obbligazionario, il 2023 ha segnato il ritorno al profitto dopo due anni consecutivi di rosso. Il +2,9% realizzato dall’investitore medio in bond rimane comunque poco più della metà di quanto fatto segnare dal paniere di mercato utilizzato da Dalbar (Bloomberg Barclays Aggregate Bond Index). Un andamento che non aiuta a proteggere l’investimento dall’inflazione che nel 2023, negli Stati Uniti, si è attestata al 3,35 per cento. 

Ma soprattutto non cancella l’effetto negativo che permane su qualsiasi intervallo temporale, dai tre ai 30 anni, pur a fronte di performance positive del mercato obbligazionario nel suo complesso.

Accanto alle differenze di performance tra indici e risparmiatori, Dalbar calcola con algoritmi propri, il tasso di ritenzione degli asset, ovvero per quanto tempo in media gli investitori detengono azioni e obbligazioni. Questo perché, storicamente, i benefici dell’investimento di lungo termine, continuamente suggeriti e ripetuti da tutti i consulenti finanziari, altrettanto sistematicamente non vengono seguiti. 

Lo si rileva dalle statistiche Dalbar, che tuttavia evidenzia come nel 2023, il “retention rate” sia ormai prossimo ai 5 anni, livelli massimi dal 2000. 

In crescita rispetto al 2022, il tasso di ritenzione dell’investitore obbligazionario, che si attesta a 3,3 anni, leggermente più alto della media calcolata dal 2000 in poi (3,08 anni). 

Infine, per quanto riguarda l’investitore in asset allocation (mix di azioni e bond) il tempo medio di ritenzione si avvicina ai 4,9 anni, al di sopra sia del dato 2022 (4,37 anni) sia della media dal 2000 (4,65 anni).

Dalbar-rendimenti-annualizzati.jpg

Articolo tratto dal numero 7/8 di Advisor

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